Foto di Marcelo Chello, via LaPresse 

IN BRASILE

Su Telegram la destra di Bolsonaro si organizza in caso di sconfitta alle urne

Pietro Minto

Sul social network fondato da Pavel Durov trovano spazio i gruppi estremisti grazie alla libertà d'espressione garantita dall'app che permette di diffondere contenuti violenti, anche rivolti a predisporre un possibile colpo di stato

I due grandi eventi del 2016, l’elezione di Trump e Brexit su tutti, furono trascinati in parte da Facebook e dal peso che il social network aveva nel mondo occidentale. Da allora, il panorama è cambiato drammaticamente: Facebook (e persino Instagram) traballano e soffrono la concorrenza di TikTok, il social cinese che ha avuto un discreto peso anche nelle ultime elezioni italiane. C’è però un altro player del settore digitale che sembra aver conquistato una posizione rilevante, tanto da essere stato definito recentemente “l’anti-Facebook” da Wired. 

 

Telegram è un servizio di messaggistica istantanea fondato nel 2013 dall’imprenditore russo Pavel Durov. Oggi ha sede a Dubai e, pur essendo una delle app più scaricate al mondo, con 700 milioni di utenti, l’azienda ha circa 30 dipendenti fissi ed è una società senza scopo di lucro. Ma soprattutto, mentre  ogni altra piattaforma è stata costretta a investire sempre più nella moderazione dei contenuti, Telegram si limita a censurare le minacce dirette di violenza e la pornografia. Tutto il resto si diffonde liberamente nei “canali” dell’app, gruppi tematici dedicati a un argomento.

 

Questo ha reso Telegram il servizio prediletto da alcuni gruppi estremisti, anche in Brasile, paese che il prossimo due ottobre sarà chiamato alle urne per decidere tra il presidente in carica Jair Bolsonaro e l’ex presidente Lula. Su Telegram la libertà d’espressione garantita dall’app di Durov si manifesta anche sotto forma di contenuti sempre più estremi e violenti, alcuni dei quali inneggiano all’intervento militare in caso di sconfitta elettorale di Bolsonaro, o mettono in dubbio la validità delle elezioni.

 

Sono tutti temi che richiamano alla memoria quanto avvenuto a Washington, il 6 gennaio 2021, quando una folla armata di sostenitori di Donald Trump assalì il Campidoglio, rifiutando la vittoria di Joe Biden. Fu una settimana ricca di eventi per il futuro dei social media: all’attacco di Capitol Hill seguì il deplatforming di Trump (che fu rimosso o bandito dai principali servizi digitali); pochi giorni dopo  Whatsapp annunciò un cambiamento dei termini d’utilizzo che convinse molte persone che i loro dati sarebbero finiti nelle mani del social network di Mark Zuckerberg. Così, milioni di utenti cercarono un’alternativa, trovandola proprio in Telegram.

 

L’assenza di controllo ha favorito la diffusione della disinformazione e una certa radicalizzazione di alcuni utenti dell’app, diventando terreno fertile per le posizioni di Bolsonaro. “È evidente che l’estrema destra sia il gruppo che spinge queste narrative violente”, ha spiegato l’attivista brasiliana Flora Rebello Arduini a Wired, sottolineando come il tono del presidente e dei suoi sostenitori siano simili a quelli usati da Trump prima dell’insurrezione. Non è una novità, per Bolsonaro: le elezioni del 2018 furono vinte anche grazie alle fake news che si diffondevano su Facebook e Whatsapp

 

Anche TikTok si sta rivelando cruciale per le elezioni in Brasile. Qui Bolsonaro ha un profilo da ormai un anno dove alterna momenti intimi a infuocati messaggi politici che si diffondono a macchia d’olio grazie al potente algoritmo di ByteDance. Tra i successi virali di questa tornata elettorale, soprattutto su TikTok, c’è un video che mostrerebbe Lula “ubriaco” (in realtà sta bevendo dell’acqua), visto più di sei milioni di volte in pochi giorni. Proprio a causa della disinformazione, lo scorso marzo la Corte suprema brasiliana era arrivata a bandire l’app, poi tornata online.

 

Qualcosa di simile avviene anche su YouTube, che di fatto funziona come archivio di video da condividere poi su Telegram. Per aggirare i (blandi) controlli del sito, l’estrema destra ha imparato a pubblicare i video come “unlisted”, rendendoli quindi accessibili solo tramite l’url, che viene poi copiato e incollato in ogni canale Telegram. In uno di questi video, Bolsonaro semina zizzania e fandonie sul sistema elettorale nazionale, sicuro di poter contare su un app in cui chiunque è libero di esprimere la propria opinione. Ma anche di organizzare un colpo di stato.

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