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L'intervista

"Assistiamo alla straordinaria implosione della Truss e dei conservatori". Ma la Labourmania è volubile

Luciana Grosso

Parla Matthew Holehouse, che segue Westminster per l'Economist: "Non abbiamo mai avuto un governo che appena insediato fosse così impopolare e mostrasse così poca visione"

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Londra. Dopo sei anni passati ad arrovellarsi sulla Brexit, le cose nella politica britannica hanno avuto un’accelerazione improvvisa. Le cose sono precipitate e il moloch che per anni aveva occupato l’intera scena politica inglese si è come dissolto, sgretolato – c’è altro a cui pensare. Ci sono i grattacapi che hanno tutti gli altri, certo, come la guerra, la crisi dell’energia, l’inflazione. E poi ci sono alcune cose che invece sono faccenda solo britannica. La più evidente di tutte è il nuovo governo, guidato da Liz Truss.

 

Arrivata a Downing Street tra mille diffidenze, Truss è riuscita, in meno di tre settimane (delle quali una è stata bloccata dal lutto reale) a confermare le previsioni più fosche, a deludere i suoi (pochi) sostenitori, a far crollare la sterlina e a far fuggire gli investitori, spaventati dal suo programma economico in deficit. In tutto questo, come se non bastasse a impensierire la neopremier, c’è il fatto che il partito di opposizione, quel Labour che non tocca palla dai tempi di Tony Blair, ha avuto un’impennata nei sondaggi: più dieci punti solo nelle ultime tre settimane, e un vantaggio complessivo nei sondaggi che supera i 20 punti e arriva persino, nel caso più ottimista (la fonte è YouGov), addirittura a 33 punti: 54 a 21.

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“Quello a cui stiamo assistendo è una sbalorditiva implosione del Partito conservatore – dice al Foglio Matthew Holehouse, che segue le vicende di Westminster per l’Economist – Liz Truss è il quarto leader del partito in dodici anni e, per giunta si ritrova a dover far fronte a una situazione già difficile in partenza, per effetto della crisi energetica e dell’inflazione. Uno status quo che lei stessa ha reso più difficile con la calamità assoluta che è stata la sua legge di budget. Non abbiamo mai avuto un governo che appena insediato fosse così impopolare e mostrasse così poca visione.  Truss dice di richiamarsi a Margaret Thatcher, ma non credo sia corretto: il thathcerismo si fondava su un forte contenimento della spesa pubblica e dell’inflazione, le politiche di Truss evidentemente no”.  

 

A differenza della Thatcher, Liz Truss ha regalato consenso al Labour. “A giudicare dai sondaggi, i laburisti non godevano di così buona salute del 1997 – conferma Holehouse, che però aggiunge: “Non bisogna credere che tutti si siano improvvisamente innamorati del Labour, quanto piuttosto che il leader Keir Starmer sia riuscito nella missione di ricostruire l’immagine del partito dopo le turbolenze del corbynismo e sia riuscito a crearne una più rassicurante, persino inoffensiva, e in questo modo potrebbe essere riuscito non solo a far tornare gli elettori che avevano lasciato il partito, ma anche a farne arrivare di nuovi.

 

Certo, è presto per dire se questo exploit nei sondaggi del Labour sia una bolla o se invece è qui per restare. Ci sono varie cose da considerare. La prima è che la maggioranza conservatrice e il governo non rimarranno con le mani in mano a veder precipitare i sondaggi. La seconda è la volatilità dell’elettorato in questa fase storica. La terza, infine è la capacità di Starmer di tenere unito il partito, tra l’ala corbynista che, seppur ridimensionata, ridotta e esclusa dalla dirigenza del partito, c’è ancora, e quella blairiana.

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Ora che i sondaggi sono così favorevoli, va da sé che il partito è unito, perché il successo è un formidabile collante. Ma se i numeri fossero diversi probabilmente assisteremmo a uno spettacolo diverso. Starmer ne è consapevole e infatti si muove con grande abilità per cercare di non scontentare nessuna delle due anime del partito. La sua idea di compagnia pubblica per le rinnovabili, per esempio, è un ottimo compromesso: può piacere all’ala più di sinistra e corbynana del partito, perché è un progetto di economia statale e pubblica; d’altra parte non scontenta l’ala blairiana perché è comunque mercatista, dal momento che l’idea di Starmer non è nazionalizzare il settore dell’elettricità, ma creare un nuovo soggetto pubblico che competa con quelli privati”. Un partito per il quale la sfida è rimanere unito e competitivo fino alle prossime elezioni, segnate in calendario nel 2024.

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