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Da Dresda al Mar Nero

Benvenuti in Putinstan! L’inchiesta di Navalny sul “Palazzo per Putin”

Il casinò privato, la spa, la pole dance, il campo da hockey sotterraneo. Secondo la Fondazione anticorruzione il presidente ha costruito una tenuta sul Mar Nero grande trentanove volte il principato di Monaco con i soldi delle tangenti di uomini messi ai vertici della nazione

Micol Flammini

Il più noto tra gli oppositori di Russia vuole stanare lo zar e pungolare i russi dove fa più male: la corruzione. Il video pubblicato ieri sul "regno" del presidente è una chiamata alla protesta, più il capo del Cremlino si nasconde, più i navalniani alzano la posta

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Roma. Per portare fuori dalla sua tana Vladimir Putin, che finora non ha commentato il rientro e l’arresto del “paziente di Berlino”, il più noto tra gli oppositori di Russia, Alexei Navalny, al suo secondo giorno in carcere ha pubblicato tramite la sua Fondazione anticorruzione un’inchiesta enorme che ha come oggetto un “palazzo per Putin”. In due ore di video Navalny parla del passato del presidente, del suo palazzo costruito, secondo l’inchiesta, con i soldi delle tangenti di uomini poi messi a capo di vari settori strategici della Russia, e delle donne del presidente. Sul passato a Dresda,  già molti giornalisti si erano divertiti a raccogliere dettagli utili a far capire come il presidente non fosse altro che un piccolo agente del Kgb, con nessuna mansione importante, spesso messo a svolgere ruoli burocratici. Ma non per questo aveva perso la possibilità di arricchirsi e di conoscere, usando il suo poco potere, un po’ di quell’ovest così vicino ma le cui comodità erano precluse in Unione sovietica. Sulla vita di Putin a Dresda ha lavorato personalmente Navalny approfittando dei mesi trascorsi in Germania. Navalny è andato a visitare gli archivi della Stasi, è andato davanti al palazzo in cui vivevano i Putin, ha raccolto le prove e i racconti di una vita di feste, di brindisi, di amicizie che poi il presidente si è portato dietro per tutta la vita. Non per  fedeltà, ma perché è stato in grado di creare un sistema di equilibri fatto di promesse, di regali, di ricatti che sono alla base del putinismo. Non era il più brillante, ma probabilmente il più ambizioso. 

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Roma. Per portare fuori dalla sua tana Vladimir Putin, che finora non ha commentato il rientro e l’arresto del “paziente di Berlino”, il più noto tra gli oppositori di Russia, Alexei Navalny, al suo secondo giorno in carcere ha pubblicato tramite la sua Fondazione anticorruzione un’inchiesta enorme che ha come oggetto un “palazzo per Putin”. In due ore di video Navalny parla del passato del presidente, del suo palazzo costruito, secondo l’inchiesta, con i soldi delle tangenti di uomini poi messi a capo di vari settori strategici della Russia, e delle donne del presidente. Sul passato a Dresda,  già molti giornalisti si erano divertiti a raccogliere dettagli utili a far capire come il presidente non fosse altro che un piccolo agente del Kgb, con nessuna mansione importante, spesso messo a svolgere ruoli burocratici. Ma non per questo aveva perso la possibilità di arricchirsi e di conoscere, usando il suo poco potere, un po’ di quell’ovest così vicino ma le cui comodità erano precluse in Unione sovietica. Sulla vita di Putin a Dresda ha lavorato personalmente Navalny approfittando dei mesi trascorsi in Germania. Navalny è andato a visitare gli archivi della Stasi, è andato davanti al palazzo in cui vivevano i Putin, ha raccolto le prove e i racconti di una vita di feste, di brindisi, di amicizie che poi il presidente si è portato dietro per tutta la vita. Non per  fedeltà, ma perché è stato in grado di creare un sistema di equilibri fatto di promesse, di regali, di ricatti che sono alla base del putinismo. Non era il più brillante, ma probabilmente il più ambizioso. 

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La parte centrale e più corposa dell’inchiesta è dedicata a una tenuta, un “regno”, come lo chiama Navalny, grande come “trentanove volte il principato di Monaco” sul Mar Nero, nella regione di Krasnodar,  con confini propri, le guardie – uomini dell’Fsb – un porto e un eliporto. Nel complesso ci sono  anche una chiesa, una palestra, una piscina, un allevamento di ostriche, un campo da hockey tutto sottoterra, una serra per la vigna, una spa e poi c’è il palazzo. Nel palazzo mobili costosissimi, la maggior parte di designer italiani, letti con il baldacchino, vasche da bagno, un casinò e anche un localino per gli spogliarelli. Il regno di Putin, questo mondo protetto dai suoi confini e da una fly zone, sarebbe stato costruito con i soldi delle tangenti che Putin avrebbe ottenuto da uomini ben posizionati nei posti più rilevanti delle istituzioni russe, delle società strategiche, delle banche, i cui nomi vengono fatti nell’inchiesta. Gli amici di sempre, dalla scuola a Dresda, da San Pietroburgo a Mosca. Di questo sistema clientelare,  il complesso, il Putinstan, sarebbe il prodotto tangibile, costato cento miliardi di rubli, oltre un miliardo di euro. 

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La Fondazione anticorruzione di  Navalny in passato aveva realizzato altre inchieste: la più importante era sulle ricchezze da capogiro dell’ex premier ed ex presidente Dmitri Medvedev. E’ la prima volta che le indagini si avvicinano così tanto a Putin, fino a entrare nel suo mondo di ricchezze smisurate e pacchiane, frutto di anni di corruzione. Navalny spiega che l’inchiesta “verrà pubblicata soltanto quando tornerò a casa, a Mosca, perché non vogliamo che il protagonista di questo filmato pensi che abbiamo paura di lui”. Il protagonista è Putin, i due non si nominano mai per nome. Navalny è tornato in Russia domenica dopo cinque mesi trascorsi in Germania, dove era stato portato in seguito a un tentato omicidio. Le indagini condotte da alcuni siti di inchiesta hanno dimostrato che i servizi segreti russi seguivano Navalny da anni, e che nel suo ultimo viaggio a Tomsk gli avrebbero messo del Novichok, un agente nervino, nelle mutande. Ad ammetterlo è stato un agente che faceva parte dell’operazione, ha confessato tutto durante una telefonata in cui pensava di parlare con un suo superiore, ma all’altro capo del telefono c’era Navalny. Il leader della Fondazione, nonostante i rischi, è tornato in Russia, lunedì durante un processo  improvvisato è stato condannato a trenta giorni di carcere da trascorrere nella prigione Matrosskaya Tishina e ha chiesto ai suoi sostenitori di scendere in piazza sabato in tutte le principali città. 

Il video serve ad attirare l’attenzione, a dare un affresco del putinismo, ad abbatterne  la mitologia degli anni nei servizi, a descrivere la corruzione di oggi, un argomento che fa arrabbiare molto i russi. Tra i due, Putin e Navalny, è iniziata una guerra, quello che si espone però è Navalny. Quello che attacca è Navalny. Quello presente è Navalny e con questa inchiesta ha deciso di alzare la posta. Vuole portare Putin fuori dal silenzio e fuori dal suo bunker. Più Navalny rischia, più Putin sembra  rintanato e confuso, invecchiato e lontano.  Ieri, mentre i navalniani facevano uscire l’inchiesta e le immagini dello sfarzo del presidente, a un orario che sembrava quasi più un messaggio ai giornalisti stranieri che ai cittadini russi – Navalny vorrebbe che i paesi occidentali emanassero  sanzioni  mirate contro alcuni uomini vicini a Putin e ha anche fatto una lista  – il presidente si gettava nell’acqua gelida, come di rito il giorno dell’Epifania ortodossa, e si faceva riprendere dalle televisioni vicine al Cremlino. Guardando le immagini qualcuno  sui social ironizzava: “Guardate, ha le mutande blu, le stesse in cui hanno messo il veleno a Navalny”. 

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(foto da palace.navalny.com)
 

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