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Economia a rischio

Dopo l'attacco di Cristina Kirchner, si dimette il ministro argentino Guzmán

Maurizio Stefanini

Il dollaro è ai massimi, l’inflazione pure, ma l’accordo con l’Fmi ha avuto bisogno dei voti dell’opposizione per passare. Aveva salvato l'Argentina dal default, ma ora si è stufato 

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Riuscendo a riscattare 60 miliardi di dollari ai titolari di bond e altri 44,5 al Fondo monetario internazionale, Martín Guzmán aveva salvato l’Argentina dal default e oggi era atteso a Parigi per un incontro col collega francese Bruno Le Maire, per rinegoziare il debito col Club di Parigi. Ma sabato il ministro dell’Economia argentino ha dato, a sorpresa, le dimissioni. Esponente di un’ala più pragmatica che fa capo al presidente Alberto Fernández, a parte affrontare il nodo del debito aveva cercato di prendere misure per rallentare un’inflazione al 60 per cento che a fine anno potrebbe arrivare al 70. Ma era stato criticato e ostacolato dall’ala più radicale dell’amministrazione che fa capo alla vicepresidente (ed ex presidente lei stessa) Cristina Fernández de Kirchner. Addirittura l’accordo siglato con l’Fmi era stato approvato in Congresso col voto della opposizione e il no dei kirchneristi. E a un certo punto, Guzmán si è stufato.
Figlio di un maestro di tennis e di una professoressa di matematica, Martín Guzmán aveva 19 anni quando decise di studiare economia proprio perché sognava di aiutare la sua Argentina a diventare un paese stabile. Laureato a 23 anni, master a 25, postgrado a 31 con una tesi sulle crisi finanziarie, tra i 31 i i 34 anni post dottorato alla Columbia University con il Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, Guzmán fu proprio definito “pupillo di Stiglitz” quando, a 37 anni, il 10 dicembre del 2019, fu designato a gestire l’economia in quella amministrazione “Fernández-Fernández” che era arrivata al governo dopo la sconfitta di Mauricio Macri. Ma le elezioni di mezzo termine sono state invece, lo scorso novembre, un disastro per il Frente de Todos neoperonista (assolutamente in linea con le tendenze in America Latina: sta perdendo chiunque stia al potere, di sinistra o di destra) e sono partiti i regolamenti di conti interni alla maggioranza.   


Il tweet di rinuncia di Guzmán è arrivato dopo che Cristina Kirchner aveva attaccato lui e Fernández durante un comizio per i 48 anni dalla morte di Juan Domingo Perón. Giovedì Guzmán aveva fatto al presidente la richiesta di agire in tempi rapidi per adeguare le tariffe e mettere sotto controllo l’energia, dicendosi inoltre contrario a ogni blocco dei prezzi. Passate 48 ore senza risposta, dopo la bordata della vicepresidente, ha inviato la lettera di rinuncia. Inutile la preghiera di Fernández di resistere: “Con Cristina contro non posso fare niente”, avrebbe detto Guzmán.    
Secondo l’ex ministro, dopo aver tanto tuonato contro il Fmi, Cristina non vuole prendersi la responsabilità elettorale degli accordi con esso e in ciò è trascinata dal figlio Máximo, che per questo motivo il 31 gennaio si era dimesso da capogruppo del Frente de Todos alla Camera. A maggio, quando Guzmán aveva provato a tagliare i sussidi, il sottosegretario all’Energia Federico Basualdo, fedelissimo di Cristina, si era opposto. Il ministro chiese di cacciarlo: invano. “I sussidi all’energia aiutano i ricchi in un paese che ha il 57 per cento di povertà infantile”, provò a insistere. “Stiamo consumando in sussidi per la luce e il gas, risorse per un settore che non è prioritario, in quartieri dove vive gente di alto reddito”. Niente da fare. Per il kirchnerismo, aver mantenuto gli aumenti delle tariffe a livelli tra il 6 e il 9 per cento è uno slogan con cui fare campagna elettorale. 


Da lì una escalation di altri scontri, un po’ su tutto. A giugno, aveva già lasciato il governo per motivi simili il ministro dello Sviluppo produttivo Matías Kulfas. Un segnale eloquente: la nuova ministra Silvina Batakis, è considerata una fedelissima di Cristina, anche se ha subito chiarito che l’accordo con il Fmi sarà rispettato. Nata in Terra del Fuoco, origini greche, master in Economia ambientale all’Università inglese di York, è stata ministro dell’Economia della provincia di Buenos Aires e sottosegretaria alle Province nel ministero dell’Interno. 
Club di Parigi e inflazione a parte, il dollaro in questo momento è ai massimi storici dopo che la Banca centrale, per proteggere le scarse riserve, ha deciso di imporre maggiori restrizioni all’accesso delle imprese alla valuta estera per pagare le importazioni.

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