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I servizi (non più) segreti di Mosca, senza spie e con troppi mercenari

“Vengono colti in flagrante ma non ne hanno paura, questo ha fornito al Cremlino una specie di protezione”. Le spie vere non vogliono essere scoperte, questi nuovi agenti invece non si curano di essere smascherati

Micol Flammini

Da Salisbury a Navalny, la teoria di due giornalisti russi per spiegare come, anziché alzare il livello di sicurezza delle proprie agenzie di intelligence, Mosca avrebbe deciso di eliminarlo

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Durante la conferenza stampa di fine anno di giovedì scorso, Vladimir Putin avrebbe potuto rispondere in vari modi alle domande sull’avvelenamento di  Navalny e, visto che la domanda gli è stata posta anche da un giornalista a lui molto vicino, Putin avrebbe anche potuto decidere di non affrontare l’argomento. Invece, alla domanda, che voleva essere una domanda su tutti gli scandali – la figlia illegittima, l’amante ai vertice della Banca di San Pietroburgo e  anche Navalny – il presidente ha risposto che tutti sanno che “il paziente di Berlino” lavora al soldo dei servizi americani, ma non per questo va ucciso. “A chi servirebbe? Se noi avessimo voluto ucciderlo, lo avremmo fatto”. Il problema sta proprio qui, che non soltanto probabilmente non ci sono riusciti, ma che si sono anche fatti smascherare da una squadra di giornalisti molto bravi e con tanti agganci, che ha impiegato soltanto quattro mesi a concludere l’inchiesta. Nelle indagini condotte da Bellingcat, The Insider, Cnn e lo Spiegel viene fuori che una squadra dei servizi segreti russi è responsabile dell’avvelenamento di Alexei Navalny, che da quattro anni veniva seguito da sette uomini dell’Fsb. Che un’agenzia di intelligence sia stata scoperta in questo modo  è un segnale grave delle sue carenze.  

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Durante la conferenza stampa di fine anno di giovedì scorso, Vladimir Putin avrebbe potuto rispondere in vari modi alle domande sull’avvelenamento di  Navalny e, visto che la domanda gli è stata posta anche da un giornalista a lui molto vicino, Putin avrebbe anche potuto decidere di non affrontare l’argomento. Invece, alla domanda, che voleva essere una domanda su tutti gli scandali – la figlia illegittima, l’amante ai vertice della Banca di San Pietroburgo e  anche Navalny – il presidente ha risposto che tutti sanno che “il paziente di Berlino” lavora al soldo dei servizi americani, ma non per questo va ucciso. “A chi servirebbe? Se noi avessimo voluto ucciderlo, lo avremmo fatto”. Il problema sta proprio qui, che non soltanto probabilmente non ci sono riusciti, ma che si sono anche fatti smascherare da una squadra di giornalisti molto bravi e con tanti agganci, che ha impiegato soltanto quattro mesi a concludere l’inchiesta. Nelle indagini condotte da Bellingcat, The Insider, Cnn e lo Spiegel viene fuori che una squadra dei servizi segreti russi è responsabile dell’avvelenamento di Alexei Navalny, che da quattro anni veniva seguito da sette uomini dell’Fsb. Che un’agenzia di intelligence sia stata scoperta in questo modo  è un segnale grave delle sue carenze.  

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I giornalisti di inchiesta russi Andrei Soldatov e Irina Borogan, in un rapporto pubblicato sul sito Moscow Times, hanno provato a spiegare perché al Cremlino sembra non interessare quanto poco siano sicure le agenzie di intelligence. Due anni fa anche il tentativo di uomini del Gru, l’intelligence militare, di avvelenare a Salisbury, in Inghilterra, l’ex spia russa Sergei Skripal, era stato scoperto da Bellingcat e da The Insider, che, come in altre occasioni, avevano fornito nomi, indirizzi, volti e gradi degli agenti. Anche in quel caso il Cremlino si limitò a negare.  I suoi uomini si erano fatti scoprire dopo aver portato un agente nervino in un paese straniero. Non ci furono licenziamenti e ugualmente non ce ne sono stati questa volta: la permeabilità dei servizi russi sembra non rappresentare  un rischio per il   Cremlino. 

 

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Secondo Soldatov e  Borogan, in un momento in cui la lotta tra le agenzie di intelligence dei vari paesi diventava sempre più capillare, la Russia anziché adattarsi ha abbassato lo standard. Per vincere c’era bisogno di uomini ben addestrati: uno sforzo costoso e i cui risultati si vedono nel lungo termine. La scelta di Mosca sarebbe stata quella di reclutare agenti con poco addestramento, “la cui durezza si combina con la lealtà e la passione per l’avventura”. Questo nuovo reclutamento è iniziato nel 2010, sotto la presidenza di Dmitri Medvedev, quando  fu deciso anche di declassare e tagliare personale dell’intelligence militare. Con Putin tornato presidente nel 2012, il ministro della Difesa Shoigu aveva deciso di potenziare i servizi, ma voleva farlo in fretta e andò a cercare reclute pronte e disponibili, tutte dalle forze speciali. Questi ragazzi non avevano la preparazione della spia ma del mercenario. “Erano ragazzi duri e brutali, coraggiosi e pronti a uccidere”. La prevalenza di questa nuova tipologia di agenti ha anche cambiato il modus operandi dell’intelligence di Mosca. 

 

La trasparenza è sempre stata la minaccia principale dello spionaggio, ma anziché alzare il livello di sicurezza, Mosca avrebbe deciso di eliminarlo: “Vengono colti in flagrante ma non ne hanno paura, questo ha fornito al Cremlino una specie di protezione”. Le spie vere non vogliono essere scoperte, questi nuovi agenti invece non si curano di essere smascherati, addestrarli  è  semplice ed economico. Sono mercenari dello spionaggio. Putin, concludono Soldatov e Borogan, è un ufficiale dell’intelligence addestrato e capisce bene la distinzione tra una spia e un mercenario, ma se sei il capo di un paese già accusato di molte cose, un’altra accusa non farà la differenza. Anzi, il fatto che i servizi segreti siano diventati così incauti ha anche un effetto “intimidatorio”.

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