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Ah, il metodo grillino

Luciano Capone

Dap, Inps, Anpal. Storia di una classe dirigente inadeguata emersa laddove il criterio populista non è stato diluito

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Roma. Carceri che esplodono, siti web che crollano sputando dati sensibili, ponti che si sbriciolano, enti pubblici usati come agenzie di viaggio per voli transatlantici o come agenzie pubblicitarie. Sono passati sette anni dall’ingresso nelle istituzioni del M5s e due anni dalla presa delle leve del governo, con la promessa di abbattere il “sistema” e sconfiggere i “poteri forti”. Il passaggio dalle parole ai fatti, dalle intenzioni alle azioni, non è affatto positivo. Se “cambiamento” c’è stato, è stato in peggio. Idee a parte, in queste settimane in cui il paese è chiamato ad affrontare la sua più grave crisi economico-sanitaria dal Dopoguerra, la classe dirigente grillina si è rivelata completamente inadeguata. Franco Basentini a capo del Dap , Pasquale Tridico all’Inps, Mimmo Parisi all’Anpal, Massimo Simonini all’Anas, Marcello Minenna alle Dogane. Nessuno si è mostrato all’altezza dell’incarico assunto.

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Roma. Carceri che esplodono, siti web che crollano sputando dati sensibili, ponti che si sbriciolano, enti pubblici usati come agenzie di viaggio per voli transatlantici o come agenzie pubblicitarie. Sono passati sette anni dall’ingresso nelle istituzioni del M5s e due anni dalla presa delle leve del governo, con la promessa di abbattere il “sistema” e sconfiggere i “poteri forti”. Il passaggio dalle parole ai fatti, dalle intenzioni alle azioni, non è affatto positivo. Se “cambiamento” c’è stato, è stato in peggio. Idee a parte, in queste settimane in cui il paese è chiamato ad affrontare la sua più grave crisi economico-sanitaria dal Dopoguerra, la classe dirigente grillina si è rivelata completamente inadeguata. Franco Basentini a capo del Dap , Pasquale Tridico all’Inps, Mimmo Parisi all’Anpal, Massimo Simonini all’Anas, Marcello Minenna alle Dogane. Nessuno si è mostrato all’altezza dell’incarico assunto.

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Il caso più emblematico è quello di Franco Basentini, il magistrato messo dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). Dopo aver a lungo e ripetutamente negato l’esistenza del problema del sovraffollamento carcerario, i primi provvedimenti anti Covid di Basentini hanno provocato una rivolta senza precedenti nelle carceri italiane: 600 posti letto distrutti, danni alle strutture per oltre 60 milioni di euro, più di 40 poliziotti feriti, evasioni di massa e 13 detenuti morti. Basentini non pensava che l’universo penitenziario italiano fosse una polveriera e non si è reso conto che i suoi provvedimenti erano la miccia accesa. Il problema è che è ancora al suo posto, perché è una nomina di Bonafede, capo delegazione del M5s nel governo e grande amico del premier Conte, e quindi inamovibile. Se questa è la risposta alla domanda sul perché il capo del Dap non si sia dimesso, quella più preoccupante è la successiva: cosa deve fare Basentini per essere rimosso o costretto alle dimissioni? Se non bastano 27 carceri in rivolta e 13 morti vuol dire che non ci sono limiti.

 

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Anche il grande flop dell’Inps non ha al momento avuto una spiegazione credibile. Il presidente Pasquale Tridico si è scusato con il Parlamento e i cittadini per il “disservizio”, ma hacker a parte, non ha spiegato come mai l’Inps abbia iniziato a diffondere dati sensibili e di chi sia la responsabilità. L’istituto è stato caricato di molti compiti, forse al di sopra delle proprie capacità. Ma è compito di chi è al vertice della Pubblica amministrazione spiegare alla politica cosa è possibile fare, mentre Tridico – uomo legatissimo a Di Maio – ha troppo spesso piegato l’Inps alla propaganda e agli obiettivi del leader politico che l’ha nominato.

 

Una situazione analoga è quella Mimmo Parisi, messo da Di Maio al vertice dell’Anpal per trovare lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza con un’app e i navigator: l’uomo che insieme a Tridico avrebbe dovuto sconfiggere la povertà. Avrà sconfitto la sua, ma di certo ha aumentato quella delle casse pubbliche. Dopo oltre un anno Parisi non ha portato alcun risultato (niente piano industriale, niente software, niente posti di lavoro), ma ha speso decine di migliaia di euro (da 40 a 70 mila, non si sa di preciso, perché non sono neppure rendicontati) in voli in business class per tornare una volta al mese in Mississippi. Anche Parisi è inamovibile, nonostante sia entrato in conflitto con il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo. E questo perché Parisi è un uomo di Di Maio, e quindi intoccabile.

 

All’Anas si vedono invece i frutti delle scelte di Danilo Toninelli, che da ministro ha promosso come amministratore delegato un dirigente di quarta fascia, Massimo Simonini. Che il profilo non fosse all’altezza era evidente da principio, ma adesso lo dice anche il nuovo ministro Paola De Micheli che, dopo il crollo del ponte di Albiano in provincia di Massa Carrara, in una lettera a Simonini ha indicato tutte le inadempienze dell’Anas. E Simonini, prima di diventare ad, era proprio il responsabile di “Ponti, viadotti e gallerie”. Che crollano. Ma lui resta in piedi.

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Infine c’è Marcello Minenna, che dopo aver a lungo ambito ad alti incarichi sponsorizzato da Carla Ruocco ed Elio Lannutti, è stato piazzato all’Agenzia delle Dogane e dei monopoli. Da lui trasformata in una specie di agenzia di comunicazione, con video promozionali che rievocano sceneggiati polizieschi e che alimentano persino la propaganda russa. Ognuno è al suo posto grazie al rispettivo protettore politico. Ma quando la fedeltà prevale sul merito la realtà non tarda a presentare il conto, che però pagano i cittadini.

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