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In difesa del’Ue sui vaccini

David Carretta

L’Europa ha adottato una politica di diversificazione per contenere i rischi, ha evitato la concorrenza tra paesi e ha abbassato i costi. La gestione dei due “imbuti”

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La Commissione europea ieri ha annunciato di aver avviato delle discussioni con Pfizer e BioNTech per la fornitura di altre dosi oltre ai 300 milioni già acquistati, mentre l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) deve dare il suo parere su Moderna domani. Di fronte a una serie di critiche per il ritardo rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, l’Ue sembra voler rispondere con i fatti alle polemiche sulle modalità con cui ha gestito l’acquisto e l’autorizzazione dei vaccini a nome dei 27 stati membri. Angela Merkel ieri ha ribadito la sua fiducia nella Commissione: “Abbiamo coscientemente scelto un approccio congiunto con i nostri partner nell’Ue” e “siamo convinti che questa fosse e sia la cosa giusta”, ha detto il portavoce della cancelliera. Ma gli attacchi in Germania e altrove si stanno moltiplicando.

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La Commissione europea ieri ha annunciato di aver avviato delle discussioni con Pfizer e BioNTech per la fornitura di altre dosi oltre ai 300 milioni già acquistati, mentre l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) deve dare il suo parere su Moderna domani. Di fronte a una serie di critiche per il ritardo rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, l’Ue sembra voler rispondere con i fatti alle polemiche sulle modalità con cui ha gestito l’acquisto e l’autorizzazione dei vaccini a nome dei 27 stati membri. Angela Merkel ieri ha ribadito la sua fiducia nella Commissione: “Abbiamo coscientemente scelto un approccio congiunto con i nostri partner nell’Ue” e “siamo convinti che questa fosse e sia la cosa giusta”, ha detto il portavoce della cancelliera. Ma gli attacchi in Germania e altrove si stanno moltiplicando.

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L’Ue è stata troppo lenta e burocratica rispetto al Regno Unito che ha somministrato le prime dosi l’8 dicembre e ieri ha iniziato ad utilizzare anche AstraZeneca? L’Ue è stata troppo avara quando ha rifiutato centinaia di milioni di dosi offerte da Pfizer durante l’estate? L’Ue ha puntato sui vaccini sbagliati quando ha firmato contratti con Sanofi-Gsk? Per rispondere a queste domande, in realtà, occorre partire da un altro interrogativo: cosa sarebbe accaduto se a gestire l’acquisto dei vaccini non fosse stata l’Ue, ma singolarmente i 27 governi degli stati membri? Per quanto ci siano stati intoppi ed errori, la strategia sui vaccini della Commissione sta funzionando. Il suo successo in tempi rapidi dipende da due “imbuti” su cui Bruxelles ha poche o nessuna leva: le capacità produttive delle case farmaceutiche e le capacità di vaccinazione dei singoli paesi.

   
All’inizio dei negoziati con le case farmaceutiche, quando ancora si contavano i morti della prima ondata, l’Ue si era messa d’accordo su due princìpi fondamentali nella strategia sui vaccini. Il primo è che sarebbe stata la Commissione a organizzare l’acquisto delle dosi a nome dei 27 per evitare una corsa nazionalistica che avrebbe messo gli stati membri l’uno contro l’altro, nel momento in cui attori molto più potenti come gli Stati Uniti si stavano accaparrando tutti i vaccini. L’alternativa del ciascuno per sé avrebbe forse permesso alla Germania di acquistare più dosi di quante ne hanno ora. Ma si sarebbe creata una profonda spaccatura dentro l’Ue tra paesi ricchi e meglio organizzati in grado di uscire rapidamente dall’emergenza sanitaria grazie a vaccini comprati a qualsiasi prezzo e il resto d’Europa bloccato nel lockdown perché senza le risorse finanziarie per permettersi decine di milioni di dosi. La posta in gioco era economica: sui vaccini l’Ue deve “agire in modo coeso perché siamo un continente unito con libertà di movimento di persone e merci”, ha spiegato ieri il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer. Il mercato interno, già malmenato dalle diverse capacità fiscali degli stati membri per rispondere alla crisi, sarebbe stato ulteriormente compromesso. Ma il contraccolpo più duro sarebbe stato politico, con accuse di egoismo e mancanza di solidarietà molto più forti di quelle su mascherine e respiratori. Alla fine, sorprendendo molti, l’Ue è riuscita a firmare sei contratti per quasi due miliardi di dosi: un quantitativo più che sufficiente per vaccinare i suoi 450 milioni di cittadini. Il prezzo pagato dall’Ue è inferiore a quello che le case farmaceutiche hanno negoziato con Stati Uniti e Regno Unito. La chiave di ripartizione è ugualitaria: le dosi vengono distribuite pro rata in base alla popolazione, malgrado il fatto che alcuni paesi siano più pronti di altri con la vaccinazione nazionale. 

 
Secondo principio: l’Ue ha deciso di rivolgersi al maggior numero possibile di case farmaceutiche che stavano sviluppando vaccini considerati promettenti al fine di diversificare il rischio ed evitare di ritrovarsi senza dosi per aver scommesso sul cavallo sbagliato. “La filosofia di base della nostra strategia è stata di assicurare un portafoglio il più diversificato possibile”, ha spiegato il portavoce della Commissione per la Sanità, Stefan de Keersmaecker. I negoziati con le cause farmaceutiche sono iniziati nel corso dell’estate “in un momento di elevata incertezza”: all’epoca nessuno sapeva quale vaccino sarebbe stato valutato dall’Ema come sicuro ed efficace e ancor meno quale sarebbe stato autorizzato per primo. Il risultato è un portafoglio ampio, con diverse tecnologie: oltre ai 300 milioni di dosi di Pfizer-BioNTech e ai 160 milioni di Moderna, l’Ue ha nel suo portafoglio 400 milioni di vaccini di AstraZeneca, 300 milioni di Sanofi-Gsk, 400 milioni di Johnson & Johnson. La Commissione sta finalizzando il contratto per l’acquisto di 200 milioni di dosi di Novavax. Finora solo Sanofi-Gsk ha annunciato un ritardo significativo.

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La strategia dei vaccini della Commissione “è stata sostenuta al più alto livello dagli stati membri”, dice de Keersmaecker. Tradotto: sono stati i capi di stato e di governo e i loro ministri della Sanità a dare il via libera alla diversificazione del rischio. Non solo: nei negoziati la Commissione è stata affiancata da uno “steering board” composto dai rappresentanti degli stati membri. In ogni singola fase delle trattative con le case farmaceutiche – quantità di dosi, modalità di distribuzione, prezzo – le capitali hanno potuto dire la loro. Ed è qui che sono emersi problemi. Secondo un’inchiesta dello Spiegel, la Francia ha insistito con la Commissione per effettuare un maxi ordine con la sua Sanofi. L’Italia non ha mai nascosto di prediligere AstraZeneca, non solo per la collaborazione con la Irbm di Pomezia, ma anche per ragioni logistiche (le dosi di Pfizer-BioNTech e Moderna devono essere conservate a meno 80 gradi centigradi e comportano un’organizzazione molto più complessa dei vaccini tradizionali). Alcuni paesi dell’est hanno protestato per i prezzi troppo alti di Pfizer-BioNTech e Moderna. “Questo negoziato è stato condotto insieme agli stati membri e tenendo conto dei loro desideri e di vantaggi e svantaggi delle varie tecnologie”, ha ricordato Mamer, il portavoce capo della Commissione.

  

Rimangono i colli di bottiglia. Su quelli a monte la Commissione sta cercando di trovare soluzioni per finanziare nuovi impianti di produzione, ma oltre al denaro serve tempo. Su quelli a valle, la Commissione ha cercato invano di giocare d’anticipo inviando a ottobre le sue raccomandazioni sui piani nazionali di vaccinazione con i dettagli per la logistica, la formazione del personale sanitario, l’individuazione delle categorie a rischio. Ma l’Ue non ha competenze: la vaccinazione è nelle mani dei governi nazionali. “Nel momento in cui si  accusa l’Ue di aver fallito, ci sono centinaia di migliaia di dosi stoccate nei frigoriferi perché le autorità nazionali non sono ancora pronte alla vaccinazione di massa”, dice al Foglio un funzionario europeo.

 

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