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Chi sono gli asiatici che rivogliono Trump alla Casa Bianca

Luciana Grosso

Repubblicani per tradizione, i filippini e i vietnamiti americani sono pronti a sostenere di nuovo il presidente che sa bene come corteggiarli (anche con gli attacchi alla Cina)

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Ed eccoci qui, a parlare ancora di Donald Trump, e del fatto che, a dispetto di quel che dicono i sondaggi e il buon senso, il prossimo novembre, il presidente potrebbe tirar fuori dal cilindro un qualche coniglio magico e confermarsi alla Casa Bianca. Lo facciamo un po’ perché di Trump non ci fidiamo, un po’ perché non ci siamo ancora ripresi dal 2016, un po’ perché abbiamo capito che la statistica è una scienza sì numerica, ma non esatta, e che i sondaggi (ormai lo sappiamo, Lorenzo Pregliasco lo ripete in ogni dove) ‘fotografano la realtà di oggi, non prevedono il futuro’. Così osserviamo tutto l’osservabile, i voti, ma anche i sospiri, le sopracciglia che si inarcano, e soprattutto gruppi sociali che si spostano.

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Ed eccoci qui, a parlare ancora di Donald Trump, e del fatto che, a dispetto di quel che dicono i sondaggi e il buon senso, il prossimo novembre, il presidente potrebbe tirar fuori dal cilindro un qualche coniglio magico e confermarsi alla Casa Bianca. Lo facciamo un po’ perché di Trump non ci fidiamo, un po’ perché non ci siamo ancora ripresi dal 2016, un po’ perché abbiamo capito che la statistica è una scienza sì numerica, ma non esatta, e che i sondaggi (ormai lo sappiamo, Lorenzo Pregliasco lo ripete in ogni dove) ‘fotografano la realtà di oggi, non prevedono il futuro’. Così osserviamo tutto l’osservabile, i voti, ma anche i sospiri, le sopracciglia che si inarcano, e soprattutto gruppi sociali che si spostano.

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Tra questi, moltissimo, potrebbe contare quello degli elettori asiatici, che, eccezion fatta per i ragazzi tra i 20 e i 30 anni, appaiono  tutti o quasi schierati dal lato di Donald Trump: secondo uno studio del 2018 di Asian American Pacific Islands Data, il 48 per cento dei filippini e vietnamiti americani ha affermato di avere una percezione favorevole del Partito repubblicano. 

 

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  (fonte aapidata.com)

 

A scriverlo, preoccupata ma non stupita, è la CNN che riporta come l’elettorato asiatico (in particolare vietnamita e in particolare quello più avanti con gli anni) è da sempre, per anticomunismo congenito, sostenitore del Partito repubblicano e entusiasta fan del presidente Donald Trump, il più anticinese di sempre. 

  

Trump queste cose le sa: sa che gli asiatici anziani votano per lui e sa che sono tanti. Dunque si sta dando da fare per conquistarli: il suo recente blastare la Cina (la chiusura del consolato cinese a Houston, la guerra a TikTok e WeChat) va in questa direzione. Così come pure in questa direzione va la sua serrata corte a quei voti, per esempio con la nascita dei comitati Asians for Trump.

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Logo Asian Gop

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Scrive la CNN che “Le numerose scaramucce commerciali, diplomatiche e militari dell'amministrazione Trump con la Cina negli ultimi quattro anni hanno solo reso ancor più caro Trump a questo blocco di elettori. Molti di loro considerano la Cina una minaccia comunista e Trump un leader forte disposto a resistere alle capacità di Pechino”.
A questo punto però, assodato il favore asiatico verso Trump occorre comprende se e quanto questo favore verso Trump possa pesare sul voto finale.

 

In merito si aprono scenari interessanti. Dal punto di vista numerico, in primo luogo, e poi da quello politico. Per quel che riguarda i numeri occorre tenere presente che gli elettori asiatici sono tanti (circa il 5 per cento) e in crescita (+139 per cento dal 2000 a oggi; gli elettorati bianco e nero, nello stesso periodo, sono cresciuti rispettivamente del 33 per cento e del 7 per cento).

 

(Fonte www.pewresearch.org)

 

Per quel che riguarda la politica, invece, occorre tenere presente che esiste una frattura generazionale profonda tra gli asiatici over 50 e quelli più giovani, spesso nati o cresciuti in America. I primi portano con loro il ricordo preciso, e il rigetto, di tutto ciò che possa essere anche solo lontanamente assimilato al comunismo o al socialismo. I secondi, invece, sono profondamente americani, imbibiti della cultura liberal in cui sono cresciuti e di cui Trump è la negazione vivente. Per questo, se fino al 2008, il voto asiatico andava compattamente ai repubblicani, da Obama in poi si è verificato un progressivo scivolamento verso i democratici, tanto che, nel 2016, il 65 per cento degli asiatici ha votato Clinton. La sfida, per i Repubblicani e soprattutto per Trump, è riguadagnare quei voti. E il modo scelto per farlo è il solito: offrire non un paese o un ideale da costruire, ma un nemico da spolpare e odiare. Nel 2016  ha funzionato, chissà che non funzioni ancora.

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