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l'inversione a U

La marcia indietro di Liz Truss: stop al taglio delle tasse

Rivolta dei Tory. Dura sconfitta per la premier britannica, costretta a ritirare il pacchetto che prevedeva, tra le altre cose, il taglio di 5 punti dell’aliquota più alta dell’imposta sui redditi

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La premier britannica Liz Truss "ha fatto un'umiliante inversione di marcia" sul taglio delle tasse, scrive il Financial Times. Il piano del governo prevedeva, tra le altre cose, il taglio di 5 punti dell’aliquota più alta dell’imposta sui redditi (dal 45 al 40 per cento per chi supera le 150 mila sterline l'anno, circa 160 mila euro) e di un punto (dal 20 al 19 per cento) dell’aliquota base. Dopo una rivolta dei parlamentari conservatori guidati dagli ex ministri del governo Michael Gove e Grant Shapps, il primo ministro ha dovuto abbandonare il piano annunciato venerdì 23 settembre. 

 

Solo ieri Truss insisteva sul fatto che il piano sarebbe andato avanti. Ma il pacchetto di tagli non aveva alcuna possibilità di passare alla Camera dei Comuni. Questa mattina il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng (l'omologo del nostro ministro dell’Economia) ne ha confermato l'abbandono. "È chiaro - ha detto - che l'abolizione dell'aliquota fiscale è diventata una distrazione dalla nostra missione prioritaria che è superare le sfide che il nostro paese deve affrontare". La settimana scorsa, dopo l'annuncio del pacchetto di tagli fiscali, la sterlina era crollata ai minimi storici. C’era stato un aumento dello spread dei Btp, ma più elevato era stato quello dei decennali britannici. La Bank of England e il Tesoro hanno cercato di stabilizzare la valuta promettendo un aumento dei tassi d’interesse per contrastare l’inflazione e la stabilità delle finanze pubbliche. Ma il tentativo coordinato tra autorità monetaria e fiscale di rassicurare i mercati non ha funzionato, dato che le vendite dei titoli di stato sono proseguite. “Non c’era soltanto l’aspettativa negativa rispetto all’arrivo della Truss: il dollaro statunitense è forte da mesi, in seguito all’aggressiva politica della Federal Reserve di aumento dei tassi di interesse, a una velocità superiore a quella adottata dalla Banca d’Inghilterra”, ha scritto Joe Mayes, giornalista di Bloomberg.

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Il Fondo monetario internazionale ha lanciato un aspro e inusuale attacco al piano finanziario senza copertura e ha chiesto a Londra di ripensarci con urgenza, anche perché quel pacchetto non avrebbe fatto che aggravare l’inflazione spingendo la Banca d’Inghilterra a un forsennato aumento del costo del denaro destinato a far piombare il paese in recessione molto peggio e molto prima del previsto. 

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Dopo la decisione di ritirare il piano di tagli fiscali, la sterlina è risalita dello 0,3 per cento rispetto al dollaro.

  

     

Oggi Kwarteng si rivolgerà alla conferenza dei conservatori a Birmingham e aggiungerà alle preoccupazioni dei Tory il fatto che lui e Truss abbiano perso la presa sul governo e sull'economia. Il pacchetto din tagli era pensato per smuovere i consumi e non per ragioni di equità sociale: sarebbe intervenuto laddove i redditi ci sono e quindi avrebbe ridotto l’aliquota maggiore, applicata dopo le 150 mila sterline annue, dal considerevole 45 per cento a un comunque rilevante 40 per cento (da aprile 2023). Ma dal punto di vista di alcuni parlamentari conservatori era la prova del fatto che il governo avesse perso il contatto con gli elettori. L'ex ministro Gove, in prima linea nell'ammutinamento, l'ha definito un intervento sbagliato in un momento in cui "la gente sta soffrendo". Anche Shapps, ex segretario ai Trasporti, ha denunciato il piano, dicendo che non sarebbe sopravvissuto a un voto parlamentare. 

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Sempre secondo il FT, dopo il dietrofront di oggi, la "coppia del disastro finanziario" Kwarteng e Truss potrebbero ora subire pressioni per annullare altre proposte di tagli che non hanno coperture: la riduzione di 13 miliardi di sterline dell'assicurazione nazionale, che offre il vantaggio maggiore agli elettori più abbienti, e un piano di 17 miliardi di sterline per invertire l'aumento dell'imposta sulle società, una politica che gli imprenditori non considerano sia una priorità. Rachel Reeves, cancelliera ombra, ha affermato che i Tory hanno "distrutto la loro credibilità economica" e danneggiato la fiducia nell'economia britannica. Arrivata a Downing Street tra mille diffidenze, Truss è riuscita, in meno di tre settimane (delle quali una è stata bloccata dal lutto reale) a confermare le previsioni più fosche, a deludere i suoi (pochi) sostenitori, a far crollare la sterlina e a far fuggire gli investitori, spaventati dal suo programma economico in deficit. In tutto questo, come se non bastasse a impensierire la neopremier, c’è il fatto che il partito di opposizione, quel Labour che non tocca palla dai tempi di Tony Blair, ha avuto un’impennata nei sondaggi: più dieci punti solo nelle ultime tre settimane, e un vantaggio complessivo nei sondaggi che supera i 20 punti e arriva persino, nel caso più ottimista (la fonte è YouGov), addirittura a 33 punti: 54 a 21.

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Come abbiamo più volte notato sul Foglio, da un certo punto di vista quello britannico è un esempio importante per il nascente governo Meloni, che con un debito al 145 per cento dovrà togliersi dalla testa le fantasie di flat tax in deficit se non vorrà vedere una reazione dei mercati ben più aggressiva di quella riservata al Regno Unito. Per approfondire, con un occhio all'Italia:

 

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