L'Eurogruppo riapre il cantiere dell'Unione bancaria

David Carretta

L’Italia può avere la garanzia europea sui depositi, ma oltre che tempo dovrà accettare pillole amare per la politica: la risoluzione delle banche nelle mani dell'Ue e una “tassa” sui titoli di stato comprati dalle banche

Bruxelles. I ministri delle Finanze della zona euro lunedì riapriranno il cantiere per completare l'Unione bancaria e arrivare finalmente a una garanzia europea sui depositi. Ma il percorso che il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe, intende mettere sul tavolo dei ministri comporta almeno due pillole amare per l'Italia. Se Mario Draghi e Daniele Franco hanno ben chiara l'importanza dell'unione bancaria e della garanzia europea sui depositi, i partiti che sostengono la maggioranza potrebbero rivoltarsi di fronte ai trade-off che Donohoe ha individuato per convincere la Germania e altri paesi ostili alla condivisione dei rischi. In sostanza, il presidente dell'Eurogruppo propone di affidare alle istituzioni della zona euro l'intero processo di risoluzione delle banche in crisi, togliendo alle autorità nazionali ogni margine di discrezionalità, e introdurre una sorta di “addebito” per le banche che detengono titoli di stato, che almeno all'inizio sia calibrata sul rating sovrano. E' “una proposta di compromesso che equilibra gli interessi degli stati membri in modo equo”, spiega al Foglio una fonte dell'Eurogruppo. Ma “non sarà un pacchetto facile. La discussione politica sarà difficile. per diverse ragioni”. Non solo “le questioni sono straordinariamente complicate e interconnesse dal punto di vista tecnico”, ma sono “molto sensibili politicamente”, dice la fonte.

 

In una riunione straordinaria in teleconferenza, Donohoe presenterà ai ministri una bozza di dichiarazione dell'Eurogruppo con le misure e il calendario per completare l'Unione bancaria. La bozza – di cui il Foglio è entrato in possesso – prevede due fasi temporali per avanzare su quattro blocchi di temi: la gestione delle crisi bancarie, la protezione dei depositi, il mercato unico dei servizi bancari e la diversificazione dei portafogli sovrani. In caso di accordo dei ministri delle Finanze, la prima fase dovrebbe aprirsi già a fine anno con una serie di proposte legislative da parte della Commissione, che dovrebbero essere adottate entro la fine della legislatura ed entrare in vigore nel 2025. La seconda fase dovrebbe scattare tre anni dopo, cioè nel 2028, ma solo se tutti gli stati membri avranno dato il loro assenso a seguito di un "checkpoint" politico per determinare se ci sono le condizioni per terminare il lavoro. Altrimenti, il completamento dell'Unione bancaria verrà rinviato di anno in anno.

 

Sulla garanzia dei depositi, la bozza prevede di creare un Fondo di assicurazione europeo dei depositi, gestito dal Single Resolution Board e finanziato dalle banche. Nella prima fase, il suo compito dovrebbe "complementare gli Schemi di garanzia dei depositi nazionali”. Ma, nei primi tre anni, il Fondo europeo si limiterebbe a fornire liquidità ai fondi nazionali, sulla base di "limiti e condizioni predefiniti" e nella forma di "prestiti rimborsabili". Secondo la bozza di Donohoe, è solo nella seconda fase che verrebbe introdotta una vera condivisione dei rischi con "una funzione di riassicurazione da parte del Fondo europeo per i fondi di garanzia nazionali". Il documento spiega che "il Fondo europeo di assicurazione dei depositi assumerà gradualmente i rischi legati alla protezione dei depositanti nell'Unione bancaria e coprirà le perdite che derivano dalla protezione dei depositanti e dal finanziamento della risoluzione degli istituti di credito".

 

Per l'Italia la pillola più amara riguarda il quarto blocco della bozza di Donohoe: la diversificazione dei portafogli sovrani delle banche. L'obiettivo è migliorare la stabilità finanziario, limitando ulteriormente il nesso tra rischi bancari e rischi sovrani. Tradotto concretamente, però, significa ridurre i titoli di stato che ciascun istituto di credito compra, ancor più quelli del suo paese. Nella prima fase delineata da Donohoe, le banche che hanno in bilancio titoli di stato con rating bassi dovrebbero versare un contributo più alto al Fondo europeo di assicurazione dei depositi. Nella seconda fase, "l'addebito" sarebbe calcolato solo sulla quantità di debito pubblico detenuto, senza tenere conto del rating e riguarderebbe "concentrazioni molto alte di titoli sovrani". Del resto, questo è il prezzo che sin dall'inizio del dibattito sul completamento dell'Unione bancaria, la Germania chiede di pagare per condividere i rischi con i paesi del sud.

 

Per la politica italiana (e in parte il suo sistema bancario) la proposta di Donohoe più difficile da accettare rischia di essere quella sulla gestione delle crisi bancarie. Di fatto i poteri di risoluzione verrebbero trasferiti sempre di più verso l'Ue e le sue istituzioni, armonizzando le regole per tutti gli stati membri. Alla fine, scomparirebbero misure come la liquidazione coatta amministrativa, che in Italia ha consentito di evitare il bail-in per obbligazionisti ordinari e depositi delle due banche venete. Per la prima fase, la bozza del presidente dell'Eurogruppo prevede di "armonizzare l'opzione di usare i fondi di garanzia dei depositi nazionali" per i salvataggi bancari: le autorità nazionali, se vogliono ricorrere a eccezioni, dovrebbero dimostrare che costa meno della risoluzione prevista a livello europeo. Inoltre, gli aiuti dovrebbero servire a far uscire dal mercato le banche in fallimento, non a mantenerle a galla. Non è detto che, con queste regole, Montepaschi sarebbe sopravvissuta. Il documento di Donohoe prevede che nella seconda fase sia il Single Resolution Board ad autorizzare l'uso dei fondi nazionali di garanzia dei depositi per i salvataggi bancari e a condurre i test sul minor costo degli interventi diversi dalla risoluzione. Le decisioni verrebbero tutte prese a Bruxelles, e non più a Roma o nelle altre capitali.

 

I ministri dell'Eurogruppo dovranno anche trovare un accordo sui tempi per passare dalla fase uno alla fase due. La proposta Donohoe prevede di fare una verifica ("checkpoint") politica tre anni dopo l'inizio della prima fase. Oltre a una valutazione sull'attuazione della prima fase, si dovrebbero considerare i progressi nella riduzione dei rischi, lo stato di salute del settore bancario e i costi di non passare alla seconda fase. La decisione dovrebbe essere presa "su base consensuale". Se non c'è accordo, la valutazione dovrebbe essere effettuata nuovamente "ogni anno". Questo significa che l completamento dell'Unione bancaria potrebbe slittare ben oltre il 2028. Per il negoziato, dentro l'Eurogruppo c'è la consapevolezza che i calendari elettorali sono un problema. Del resto, Donohoe ha presentato la sua proposta dopo le elezioni in Germania e Francia. Resta l'incognita del voto in Italia nel 2023, ma Draghi a Palazzo Chigi e Franco a Via XX Settembre sono considerati come una finestra di opportunità. “Speriamo di convincere i nostri amici in Italia che questo progetto è nel loro interesse”, dice la fonte dell'Eurogruppo.