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Controprocesso alla Giustizia. Parla Luca Palamara

Annalisa Chirico

Le rivelazioni contro i colleghi dalle carriere facili. I 133 testimoni chiamati in causa per denunciare il correntismo. Una pazza chiacchierata con il magistrato al centro dello scandalo Csm

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Lei è pronto per la politica. Nel centrodestra. “Non scherziamo”, Luca Palamara si schermisce ma ci pensa. “In questo momento devo difendermi – dice la toga al centro dello scandalo nomine in una intervista in esclusiva al Foglio – Poi si vedrà: nella vita bisogna sempre farsi trovare pronti, e io ho accumulato un patrimonio di conoscenze, certo”. Si sente il capro espiatorio, quello che paga per tutti perché nessuno paghi. “Quello che hanno fatto a me può capitare a chiunque – prosegue Palamara – Gli ultimi dieci anni mi hanno certamente allontanato dalla giurisdizione, mi sono occupato di altro, ero nell’epicentro di un sistema clientelare e ho gestito il potere. Ho maturato esperienze politiche e associative che hanno trasformato sensibilmente il mio ruolo”. Lei può essere il testimonial perfetto del magistrato redento. “La politica attiva rappresenterebbe un percorso del tutto nuovo, in questo momento devo concentrarmi sulla difesa, poi si vedrà”. Lei ha le ore contate nella magistratura: lo sa, vero? “Siamo in uno stato di diritto: voglio far emergere la verità utilizzando gli strumenti che l’ordinamento mi mette a disposizione”.

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Lei è pronto per la politica. Nel centrodestra. “Non scherziamo”, Luca Palamara si schermisce ma ci pensa. “In questo momento devo difendermi – dice la toga al centro dello scandalo nomine in una intervista in esclusiva al Foglio – Poi si vedrà: nella vita bisogna sempre farsi trovare pronti, e io ho accumulato un patrimonio di conoscenze, certo”. Si sente il capro espiatorio, quello che paga per tutti perché nessuno paghi. “Quello che hanno fatto a me può capitare a chiunque – prosegue Palamara – Gli ultimi dieci anni mi hanno certamente allontanato dalla giurisdizione, mi sono occupato di altro, ero nell’epicentro di un sistema clientelare e ho gestito il potere. Ho maturato esperienze politiche e associative che hanno trasformato sensibilmente il mio ruolo”. Lei può essere il testimonial perfetto del magistrato redento. “La politica attiva rappresenterebbe un percorso del tutto nuovo, in questo momento devo concentrarmi sulla difesa, poi si vedrà”. Lei ha le ore contate nella magistratura: lo sa, vero? “Siamo in uno stato di diritto: voglio far emergere la verità utilizzando gli strumenti che l’ordinamento mi mette a disposizione”.

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“Siamo in uno stato di diritto: voglio far emergere la verità utilizzando gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione”


 

La carica dei 133: tanti sono i testi da lei convocati davanti alla sezione disciplinare del Csm, e alcuni nomi servono ad avvalorare la tesi che le condanne a carico di Silvio Berlusconi siano state politicamente orientate. “Non voglio usare frasi ad effetto ma certi fatti e vicende vanno chiariti”. Proprio lei così antiberlusconiano. “Non sono mai stato anti o pro qualcuno, né ho mai coltivato ostilità nei confronti dell’ex presidente del Consiglio. Quando ero alla guida dell’Anm, era mio preciso dovere difendere l’indipendenza della magistratura. Ho sempre cercato di agire seguendo ciò che istinto e ragione mi suggerivano”. Il suo amico Nicola Zingaretti è sparito? “Sparito”. Neanche una telefonata? “Penso che abbiano paura di chiamarmi dopo la storia del trojan”. Il Cavaliere potrebbe arruolarla come l’ex toga che apre il vaso di Pandora e conferma tutto ciò che l’ex premier sostiene da una vita a proposito dei magistrati politicizzati. “Che certi colleghi siano mossi dal pregiudizio politico è fuor di dubbio. E’ una preoccupazione fortemente sentita tra gli stessi magistrati”.

 

Su whatsapp lei apostrofava l’allora vicepremier Matteo Salvini con un linguaggio da trivio, paragonandolo a un escremento. “La frase è stata totalmente decontestualizzata, continuo a dubitare di averla mai pronunciata. Poi, lei lo sa, nei messaggi si tende ad accorciare le frasi, a contrarre i pensieri, cullandosi nell’illusione di esercitare il diritto costituzionale alla segretezza delle comunicazioni. Quella espressione non la ripeterei per nessuna ragione al mondo”. Dalle chat emerge che nell’agosto 2018 lei condivideva l’azione politica del ministro dell’Interno sul fronte immigrazione ma riteneva che andasse comunque attaccato. “Alcuni magistrati erano particolarmente esposti nel dibattito pubblico in ragione delle iniziative giudiziarie intraprese. Era mio dovere difendere l’indipendenza della magistratura pur ribadendo un principio: mai dobbiamo dare l’idea di una magistratura pregiudizialmente orientata”.


“Salvini? Quella frase riportata è stata totalmente decontestualizzata, continuo a dubitare di averla mai pronunciata” 


Lei è pronto per la politica. “In questo momento non spetta a me dare suggerimenti o indicazioni di sorta”. In questo momento, non sia mai. “In una democrazia la politica deve avere il coraggio di decidere. E ogni potere deve esercitare il ruolo che la Costituzione gli assegna senza travalicare il proprio perimetro”. A sette giorni dall’udienza che si terrà il 21 luglio, non si conoscono ancora i componenti della sezione disciplinare che dovrà giudicarla. A Palazzo de’ marescialli la voglia di celebrare ‘sto processo è poca. “Mi dispiace ma io andrò avanti e non intendo fermarmi. Nutro profonda amarezza per i cittadini che assistono a questo scempio e per i magistrati che negli anni sono rimasti ingiustamente esclusi da questo meccanismo”. Lei sostiene che, se in magistratura non sei iscritto a una corrente, non vieni promosso. “Confermo: senza una corrente che ti sostiene, non fai carriera. Glielo dico meglio: solo se sei iscritto a una corrente puoi fare carriera. La magistratura deve recuperare credibilità, e se qualcuno vuole far credere che sia tutta colpa di Palamara si sbaglia di grosso”.

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La carica dei 133: tante persone, con ruoli diversi, in un unico calderone. C’è il rischio che l’istinto autodifensivo si trasformi in foga distruttiva? Della serie: muoia Sansone con tutti i Filistei. “La lista testi non è pensata contro qualcuno”. Ma sembra finalizzata a una gigantesca e generalizzata operazione di sputtanamento. “E’ uno strumento indispensabile per la mia difesa. Devo difendermi nei modi consentiti dall’ordinamento. Lo devo fare per ristabilire la verità dei fatti. Io so con certezza una cosa: non ho mai barattato alcuna nomina con gente esterna alla magistratura, né privati cittadini né politici”. Tra i testi compare Stefano Erbani, consigliere giuridico del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e anello di collegamento tra il Quirinale e il Csm. Palamara scassatutto? “Non è nei miei intendimenti”. Il capo dello Stato presiede il Csm. “Ci sono situazioni molto sensibili, anche a livello istituzionale”. A proposito dell’indagine che la vede coinvolto a Perugia, lei accredita la tesi del complotto. Anzi, del disegno superiore: quale? “Mi lasci dire che la cosa per me più importante è che l’ipotesi corruttiva, legata all’accusa infamante di aver ricevuto 40mila euro per una nomina, è caduta per decisione degli stessi pm di Perugia. Per il resto, mi limito a notare che il trojan installato sulla mia utenza doveva servire a individuare un episodio di corruzione smentito dagli stessi magistrati. In compenso, si sono scoperti gli accordi tra due gruppi associativi, Unità per la Costituzione e Magistratura indipendente, offrendo un quadro sicuramente parziale di ciò che avveniva all’interno della magistratura. Non sappiamo, ad esempio, di che cosa discutessero gli altri gruppi e consiglieri. Anche se il Corriere della sera ha ventilato alcune ipotesi”. Quali? “L’ufficio di Roma non voleva l’arrivo di Marcello Viola come procuratore capo”. Lei si riferisce alla tribolata successione di Giuseppe Pignatone, suo capo e mentore e maestro. “Ci siamo reciprocamente sostenuti, lo scriva. Collaborazione reciproca”. Nella guerra degli esposti incrociati il pm Stefano Fava ha mosso accuse pesanti a carico di Pignatone e di Paolo Ielo. C’era il suo zampino dietro l’iniziativa di Fava? “Assolutamente no. E’ stata una sua iniziativa del tutto autonoma, e rispetto ad essa io mi sento totalmente estraneo all’addebito che mi viene contestato. Fava aveva problemi interni all’ufficio in relazione alla gestione di un fascicolo, ha deciso autonomamente di rivolgersi al Csm. Lo dimostrerò nel processo”. 


“Notare: il trojan installato sulla mia utenza doveva servire a individuare un episodio di corruzione smentito dagli stessi magistrati” 


 

Intanto il suo rapporto con Pignatone si è interrotto bruscamente. E i suoi sogni da procuratore aggiunto a Roma sono andati in frantumi. “Con il senno di poi, penso che se, all’epoca, non avessi coltivato quella che era una mia legittima ambizione, molte cose non sarebbero accadute. E se, dopo la stagione al Csm, non fossi rientrato a piazzale Clodio, luogo che consideravo e considero tuttora la mia seconda casa, molte cose non sarebbero accadute”. Quando si è rotto il sodalizio con l’ex procuratore capo? “Ci sono state fondamentalmente grandi incomprensioni. Dal momento del mio ritorno in procura nel gennaio dello scorso anno, ho percepito che qualcosa era cambiato, e non riuscivo a capire cosa. Con Pignatone avevo avuto un rapporto di strettissima collaborazione che si stava sgretolando, e non ne capivo le ragioni”. Nel mezzo c’è l’inchiesta Consip. Forse i suoi rapporti confidenziali con alcuni soggetti coinvolti, come Luca Lotti, possono aver inciso. Non crede? “Io ho sempre seguito una stella polare: le indagini della magistratura competono solo ed esclusivamente alla procura della Repubblica, quando c’è un’indagine non c’è amicizia che tenga. I fatti vanno valutati con obiettività ed imparzialità”. Lei insinua che la procura di Roma abbia mancato di obiettività nella vicenda Consip? “Ci sono dei procedimenti in corso, soltanto in quella sede si potrà chiarire”. Tra i testi convocati davanti alla sezione disciplinare, compaiono ufficiali e sottufficiali del Gico della Finanza. “Dovranno spiegare perché il trojan funzionava a intermittenza. Sto ascoltando personalmente i 3500 file audio collezionati, tutti momenti della mia vita privata e privatissima, financo intima e mi fermo qui. Non è piacevole, soprattutto quando scopri che in talune situazioni, in taluni incontri, le registrazioni si interrompono inspiegabilmente”. Sono registrati i colloqui tra lei e Cosimo Ferri, coperto dall’immunità; altre volte invece il trojan non registra, per esempio la sera del 21 maggio 2019 quando lei incontra l’allora pg della Cassazione Riccardo Fuzio. Secondo i bene informati, in quell’incontro ci sarebbero riferimenti al ruolo della presidenza della Repubblica. “Non posso aggiungere altro. Ribadisco che non riesco a comprenderne la ragione. Il trojan, e lo dico da pm, funziona come una cimice che registra un segmento di vita senza interruzioni. Voglio andare a fondo”. 

 

Tra gli incontri registrati, c’è la cena a casa del procuratore aggiunto Ielo in cui, insieme ad altri colleghi, parlate anche di nomine e incarichi. “E’ la dimostrazione che i miei rapporti interni alla procura erano idilliaci, da sempre improntati al massimo rispetto, anche nei confronti di chi ha svolto indagini a mio carico. Dietro le iniziative di Fava non c’è la regia Palamara: io mi sono limitato a riportare gli episodi che lui mi riferiva”. Lei ha esercitato un enorme potere, e il potere corrompe. “Chi ha vissuto con me quegli anni sa benissimo che ero soltanto uno dei protagonisti degli accordi, non agivo da solo ma insieme agli esponenti dei vari gruppi associativi, cercando sempre di trovare una sintesi con la componente laica e i partiti politici di riferimento. Se c’era da nominare il procuratore capo di Milano che doveva essere di Area, cercavo di assicurare alla mia corrente la nomina di Bologna. Bisognava rispettare un principio di equilibrio all’interno della magistratura e tra gli uffici giudiziari. L’equilibrio è tutto: questo è Palamara”. Il Csm con Giovanni Legnini vicepresidente ha portato a compimento una vasta opera di rinnovamento, con centinaia di nomine, anche in conseguenza dell’abbassamento dell’età pensionabile. “Abbiamo affrontato una fase complicata, di sfrenato carrierismo. Già nel 2007, l’abolizione del criterio di anzianità, in un mondo dominato dall’idea che il più bravo era sempre e comunque il più vecchio anagraficamente, ha portato un cambiamento profondo. Non è stato facile, nelle centinaia di valutazioni che abbiamo effettuato, bilanciare il merito, il profilo professionale, con l’esigenza di fare scelte equilibrate rispetto al peso delle correnti. Non è colpa mia se le correnti hanno perso ogni traccia di idealità e si sono ridotte a centri clientelari. Io mi sono ritrovato nell’epicentro di questa logica clientelare”. Ne viene fuori un mercato delle nomine indecoroso, lei se ne occupa in maniera compulsiva. Come fanno i cittadini a fidarsi di questa giustizia? “I cittadini devono sapere che l’assegnamento degli incarichi direttivi non ha nulla a che fare con l’esercizio imparziale della giurisdizione”. Facile a dirsi. “E’ la stessa differenza che passa tra un leader sindacale, con funzione di rappresentanza, e il lavoratore che manda avanti la macchina”.


“Non è colpa mia se le correnti si sono ridotte a centri clientelari. Io mi sono ritrovato nell’epicentro di questa logica clientelare” 


La carica dei 133 sembra la mossa estrema di chi sa di avere le ore contate nella magistratura dalla magistratura e annuncia: aprés moi le deluge. “La mia vicenda descrive il meccanismo di funzionamento del sistema correntizio: i vari attori dialogano tra loro ma la decisione finale compete solo e soltanto al Csm. Io mi occupavo con altri della fase preparatoria, necessaria per coagulare il consenso su un candidato. La scelta finale la prendevano tutti i consiglieri seduti nella sala 42”. Il suo telefono ha smesso di squillare. “E’ l’ultimo dei miei problemi. La storia delle intercettazioni ha alimentato un panico diffuso”. Lei ha convocato pure due ex Guardasigilli convocati, Giovanni Maria Flick e Andrea Orlando? “Con il secondo ho condiviso momenti importanti da presidente dell’Anm e da consigliere del Csm. Flick, da profondo conoscitore del sistema, potrà confermare l’esistenza di una prassi costante e di lunga data”. Glielo lasceranno celebrare ‘sto processo? “Non lo so, me lo auguro”.

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