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ritornare a Ratisbona

I nemici aggressivi, spietati, di Israele sono ancora quelli del discorso di Ratzinger

Giuliano Ferrara

Il prezzo è tragico ma non pagarlo con coraggio è un suicidio della ragione e del cuore. Spiegarlo ai figli

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I figli di Carlo Calenda non sono un problema solo famigliare, posto che siano un problema, né generazionale (aggettivo vischioso). Sono o rappresentano, posto che i figli di Carlo come tanti altri figli dell’occidente colto e affluente, nelle scuole nelle università nelle famiglie, riluttino a comprendere la necessità della risposta armata di Israele ai suoi nemici, nemici in nome di Allah, un problema universale. Carlo adombra una difficoltà, in termini eufemistici o gentili ma sottili, in un suo post su Twitter. Deve e vuole parlare, sezionare immagini e fatti, spiegare il suo punto di vista, ascoltare quello dei figli in formazione e insegnare e imparare, discutere ogni giorno, deve trasportare nell’intimità famigliare, dove esistono davvero quei fantasmi che si chiamano “valori” nel dibattito pubblico, le sue convinzioni politiche e civili di convinto difensore del diritto all’esistenza e all’autodifesa dello stato d’Israele, di nemico di ogni forma anche larvale di antisemitismo antisionista, esprimendo tutte le preoccupazioni umanitarie e politiche riguardanti la sorte dei palestinesi che fanno da scudo simbolico e fisico alle imprese terroristiche di Hamas, recuperando il senso di una lunga storia di amore e di tenebra che ci lega al culmine del male nel XX secolo, la Shoah.

 

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Come dimostrano le manifestazioni pro Palestina libera e contro Israele stato fascista e terrorista, decisamente abiette ma spesso folte e appassionate, di Londra, di New York, di Parigi, di Berlino, di Milano, dei campus americani e delle piazze arabe e islamiche, la solidarietà incondizionata con gli ebrei scannati a quel modo dai sicari di Allah e dell’Iran islamista è durata lo spazio di un mattino e al momento della verità tende a restringersi pericolosamente, lasciando il campo, come avvenuto in Inghilterra, in Francia, in Germania, negli Stati Uniti a demoniaci riflussi antisemiti in una parte dell’opinione popolare internazionale. Lo avevamo previsto da subito, sotto l’arco di Tito illuminato dai colori di Israele: la compassione va all’ebreo massacrato, alla vittima, scompare e si rovescia nel suo opposto quando questi si difende e contrattacca e cerca di fare giustizia, impedire il ritorno dell’identico. Ormai ci abituiamo a notizie che parlano di interi quartieri della cintura parigina a forte composizione ebraica protetti da guarnigioni militari, le scuole francesi dopo il sacrificio di Samuel Paty e di Dominique Bernard, due insegnanti uno sgozzato e l’altro accoltellato come gli abitanti di Kfar Aza, sono in via di militarizzazione, per non parlare delle scuole ebraiche spesso chiuse per emergenza, e dilaga l’aspettativa più nera, cui fanno da battistrada le stelle gialle che ritornano su negozi e case private di Berlino.

Credo che ai ragazzi non vada spiegata e raccontata solo la storia, va indicata come modello la tragedia, da Omero, con la sua epica, a Sofocle e a Racine. La tragedia è quando il dilemma etico non ha soluzione accettabile, quando l’orrore tenebroso è parte della realtà, la situazione è indecidibile con criteri generici, bisogna saperla leggere e fare fronte con la forza della coscienza soggettiva. Se consideri una millenaria scia di pogrom e roghi, estesa alla fucina industriale del crematorio umano e della gasificazione una ottantina appena di anni fa, ti spieghi il fondamento di uno stato e di un’ideologia dell’identità e della difesa che sono unici nella storia. Israele unico sì, ma anche un paese come lo sono i nostri, i vostri di voi ragazzi, con la difficile dialettica di libertà, istituzioni, eguaglianza democratica, ansie di cambiamento e riforma, tutela dei diritti di uomini e donne. E con il mercato, la finanza, l’abbondanza, la tecnologia e altri idoli oscuramente percepiti come simulacri di potenza cieca e di oppressione dalla cultura corrente nella sua parte che riduce tutto l’occidente alla sua storia coloniale e di sfruttamento, mentre sappiamo che non è così, che la riduzione è impura e inveritiera malgrado i suoi elementi di verità. E i nemici aggressivi, spietati, di Israele sono quelli del discorso di Ratzinger a Ratisbona, sono coloro che hanno profeticamente confuso, sempre e sistematicamente nella loro storia, dall’origine, la fede di sottomissione con la spada, sono il mondo irrazionale che ci minaccia tutti. A questi princìpi educano quegli agnelli che sono i loro figli e fanciulli e fanciulle, le donne, le famiglie, le tribù. Oggi il problema è l’eliminazione dei soggetti militari del terrore, di quel meccanismo di nazificazione dell’islamismo politico che ha prodotto uno sterminio di ebrei nelle loro case il più forte e risonante dai tempi dell’Olocausto. Offrire una soluzione politica realistica è decisivo, lo si deve pensare e realizzare come progetto da subito, ma viene dopo. Il prezzo è tragico ma non pagarlo con coraggio è un suicidio della ragione e del cuore.

 

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