Bruxelles, Theresa May e il presidente della Commisione europea Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)

L'Ue fa un'ultima offerta (seria) sulla Brexit, ma la May è in panico

David Carretta

Inizia la settimana cruciale sul divorzio del Regno Unito dall’Europa. Tutto si gioca a Londra, dove continuano le giravolte

Bruxelles. Il diciannovesimo giorno prima della Brexit è stato la sintesi degli ultimi due anni e mezzo di negoziati di Theresa May: una serie caotica e confusa di giravolte e colpi di scena, senza una strategia, se non quella di sopravvivere ai falchi del suo Partito conservatore, rinviando il momento della verità per il Regno Unito sull’uscita dall’Unione europea. Il premier britannico che doveva “riprendere il controllo” del paese ha perso il controllo di Westminster, dei Tory e perfino del suo governo, al punto che molti parlano di dimissioni imminenti. La giornata di ieri doveva essere decisiva per arrivare a un’intesa che permettesse a May di strappare qualche consenso in più oggi ai Comuni a favore del suo accordo sulla Brexit.

 

Invece si è aperta con il portavoce di Downing Street costretto a constatare lo “stallo” nelle trattativa con l’Ue sul backstop irlandese e ad annunciare la cancellazione di un incontro che si sarebbe dovuto tenere in mattinata tra il premier e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Il caponegoziatore dell’Ue, Michel Barnier, ha spiegato agli ambasciatori dei 27 che le prospettive erano “cupe”: un’ultima offerta avanzata dall’Ue per rendere il backstop più appetibile ai Comuni era stata accettata da May domenica sera, ma rigettata subito dopo dal suo governo. Downing Street è stato poi costretto a smentire le voci secondo cui May avrebbe trasformato il “voto significativo” sull’accordo previsto per oggi in un “voto orientativo”, destinato a evitare un’altra disfatta e a mettere pressione sull’Ue, ma con il rischio di innescare un no deal. Successivamente è stato il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney, e non Downing Street, ad annunciare la visita della May a Strasburgo per incontrare Juncker e “cercare di finalizzare un accordo”. Manon è a Bruxelles o Strasburgo che si gioca il futuro della Brexit: “Adesso i negoziati sono a Londra tra il governo e il Parlamento britannico”, ha detto Barnier.

  

  

L’offerta messa sul tavolo dall’Ue è “seria”, spiega al Foglio una fonte europea. Barnier e la sua squadra hanno proposto al Regno Unito una serie di garanzie legalmente vincolanti – attraverso una dichiarazione interpretativa da depositare all’Onu come un trattato internazionale – per chiarire che il Regno Unito non sarà obbligato a restare nell’unione doganale contro la sua volontà. In parte è esattamente ciò che chiedeva il ministro della Giustizia, Geoffrey Cox, chiamato da May a salvare il suo accordo Brexit e la sua premiership attraverso una serie di trucchetti legali dell’ultimo minuto. Ma gli aspetti tecnici non contano più in questa trattativa tutta incentrata sulle contraddizioni tra l’aspirazione alla sovranità assoluta e la realtà delle interconnessioni politiche e economiche.

 

L’offerta dell’Ue prevede un trattamento differenziato tra l’Irlanda del nord e il resto del Regno Unito, cosa che è inaccettabile per i falchi brexiteers e gli unionisti nord-irlandesi da cui May ha scelto di dipendere, ma è anche l’unica soluzione per rispettare le linee rosse fissate dal primo ministro sull’uscita dall'unione doganale e dal mercato interno. A Londra alcuni brexiteers sono ancora convinti che questa sia una sceneggiata e che, al Vertice europeo del 21 e 22 marzo, all’alba l’Ue accetterà un compromesso che permetta di evitare una catastrofe per tutti. In fondo, l’ultimo piano May puntava proprio a questo: drammatizzare fino all’ultimo, tornare con qualche concessione da Bruxelles, spingere i parlamentari britannici sull’orlo del precipizio e poi farli votare il suo accordo il 24 marzo, pena “no deal” catastrofico. L’Ue è stata al gioco, ma la pazienza è finita. Così si sta irrigidendo anche sulla richiesta di proroga della Brexit che Westminster – May permettendo – dovrebbe votare giovedì. Ormai Bruxelles si prepara a scenari completamente diversi: è tempo di “un governo post-May”, dice al Foglio un ambasciatore dei 27.