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Collusioni fra destra e sinistra nelle cheerleader americane di Putin. Il caso Jeffrey Sachs

Adriano Sofri

Un tentato suicidio a Rep.? Il nuovo collaboratore, economista di cui non ha senso discutere il valore (parla il curriculum), scrive ancora dell'espansionismo  della Nato e non risparmia apprezzamenti per la Cina. E c'è una interessante coincidenza temporale con le parole di Khamenei sulle donne

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Odessa, dal nostro inviato. Repubblica di martedì aveva una pagina da far sobbalzare i lettori, come si dice. La firmava Jeffrey Sachs, dal Brasile, e con un titolo dedicato all’Amazzonia – l’esca per cui l’ho letta. In realtà annunciava l’inizio della collaborazione al quotidiano con un indice di argomenti e un tono tali da farla somigliare, più che all’esordio di una rubrica, al programma di un nuovo direttore. “Assistiamo a una sorprendente convergenza di cambiamenti, sconvolgimenti e pericoli globali. Le soluzioni risiedono nella comprensione, nella cooperazione e nella risoluzione dei problemi. Capire meglio la Nuova economia mondiale sarà l’obiettivo di questa rubrica nei prossimi mesi”. E’ già un po’ insolito, ma può succedere, non so, che un editore vada a cena con un celebre economista, già assiduamente interpellato dal suo giornale, e ne caldeggi la scrittura. Tanto più se, in tempi perigliosi, scritturarlo aiuta, come nel primo titolo, a buttarla in ecologia – “Anche a costo di rompere con l’Alleanza atlantica?”, “Mah, magari poi vediamo”.

Ma Sachs, tenendo fede al proprio stile, si è guardato dallo smussare gli spigoli della propria posizione sul mondo in generale e sull’Ucraina in particolare, i due temi sui quali sta agli antipodi della linea del giornale. Anzi, li ha appuntiti. Per esempio: in un’intervista a Fubini per il Corriere, inizio dello scorso maggio, diceva: “Siamo nel pieno di una guerra per procura tra due potenze espansioniste: la Russia e gli Stati Uniti”. Qui perfino quell’arietta di equidistanza va a farsi fottere: “E’ stato il tentativo degli Usa di espandere la Nato alla Georgia e all’Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi)”. Altrettanto drasticamente, la sua arringa per la nuova condizione multipolare della Terra si traduce in un cordiale apprezzamento della Cina: “… Ma la realtà è diversa. La Cina è un’antica civiltà di 1,4 miliardi di persone (quasi un individuo su cinque nel mondo è cinese) che punta ad alti standard di vita e all’eccellenza tecnologica”. E così via. Non discuterò il valore di Sachs: qualunque persona ordinaria resta schiacciata sotto il peso del suo curriculum. (Lo si legga sullo sconfinato Wikipedia in inglese: la versione italiana, appunto, schiacciata, è secca come un necrologio). Le predilezioni “di sinistra” di Sachs e la loro coincidenza con certi approdi di estrema destra sono oggetto da tempo delle attenzioni più varie e più o meno stupite. Solo negli ultimi giorni quelle di Heyal Winter su Haaretz  (“Gli eminenti studiosi statunitensi contro gli aiuti all’Ucraina: quando le persone intelligenti assumono posizioni stupide e immorali”, i nomi sono quelli di Sachs, John Mearsheimer e Stephen Walt), di Slavoj Zizek (a Vazha Tavberidze per Radio Liberty, “La denazificazione dovrebbe cominciare a casa sua, in Russia”, che accosta Chomsky e Sachs e rimpiange brillantemente che Napoleone non abbia vinto la campagna di Russia), del Wall Street Journal (Adrian Karatnycky, “Le cheerleader americane – le ragazze ponpon – di Putin”, qui, con Sachs, Mark Episkopos e Dimitri Simes, assidui e applauditi ospiti dell’abominevole programma russo di Vladimir Solovyov). E così via. 

Mi ha interessato la coincidenza temporale fra il (tentato) suicidio di Repubblica, richiamato in prima e consumato a pagina 4, con gli ammonimenti social dell’Ayatollah Supremo Ali Khamenei sulla condizione di schiavitù e di sfruttamento delle donne in occidente, e l’insaziabilità dei loro uomini e molestatori. “L’anno scorso le donne occidentali sono state gravemente molestate, e, nonostante tutto, questi paesi dicono di sostenere loro e i loro diritti. Quando parlano di libertà delle donne intendono questa libertà. No, non è libertà, è piuttosto una schiavitù, un oltraggio. Purtroppo noi ci abbiamo messo tanto a capirlo. Ci è diventato chiaro solo dopo la rivoluzione islamica. Prima, anche persone influenti in Iran dicevano che le relazioni libere, senza limiti, tra uomini e donne in Occidente, soddisfano gli uomini e prevengono gli abusi sessuali. Dicevano che quando gli uomini sono soddisfatti sessualmente non commettono quei crimini. Ma vi sembra che gli uomini occidentali siano soddisfatti? O vi sembra che siano diventati cento volte più avidi?”. 

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Tutte le volte che si resta sbalorditi o scandalizzati di fronte alla collusione fra sinistra e destra sul tema della democrazia e della libertà, della loro parzialità, del limite insuperato fra la loro proclamazione formale e la condizione sostanziale, non ci si accontenti della affinità fra le loro punte ideologiche e le loro fonti originarie. Si gratti sotto la scorza della sessualità. Là sotto ansimano Khamenei e Kirill, e un po’ di molestatori occidentali: e, per lasciarli lavorare in pace, i profeti dello statu quo multipolare, dello stato di tolleranza. “Siamo già entrati in un mondo multipolare, in cui ogni regione ha problemi propri e un proprio ruolo nella politica globale”. Lasciate che ognuno maltratti le sue donne, e i suoi bambini, e i suoi estravaganti, a modo suo.

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