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Editoriali

Il successo europeo sui vaccini

Redazione

Entro la settimana il sorpasso sugli Stati Uniti. Sputnik non pervenuto
 

Ursula von der Leyen sabato ha dichiarato “missione compiuta” nella strategia dell’Unione europea sui vaccini. La Commissione ha rispettato i suoi impegni: gli stati membri hanno ricevuto un numero di dosi sufficienti per vaccinare il 70 per cento degli adulti entro la fine di luglio, con due mesi di anticipo rispetto all’obiettivo iniziale. La strategia dell’Ue è un successo, che ha evitato una guerra interna ai 27 per accaparrarsi le dosi e ha consentito di avere un portafoglio sufficientemente ampio per far fronte agli intoppi. Come abbiamo spiegato sul Foglio, il ritardo accumulato all’inizio dall’Ue sugli Stati Uniti era dovuto alle inadempienze contrattuali di AstraZeneca, che nel frattempo sono state riconosciute da un tribunale di Bruxelles.

 

La Commissione ha saputo reagire con pragmatismo, determinazione e flessibilità, costruendo una relazione privilegiata con Pfizer-BioNTech, che ha permesso di anticipare le sue forniture, ma anche di preparare le scorte per i minori e i richiami. Nel frattempo, il ritardo è stato recuperato: entro questa settimana l’Ue dovrebbe superare gli Stati Uniti per la percentuale di popolazione che ha ricevuto almeno una dose. A marzo il commissario Thierry Breton, capo della Task Force sui vaccini, annunciò che “l’Europa può raggiungere l’immunità collettiva il 14 luglio”. Venne fischiato e deriso dai tifosi di Sputnik V e dalle  Cassandre dell’Ue. Breton aveva ragione. Se non ci siamo ancora, non è per la mancanza di dosi fornite dall’Ue, ma per i problemi nazionali: esitazione vaccinale, ordini sbagliati, errori logistici, eccesso di prudenza sugli effetti collaterali di AstraZeneca. Sarebbe ora di riconoscerlo: senza la strategia dell’Ue, tutti tranne la Germania oggi sarebbero molto più indietro nella vaccinazione, ci sarebbero più morti e il ritorno alla normalità post Covid-19 sarebbe più lontano.

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