(foto LaPresse)

Perché l'abuso d'ufficio è un guaio

Ermes Antonucci

E’ il reato più temuto da sindaci e amministratori locali ed è un totale disastro. Nel 2021 ha prodotto 27 condanne su 5.400 processi. Da Bonaccini a De Luca: rassegna delle assoluzioni più celebri (e singolari)

E’ il reato più temuto da amministratori locali e dirigenti pubblici: l’abuso d’ufficio. Una fattispecie così aleatoria da spingere in molti casi a preferire la paralisi amministrativa. Gli ultimi dati rendono idea del disastro a cui si è di fronte: “Su 5.400 procedimenti nel 2021, nove si sono conclusi con condanne davanti al gip e diciotto in dibattimento”, ha riferito il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, la scorsa settimana al Senato, definendo queste statistiche “a dir poco allarmanti”. L’elenco dei politici e dei funzionari pubblici indagati per abuso d’ufficio e poi prosciolti o assolti è lunghissimo. Si va dai governatori della Campania e dell’Emilia-Romagna, Vincenzo De Luca e Stefano Bonaccini, all’ex presidente della regione Calabria Mario Oliverio, fino all’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Ma visto che parliamo di oltre cinquemila procedimenti penali all’anno, si capisce che la stragrande maggioranza dei casi nasca (e muoia) lontana dai riflettori dell’informazione nazionale. Ciò a conferma di quanto il reato di abuso d’ufficio produca danni soprattutto tra gli amministratori pubblici locali, quelli più esposti a questo genere di reato e alla cosiddetta “paura della firma”. 

 

I casi sono tantissimi e non basterebbe un numero intero di questo giornale per riportarli. In questa pagina ci limiteremo a ricordare i più recenti e più singolari. Solitamente, le vicende riguardano le nomine di funzionari o presunte irregolarità nelle procedure di affidamento, ma non mancano storie paradossali, come quelle in cui l’abuso d’ufficio è stato contestato ad amministratori locali per aver corretto un errore urbanistico, o per aver autorizzato una manifestazione con la presenza di conigli senza l’ok dell’Asl, o per aver fatto rimuovere manifesti anti moschea, o per aver chiesto ai dipendenti della società incaricata della pulizia della città di rimuovere la carcassa di un topo da un’abitazione.

 

L’ultima assoluzione per il reato di “abuso d’ufficio” è giunta la scorsa settimana. La Corte d’appello di Reggio Calabria ha assolto la consigliera comunale Angela Marcianò nel processo “Miramare”. Il processo era nato da un’inchiesta sulle irregolarità nelle procedure di affidamento a un’associazione di un hotel di Reggio Calabria. 

 

Prima di lei è stato assolto a Palermo un ex dirigente dell’assessorato alla salute della regione Sicilia, Sergio Buffa, oggi in pensione. L’uomo era stato rinviato a giudizio nel 2020. Secondo l’accusa il dirigente nel 2015 avrebbe modificato il sistema dei rimborsi di alcune prestazioni specialistiche, per favorire alcune strutture convenzionate dove lavoravano alcuni familiari. Buffa inserì una clausola in un decreto assessoriale con la quale si vietava doppi e tripli rimborsi, riunificando in un’unica tariffa le prestazioni che prima venivano pagate separatamente ai cardiologi. In altre parole, Buffa è stato accusato pur avendo fatto risparmiare alla regione circa due milioni di euro all’anno

 

Ben più rilevante l’assoluzione definitiva ottenuta a settembre dal governatore campano Vincenzo De Luca, dalle accuse di abuso d’ufficio, falso ideologico e altri reati urbanistici per la costruzione del complesso immobiliare del “Crescent” sul lungomare di Salerno, quando egli era sindaco della città. Una vicenda durata oltre dieci anni e che si è conclusa con l’assoluzione di altre 22 persone. 

 

Il 14 luglio il tribunale di Sassari ha assolto l’ex sindaco di Sorso, Giuseppe Morghen, l’ex assessore alle politiche sociali, Angelo Agostino Spanu, l’ex dirigente comunale Pietro Nurra, e gli ex responsabili dei servizi sociali del comune di Sorso, Bonaria Mameli e Walter Enzo Marchetiello. I cinque erano accusati di abuso d’ufficio nella gestione delle graduatorie per i lavori di pubblica utilità riservati alle persone che si trovano in condizione di povertà estrema, reato che avrebbero compiuto dal 2013 al 2016. E’ dello scorso giugno l’assoluzione del sindaco di Biella, Claudio Corradino, accusato di aver favorito la nomina di un’amica, militante della Lega, nel consiglio d’amministrazione del Cordar, società municipalizzata che gestisce l’acqua pubblica nel Biellese. “La vicenda fu una botta psicologica”, ha dichiarato Corradino in un’intervista, aggiungendo di aver già speso oltre 36 mila euro in spese legali. “Io non demonizzo l’abuso d’ufficio, ma va cambiato”.

 

Quasi in contemporanea veniva assolto anche Pierluigi Mottinelli, ex presidente della provincia di Brescia, in un’inchiesta per l’erogazione di 800 mila euro a fondo perduto da parte della provincia al comune di Concesio per sostenere i lavori volti alla realizzazione di una nuova canonica nel centro valtrumplino. Assolta, insieme a lui, anche Stefania Zambelli, che era il direttore finanziario dell’ente.

 

A dir poco paradossale la vicenda giudiziaria che si è conclusa lo scorso primo giugno e che ha visto coinvolti per sette anni sindaco, vicesindaco e tecnico comunale di Celle Enomondo, paesino di cinquecento abitanti in provincia di Asti. La vicenda risale al 2015, quando su proposta del tecnico comunale (un geometra) si procedette a una modifica dello strumento urbanistico nella parte che riguardava dei fabbricati di pertinenza di sei cittadini. La procura di Asti contestò allora l’abuso d’ufficio sostenendo che, alla luce di quanto previsto da una legge regionale del 1977, la “correzione dell’errore” andava considerata come una vera e propria “variante”, che invece avrebbe imposto una procedura diversa. Nel 2019 il tribunale di Asti inflisse al sindaco Andrea Bovero otto mesi e quindici giorni di reclusione, alla vicesindaco Monica Omedé un anno e quindici giorni, al tecnico Paolo Gardino dieci mesi e quindici giorni. Il 23 aprile 2021 la Corte d’appello cancellò le condanne “perché il fatto non costituisce reato”. Il primo giugno la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale. 

 

A maggio è invece stata archiviata dopo sei anni l’inchiesta nei confronti degli ex sindaci di Lecce, Paolo Perrone e Adriana Poli Bortone, nonché di vari dirigenti comunali, dall’accusa di aver assegnato in cambio di voti alcuni alloggi popolari. Quanti? Due. Una delle case era pure stata confiscata alla mafia. Le assegnazioni, si sosteneva all’epoca, erano state effettuate senza rispettare le graduatorie, ma le tesi sono crollate nel corso delle lunghe indagini. 

 

A marzo il tribunale di Pistoia ha messo fine a una vicenda durata cinque anni che vedeva coinvolti l’ex sindaco della città, Samuele Bertinelli, insieme all’ex assessore della sua giunta Tina Nuti e la ex dirigente comunale Maria Teresa Carosella. Due i filoni dell’inchiesta: uno relativo alla nomina di alcuni dirigenti comunali, un altro su presunte pressioni per la concessione di spazi o per l’erogazione di contributi ad associazioni da parte del comune in occasione di manifestazioni. In un caso, i pm erano arrivati a contestare al sindaco l’autorizzazione di  una manifestazione che prevedeva l’uso di conigli, nonostante l’assenza dell’ok dell’azienda ospedaliera locale. 

 

Si arriva a inizio anno, con l’ennesima assoluzione (la quarta) davanti alla Corte d’appello di Perugia dell’ex direttore regionale della sanità, Walter Orlandi, in relazione alla vicenda degli incarichi conferiti alla dottoressa Manuela Pioppo. Anche la Corte dei conti aveva escluso danni erariali e patrimoniali alla regione. Anzi, era emerso che la nomina aveva fatto risparmiare all’azienda ospedaliera di Perugia.

 

Il gip del tribunale di Ferrara, intanto, archiviava a inizio anno la posizione del presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che era indagato per abuso di ufficio e concussione, dopo l’esposto del sindaco di Jolanda di Savoia, Paolo Pezzolato. I fatti risalivano alla campagna elettorale per le regionali. Bonaccini era accusato di aver fatto pressioni affinché la vicesindaca del comune ferrarese Elisa Trombin revocasse la candidatura con la Lega e di aver “punito” il comune di Jolanda con la revoca di un comando di dipendenti. Di tutto ciò, secondo la procura, non era stata raggiunta la prova e per questo aveva chiesto l’archiviazione.

 

Si prosegue in ordine sparso. Da ricordare il caso dell’ex sindaco di Cologne (in provincia di Brescia), Danilo Verzelletti, assolto dall’accusa di abuso d’ufficio per una vicenda che risaliva all’agosto del 2011, quando nel ruolo di primo cittadino aveva fatto rimuovere manifesti con il formato di annuncio funebre affissi da alcuni militanti della Lega Nord contro la costruzione di una nuova moschea.

 

L’assoluzione, nel gennaio 2021, dell’ex presidente della regione Calabria, Mario Oliverio, dalle accuse di corruzione e abuso d’ufficio, nell’ambito della maxi inchiesta aperta dalla procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri denominata “Lande desolate”. La procura aveva chiesto una condanna a quattro anni e otto mesi di carcere. Oliverio era anche stato raggiunto, quando era ancora in carica, da una misura dell’obbligo di dimora. E come dimenticare la vicenda dell’ex assessore del comune di Brindisi, Pasquale Luperti, assolto dall’accusa di abuso per aver chiesto a dei dipendenti della società in house del comune incaricata della pulizia e della manutenzione della città di rimuovere la carcassa di un topo da un’abitazione

 

Ci sono poi l’ex sindaco di Gela, Domenico Messinese, l’ex assessore all’ambiente Simone Siciliano, e il dirigente comunale dello stesso settore, Patrizia Zanone, assolti per l’emergenza rifiuti esplosa nel 2015 dopo le elezioni comunali. La città fu invasa dalla spazzatura perché l’impresa che gestiva il servizio di nettezza urbana riteneva che lo smaltimento di cumuli di rifiuti indifferenziati fosse da considerare e da compensare come servizio aggiuntivo. Il sindaco invece era convinto che facesse parte del capitolato d’appalto. Il 24 ottobre 2020 il gup con il rito abbreviato ha assolto tutti gli imputati, mentre ha rinviato a giudizio il responsabile della ditta. 

 

C’è da ricordare l’archiviazione dell’inchiesta sul governatore della Lombardia, Attilio Fontana, accusato di abuso d’ufficio in uno dei filoni nati dalla maxi operazione “Mensa dei poveri” sul sistema di tangenti, appalti e nomine pilotate che ha travolto la politica lombarda. Al centro dello stralcio, archiviato dal gip Raffaella Mascarino c’era la nomina di Luca Marsico, avvocato ed ex socio del suo studio, nel Nucleo di valutazione degli investimenti della Regione.

 

L’assoluzione del sindaco di Orgosolo, Dionigi Deledda, insieme all’ex vicesindaco, Bora Podda, e al capo dell’ufficio tecnico del comune, Agostino Murgia, accusati di aver truccato la graduatoria per il servizio civile. Gli imputati erano accusati di aver gestito in modo poco trasparente le selezioni per due progetti di servizio civile favorendo alcuni candidati ed escludendone altri. Nel corso del processo di fronte al tribunale di Nuoro, invece, le procedure si sono invece rivelate legittime e gli imputati sono risultati estranei agli addebiti. Nel luglio 2020 anche il sindaco di Noto, Corrado Bonfanti, è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio. Era finito a processo per aver autorizzato un’attività commerciale del centro storico a utilizzare circa sei metri quadrati di suolo pubblico

 

Anche se il record per le accuse di abuso d’ufficio spetta probabilmente all’ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. Da primo cittadino ha dichiarato di essere stato indagato in sette occasioni, venendo sempre prosciolto o assolto. Nel marzo 2019 Pizzarotti è stato prosciolto dall’accusa di abuso d’ufficio per le nomine del direttore generale Marco Giorgio, del suo portavoce Marcello Frigeri e del capo di gabinetto Francesco Cirillo. All’attenzione degli inquirenti era finita una email, precedente al bando per la nomina delle tre figure, dove il sindaco indicava la volontà di continuare a lavorare con i tre dirigenti, già peraltro in forza nell’organico comunale nella precedente legislatura. Gli incarichi sono di tipo fiduciario, legati al mandato del sindaco e quindi prevedono la sua ampia discrezionalità, ma secondo la procura si era andati oltre perché si era scelto senza valutare le posizioni degli altri candidati, che inviarono i curricula nei giorni seguenti. Tesi smentita dal giudice. 

 

“Ha ragione l’Anci a dire che l’abuso di ufficio va modificato”, ha dichiarato poi Pizzarotti. “La colpa però non è dei magistrati, ma del legislatore che per paura delle reazioni dell’opinione pubblica non ha il coraggio di modificare una cosa che non funziona”.

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