PUBBLICITÁ

l'intervista integrale al premier

“Su Navalny, l’Italia è con Merkel: il mondo aspetta spiegazioni dalla Russia”, ci dice Conte

Dopo le anticipazioni di ieri, ecco la versione completa del colloquio col presidente del Consiglio

Claudio Cerasa

“Navalny? La posizione tedesca coincide con quella italiana. Recovery? Partiremo dalle raccomandazioni della Commissione. Opposizioni? Il mio invito al dialogo è sempre valido. Scuola? Ci sono ragioni per essere ottimisti”. Intervista al premier

PUBBLICITÁ

Ieri mattina abbiamo passato qualche minuto al telefono con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e alla fine della nostra chiacchierata il capo del governo sceglie di intervenire su un tema importante che non ha a che fare con i dossier economici né con il futuro del governo, ma con una delicata questione di carattere diplomatico e geopolitico. Il tema è questo: ma esattamente, l’Italia da che parte sta sul caso Alexei Navalny? Alexei Navalny, come sapete, è uno dei più importanti oppositori del presidente russo Vladimir Putin ed è stato portato in Germania per essere curato dopo essere stato avvelenato in Russia. Pochi giorni fa il governo tedesco ha affermato di aver acquisito “prove che non lasciano dubbi” sul fatto che Navalny sia stato avvelenato. E la stessa Angela Merkel ha detto di “condannare questo attacco nel modo più severo”, chiedendo al governo russo “di fare chiarezza con urgenza: perché ci sono domande a cui solo il governo russo può e deve rispondere. Il mondo aspetta spiegazioni”. Ieri la Zeit ha rivelato che gli investigatori hanno trovato sulle mani e sulla bottiglia d’acqua di Navalny una nuova variante di Novichok più letale: per questo gli investigatori pensano che gli autori dell’attentato siano i servizi russi autorizzati dal Cremlino. Fino a oggi, facciamo notare a Conte, il governo ha scelto di maneggiare il tema con molta prudenza – anche troppa. Ma in questa conversazione con il Foglio il presidente del Consiglio mette da parte un po’ di diplomazia e accetta di rispondere a una domanda precisa.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Ieri mattina abbiamo passato qualche minuto al telefono con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e alla fine della nostra chiacchierata il capo del governo sceglie di intervenire su un tema importante che non ha a che fare con i dossier economici né con il futuro del governo, ma con una delicata questione di carattere diplomatico e geopolitico. Il tema è questo: ma esattamente, l’Italia da che parte sta sul caso Alexei Navalny? Alexei Navalny, come sapete, è uno dei più importanti oppositori del presidente russo Vladimir Putin ed è stato portato in Germania per essere curato dopo essere stato avvelenato in Russia. Pochi giorni fa il governo tedesco ha affermato di aver acquisito “prove che non lasciano dubbi” sul fatto che Navalny sia stato avvelenato. E la stessa Angela Merkel ha detto di “condannare questo attacco nel modo più severo”, chiedendo al governo russo “di fare chiarezza con urgenza: perché ci sono domande a cui solo il governo russo può e deve rispondere. Il mondo aspetta spiegazioni”. Ieri la Zeit ha rivelato che gli investigatori hanno trovato sulle mani e sulla bottiglia d’acqua di Navalny una nuova variante di Novichok più letale: per questo gli investigatori pensano che gli autori dell’attentato siano i servizi russi autorizzati dal Cremlino. Fino a oggi, facciamo notare a Conte, il governo ha scelto di maneggiare il tema con molta prudenza – anche troppa. Ma in questa conversazione con il Foglio il presidente del Consiglio mette da parte un po’ di diplomazia e accetta di rispondere a una domanda precisa.

PUBBLICITÁ

Presidente, condivide o no la posizione del governo tedesco? Dice Conte: “La posizione del governo tedesco, che peraltro esercita in questo semestre la presidenza dell’Ue, coincide con quella italiana ed europea. E’ necessario fare piena luce su quanto accaduto e perseguire i responsabili di un attentato di tale gravità contro un esponente dell’opposizione. L’ho detto in una recente conversazione al presidente Putin, con il quale mi sento spesso e ho sempre un dialogo franco e aperto, anche perché ritengo la Russia essenziale per la soluzione di molte crisi di nostro primario interesse. Il presidente Putin mi ha assicurato che la Russia è intenzionata a chiarire l’accaduto, mi ha anticipato che avrebbe costituito una Commissione di inchiesta e si è detto pronto a collaborare con le autorità tedesche. La collaborazione è la via migliore per scongiurare che questa drammatica vicenda possa incidere negativamente sui rapporti tra l’Unione europea e la Russia”.

La nostra conversazione con il presidente del Consiglio arriva a toccare il tema Navalny dopo aver affrontato alcuni tra i principali temi che si trovano oggi sul tavolo del governo e Giuseppe Conte, tra uno slalom e l’altro, e offrendo qualche notizia, parla più o meno di tutto: il futuro del Recovery, l’apertura della scuola, le possibilità di ripresa del paese, la strategia del governo per tentare di trasformare i ricollocamenti dei migranti in Europa da volontari a obbligatori. Presidente Conte, qualche giorno fa il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha invitato il governo a prepararsi all’appuntamento con i progetti del Recovery fund mettendo da parte la logica della lista della spesa. Qual è il progetto più importante su cui lei scommette per provare a cambiare il paese con l’aiuto dell’Europa? “Il nostro Piano di ripresa e resilienza ha un disegno coerente: modernizzare il paese, cogliere le opportunità della transizione verde e digitale, costruire un’Italia a misura di giovani e di famiglie. Non c’è un singolo progetto su cui investiamo ma sono davvero molte le iniziative che stiamo valutando all’interno del piano e che sono in grado di dare nuovo slancio al nostro paese. Stiamo creando le premesse per procedere spediti realizzando l’infrastruttura digitale che il paese attende da anni, con una rete unica per la banda ultralarga. L’intesa tra Tim e Cdp servirà a questo. In materia di scuola, ad esempio, vogliamo trasformare il 100 per cento delle classi italiane in ambienti di apprendimento innovativi e intendiamo creare 2.700 digital labs per le professioni digitali del futuro nelle scuole superiori, connessi a 10 gigabyte per secondo. In materia di ricerca e sviluppo, intendiamo creare dei poli tematici di ricerca in settori cruciali come l’agri-tech e il fin-tech, e promuovere delle applicazioni innovative dell’expertise del nostro paese nel settore aerospaziale. E’ molto ampio anche il capitolo delle infrastrutture di mobilità, che si concentra su strade e ferrovie per connettere l’Italia, e del sistema della logistica portuale, un grande fattore di competitività per il nostro paese. E poi ancora interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico e di investimento nella rete idrica, di efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, di digitalizzazione della sanità e della pubblica amministrazione. Da metà ottobre saremo in grado di definire le linee guida complessive del Piano”.

Alla metà dello scorso anno, prima che arrivasse la pandemia, la Commissione europea ha offerto alcune raccomandazioni al nostro paese, per tornare a crescere. Gliene cito alcune: “Migliorare l’apprendimento e le competenze digitali”; “migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese”; “lavorare per un’amministrazione pubblica efficace”; “attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione”; “anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica”; “concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale”; “migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione”. Ci conferma che le raccomandazioni dell’Europa saranno il filo conduttore che guiderà l’Italia nella costruzione dei progetti utili per modernizzare il paese? Conte dice di sì, ma lo dice a modo suo: “Le raccomandazioni della Commissione europea sottolineano carenze strutturali e deficienze funzionali del nostro paese che è nostro prioritario interesse superare. Il nostro Piano di ripresa servirà proprio a questo. L’Italia è un paese di grande tradizione e di grandissime potenzialità. Coglieremo questa opportunità storica per tornare più forti, più competitivi, e lavoreremo per migliorare la qualità di vita di tutti i nostri cittadini”.

PUBBLICITÁ

Non si può parlare di crescita senza parlare di lavoro e sul tema del lavoro del futuro l’ex governatore della Bce, Mario Draghi, in una recente intervista, ha offerto a nostro avviso un suggerimento prezioso a questo governo: “Gli incentivi devono creare nuovi lavori, non salvare quelli vecchi”. Ci può spiegare in che modo il governo intende concentrarsi più sulla creazione di nuovi lavori che sulla semplice salvaguardia di quelli a rischio? E ci può dire se il governo intende oppure no rimettere in discussione i cardini del Jobs Act? “Stiamo studiando un piano organico per traghettare le transizioni occupazionali, ricorrendo sia a incentivi pubblici sulla formazione per la ricollocazione, sia a forme contrattuali di solidarietà espansiva. Dobbiamo poi distinguere fra gli ammortizzatori sociali necessari a proteggere temporaneamente i lavoratori di aziende che hanno prospettive da quelli che servono a chi perde il lavoro, che vanno condizionati ad attività di ricollocamento. Su tutti questi aspetti le parti sociali coinvolte hanno presentato molte proposte che serviranno al governo per aprire un confronto utile a riformare anche l’attuale sistema degli ammortizzatori sociali”.

Sul tema del lavoro Conte sceglie di dribblare il problema – ma a domanda diretta fatta su questo tema al ministro dell’Economia, è in discussione o no il Jobs Act, il ministro dell’Economia ha risposto a chi scrive di no, e tanto basta – ma su un altro tema il presidente del Consiglio ci offre invece qualche informazione in più: gli investimenti sul sistema sanitario. Martedì sera, a Modena, alla Festa dell’Unità del Pd, Conte ha scelto di non chiudere la porta alla possibilità che questa maggioranza attivi la linea di credito prevista dal Mes riservata alle spese sanitarie (i tassi a dieci anni sono allo 0,18 per cento, due giorni fa il Mef ha collocato sul mercato Btp ventennali a un tasso dell’1,8) e ha detto di avere un atteggiamento “molto laico”, affermando che “se necessario proporrò una soluzione al Parlamento”.

Mes o non Mes, però, sta di fatto che il governo, nel suo piano nazionale di riforme presentato a luglio, ha previsto uno stanziamento di 32 miliardi di euro per il rafforzamento delle strutture sanitarie, che casualmente coincide con la quota che spetterebbe all’Italia in caso di accesso alla linea di credito sul Mes (36 miliardi). Chiediamo a Conte, dunque, non cosa l’Italia farà con il Mes, ma cosa farebbe una volta trovati i miliardi per rafforzare il sistema sanitario. Presidente: quali sono i principali rafforzamenti che servirebbero all’Italia su questo fronte? “E’ una rivoluzione. Vogliamo strutture più sicure, moderne, adeguate dal punto di vista antisismico, ripensate in un concetto green e digitale. Ma il progetto si inserisce in un piano complessivo da 75 miliardi di euro, oltre la metà dei quali verranno dedicati al sud. Vogliamo mettere fine alla disparità di trattamento fra le diverse regioni, crediamo in un sistema sanitario nel quale un cittadino possa curarsi senza essere costretto a emigrare. Interverremo sulle strutture ospedaliere, ma anche sui presìdi territoriali, sulle borse di studio per i giovani medici, sulla prevenzione. E’ un investimento senza precedenti nella sanità, che potrebbe significare la rinascita di questo settore tanto vitale, quanto bistrattato in passato”.

Tra le vere svolte storiche che servirebbero all’Italia, facciamo notare a Conte, quella forse più urgente riguarda ancora una volta il tema della produttività. Presidente, si parla da tanto, troppo tempo, della necessità per l’Italia di una grande svolta sulla produttività. E’ una svolta a cui si deve applicare il governo o è una svolta a cui si devono applicare le singole imprese? “La produttività nel settore privato si costruisce nelle aziende, ma il governo può sicuramente favorirla. L’unico sviluppo possibile è però quello a misura d’uomo, con al centro la dignità delle persone, dei lavoratori. Lo stato può favorire la produttività con le infrastrutture e con investimenti pubblici mirati ed efficienti. Puntando fortemente sulla riqualificazione e all’aggiornamento delle competenze. Dobbiamo favorire la maggiore produttività ed efficienza anche della pubblica amministrazione, con progetti mirati di riqualificazione e nuove assunzioni che apportino competenze digitali e discipline Stem. Molto passa anche dal sostegno alla ricerca e da maggiori occasioni di crescita per i nostri giovani che chiedono di potersi mettere in gioco, di essere protagonisti. Il Piano di ripresa punterà molto su questi aspetti”.

Nei mesi più duri della pandemia, gli italiani hanno messo da parte, secondo l’Abi, qualcosa come 100 miliardi di euro, nei propri conti correnti. Mettere da parte molti soldi significa non aver fiducia nel futuro. L’eventuale successo di questo governo si misurerà proprio da qui: dalla capacità di ridare fiducia agli italiani. Non ha anche lei l’impressione che su questo tema l’Italia si trovi molto, ma molto indietro? “Nonostante alcune narrazioni distorte, noi italiani non siamo cicale ma abbiamo la forza di resistere alle intemperie più dure e un’alta capacità di resistenza. L’Italia è stata la prima a indicare la lampadina della fiducia nella stanza buia della crisi economica, intuendo subito che l’interruttore giusto non sono le vecchie ricette dell’austerità e dei tagli indiscriminati. Ora l’aria è cambiata. La sospensione dei vincoli del Patto di stabilità, i 209 miliardi del Recovery fund con cui possiamo cambiare l’Italia e l’operato della Bce: c’è la possibilità di superare le mere logiche ragionieristiche a favore di una visione nuova, seria e responsabile, con il segno più per il futuro dei nostri ragazzi. Stiamo mettendo in campo tutte le forze per cogliere questa storica occasione. Gli italiani ci hanno mostrato fiducia per la gestione della fase più acuta della pandemia. Avremo la loro fiducia anche per la ricostruzione: stiamo lavorando con impegno, visione e responsabilità”.

PUBBLICITÁ

Il ministro Gualtieri da giorni sostiene che ci siano buone ragioni per essere ottimisti sul rimbalzo economico dell’Italia. Quali sono a suo avviso i segnali più significativi relativi alla possibile resilienza del nostro paese? “A oggi, l’Italia ha dato una grande prova di fiducia e di resilienza. Siamo riusciti a contenere il contagio e a far registrare una caduta del pil che è di poco superiore alla media europea, e comunque inferiore a quella di molti altri importanti partner europei. La produzione industriale, pur ancora inferiore ai livelli del 2019, ha mostrato una forte crescita congiunturale in giugno e, secondo le prime stime del Centro studi di Confindustria, ha proseguito la tendenza positiva in luglio. Allo stesso modo, gli ordinativi e le esportazioni registrano una risalita, così come il clima di fiducia delle imprese e dei consumatori. Non sarà semplice, ma l’Italia ce la farà”.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

A proposito di Europa, presidente. In una intervista a questo giornale, pochi giorni fa, il ministro Luciana Lamorgese ha detto di auspicare una svolta europea sui temi dell’immigrazione e si è augurata che l’Italia lavori affinché “la redistribuzione dei migranti diventi obbligatoria, non volontaria”, aggiungendo che sarebbe giusto sanzionare economicamente i paesi europei che non collaborano sulla redistribuzione dei migranti. E’ d’accordo? “I fatti parlano chiaro: non sono più sufficienti politiche tarate sulle necessità dei singoli stati nazionali. C’è bisogno di inquadrare il fenomeno in una dimensione europea: è un imperativo al quale l’intera Ue non può sottrarsi. L’Italia non solo ha già sollevato la questione ma ha lavorato attivamente per varare un meccanismo con regole chiare e ferree sul fronte della redistribuzione. Un meccanismo realmente condiviso, al quale tutti contribuiscano in maniera diretta e senza possibilità di aggiramenti o facili esenzioni. Aggiungo però che molto deve essere fatto anche sul fronte dei rimpatri. In tal senso, la collaborazione con i paesi della sponda sud del Mediterraneo è un passaggio cruciale, sul quale il nostro governo (come testimoniato anche dalle missioni della ministra Lamorgese e del ministro Di Maio) lavora in maniera indefessa”.

Presidente, nell’ultima intervista fatta a questo giornale, aveva inviato un messaggio forte di apertura all’opposizione sul tema della ricostruzione del paese. Lei non pensa che la scrittura dei progetti del Recovery fund, avendo questi progetti una durata almeno quadriennale, che riguarderà anche chi governerà nella prossima legislatura, potrebbe essere un’occasione buona per mettere insieme le idee della maggioranza e quelle dell’opposizione? “Il mio invito al dialogo è sempre valido. Siamo chiamati a realizzare progetti e iniziative capaci di permettere al paese di tornare a correre. E’ il momento di ripartire, di tornare a crescere, e per farlo è indispensabile cogliere tutte le potenzialità e le energie di cui il paese dispone. In un momento storico così delicato tutte le forze politiche sono chiamate a fare la loro parte, quindi anche quelle di opposizione”.

Presidente, lei ha scaricato Immuni? “Certo che l’ho scaricata”. Si arrabbierebbe se scoprisse che qualche esponente del governo non ha ancora scaricato Immuni? “L’app Immuni è uno strumento fondamentale, perché ci permette di sapere se siamo venuti a contatto con persone positive al Covid, di individuare focolai, di prevenire la proliferazione del virus. E tutto nel massimo rispetto della privacy. Per ottenere questi risultati, però, è necessario che il maggior numero possibile di persone scarichi l’app e la utilizzi. Altrimenti avremo uno strumento utile ma zoppo rispetto alle sue enormi potenzialità. Scaricare l’app non ci costa nulla e ci protegge. E’ un’azione che fa bene a tutti”.

A proposito di protezione. Lunedì prossimo si riaprono le scuole e migliaia di genitori sono comprensibilmente preoccupati per la salute dei propri figli e per il destino della loro istruzione e diverse scuole stanno informando in questi giorni i genitori sulla difficoltà a riaprire il 14 settembre. Ci spiega come si fa a non essere pessimisti? “Da padre ancor prima che da presidente del Consiglio comprendo le preoccupazioni dei genitori ma posso garantire che il governo sta lavorando alacremente affinché il rientro a scuola avvenga in piena sicurezza. Non c’è alcun motivo per essere pessimisti, perché per la scuola abbiamo fatto in pochi mesi ciò che in decenni non è stato fatto, stanziando da gennaio a oggi 7 miliardi di euro, di cui 2,9 solo per la ripartenza. Per adesso nessuno in Europa ha dedicato così tante risorse per la ripresa quanto noi. I disagi ci sono stati alla riapertura in ogni paese del mondo, solo per fare un esempio a noi più vicino in Francia e in Germania a poche ore dalla ripartenza si sono già dovute chiudere le scuole nelle quali erano scoppiati focolai. Non è su questo che dovrà essere valutata l’efficacia della nostra azione. Se quella che i ragazzi e le ragazze troveranno alla ripresa sarà migliore di quella che hanno lasciato a marzo, una scuola con più spazi, più docenti e meno alunni per classe, più al passo con i tempi perché è riuscita finalmente a digitalizzarsi, allora vorrà dire che abbiamo lavorato bene. E sarà un successo non per noi ma per il paese intero, di cui la scuola è il cuore pulsante”.

Lo slalom è finito e arrivati alla fine della nostra conversazione chiediamo al presidente del Consiglio di riavvolgere il nastro dei primi dodici mesi di questo governo e di individuare una scelta fatta in quest’anno che non rifarebbe. Conte ci pensa un attimo e poi dice no: “Ritornando indietro, in tutta franchezza, non ritrovo una scelta che non rifarei. Ma non per arroganza o perché mi ritenga infallibile, ma perché ogni decisione è stata sempre ponderata alla luce dell’interesse generale, vagliando tutte le informazioni disponibili al momento. Mi pesa tuttavia il ritardo che si è accumulato nell’erogazione delle indennità della cassa integrazione, in particolare straordinaria. Quello degli ammortizzatori sociali è un sistema da ripensare integralmente. Ci stiamo lavorando”.

Al presidente Conte chiediamo se sia soddisfatto anche delle scelte fatte da questa maggioranza sul tema della giustizia e facciamo notare che questo governo non sembra avere avuto a cuore l’idea di lavorare per avere un paese dotato di un sistema giudiziario più giusto e più efficiente. Negli ultimi mesi, facciamo notare a Conte, il Parlamento ha dato il via libera a due riforme che vanno in una direzione opposta all’idea di combattere la cultura della gogna: il sì alla fine della prescrizione e il via libera alla pratica delle intercettazioni “a strascico”, con la possibilità di usare i risultati delle captazioni anche in procedimenti diversi rispetto a quello nel quale l’intercettazione è stata autorizzata. Da avvocato, davvero Conte non pensa che l’Italia avrebbe bisogno con urgenza di misure atte a combattere e non ad alimentare il processo mediatico? “Al di là di specifiche questioni, l’obiettivo da raggiungere al più presto è una giustizia più celere e più efficiente, augurandosi sempre che sia anche ‘più giusta’. Il governo ha lavorato alla riforma del processo civile e del processo penale. Dobbiamo riformare anche il processo tributario. Attualmente i due disegni di legge delega riguardanti il processo civile e il processo penale giacciono davanti alle competenti commissioni parlamentari: spero che possano completare al più presto l’esame. Quanto al tema della prescrizione, la soluzione sin qui proposta potrà contribuire a produrre effetti positivi: nel nostro sistema, di fatto, il ricorso ai riti alternativi è stato fallimentare anche perché gli incentivi premiali, ovvero le riduzioni di pena, spesso erano percepiti come meno vantaggiosi rispetto alla prospettiva concreta (in alcuni uffici più che in altri) di ottenere l’estinzione del reato per effetto della prescrizione. Quanto ai cosiddetti ‘processi mediatici’, ricordo che la legge, che da pochi giorni sta dispiegando i suoi effetti, potenzia le intercettazioni come indispensabile strumento di indagine e, nel contempo, garantisce una difesa solida della privacy, elemento imprescindibile che qualifica la riforma. E’ stato trovato un buon punto d’equilibrio che garantisce tutti gli interessi in gioco”.

L’ultima domanda che rivolgiamo a Conte ha a che fare con un tema che riguarda anche l’identità del presidente del Consiglio: cosa pensa Conte dei quattro anni di Donald Trump. Provare a far rispondere Conte su questo punto non è semplice ma alla risposta ci arriviamo indirettamente attraverso una domanda laterale: se dovesse scegliere due aggettivi per sintetizzare ciò che rappresenta oggi nel mondo l’America di Trump, quali sceglierebbe? Risposta di Conte. “La realtà e il ruolo degli Stati Uniti si prestano a molte definizioni. Ma se proprio devo scegliere due aggettivi direi che l’America è imprescindibile e democratica. Imprescindibile perché si tratta del principale attore mondiale, cruciale per tutte le sfide globali e per gli equilibri internazionali. E’ una variabile fondamentale in tutte le equazioni di politica estera. Democratica perché anche in uno scenario estremo come quello della pandemia, che favorisce la polarizzazione della società, le elezioni costituiscono sempre un momento di grande dibattito pubblico, di forte e libera partecipazione e mobilitazione. Questa è l’essenza della democrazia, nella quale ci riconosciamo”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ