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Come funziona una nave rigassificatrice come quella di Piombino e perché conviene

Antonio Pascale

Un rigassificatore prende il gas in forma liquida e lo trasforma in forma gassosa, immettendolo poi nella rete nazionale. Ci sono pericoli? No. Ci sono problemi di impatto ambientale? Sì, legati all’acqua fredda, ma basta monitorare e usare poche accortezze per non creare drammi ambientali

A Piombino è arrivata da pochi giorni la nave rigassificatrice. E allora, per non cedere alle polemiche e alle paure, vogliamo parlarne? Perché se da millenni ci chiediamo di cosa parliamo quando parliamo d’amore, bisogna ammettere che sui rigassificatori abbiamo idee più chiare, e dunque possiamo valutare costi e benefici senza molti trattati filosofici.

 

Il gas lo possiamo acquistare o in forma gassosa (cioè come viene estratto) o in forma liquida. Nel primo caso avrò bisogno di metanodotti, cioè tubi. Non tutti i paesi hanno la rete di metanodotti per prelevare il gas dal luogo di origine e trasportalo dove è necessario. Quindi, per compensare l’assenza di tubi si usano le navi metaniere che trasportano il gas in forma liquida. Una condizione essenziale per il trasporto è portare il gas alla forma liquida, quindi nella sostanza ridurre il volume, altrimenti ci vorrebbero tante navi, enormi poi. Come si fa? Facile, si abbassa la temperatura a meno 162 gradi Celsius, innescando così il passaggio di stato, da gassoso a liquido. Il gas però per essere utilizzato deve tornare nella sua forma gassosa, altrimenti il fornello del gas o la fiamma della caldaia non si accende. E qui entrano in gioco i rigassificatori. Il termine indica già il processo, riportare un gas al suo stato originario, quindi nella sostanza da liquido a gas. Allo scopo abbiamo costruito dei rigassificatori fissi, cioè sulla terra (uno e ben funzionante, ormai da mezzo secolo, è a Panigaglia), oppure quelli fissi ma in mare, off shore, che tra l’altro magari fanno impressione, sembrano piattaforme estrattive, tubi che si intrecciano senza senso, ma proprio per la complessità e la sicurezza che offrono, a me personalmente piacciono, dico proprio esteticamente. Ma è solo un inciso, il mio gusto estetico non c’entra, importa sottolineare che tutti i rigassificatori, fissi, in mare o su nave, non fanno altro che riscaldare il gas per farlo tornare alla sua forma gassosa e dunque permetterne l’utilizzo (anche le polemiche, le diatribe, il dibattito pubblico hanno bisogno di luci e di beni di comfort, ottenuti dall’energia del gas, altrimenti al buio e al freddo hai voglia di parlare…).

 

Quindi, riassumendo, le navi rigassificatrici prendono il gas in forma liquida dalle navi metaniere e lo trasformano in forma gassosa, immettendolo poi nella rete nazionale. Bene, ma sulle navi come avviene il passaggio di stato? Il tubo che trasporta gas in forma liquida con un sistema a serpentina viene immerso in una vasca che contiene acqua di mare, a temperatura ambiente (i due liquidi non entrano in contatto, è chiaro) e così, per la nota legge fisica, avviene uno scambio di calore. Diciamo che la differenza di calore è abbastanza grande da far passare il gas dalla forma liquida a quella gassosa. Nello stesso tempo, l’acqua marina si raffredda (ha scambiato calore) e viene ributtata in mare (la nave, di conseguenza, pesca altra acqua e così via).

 

Le due navi che l’Italia ha comprato (di proprietà Snam, una opererà a Piombino, l’altra a Ravenna) potranno sostituire una buona parte di quel 40 per cento del gas importato dalla Russia. Benefici? Le navi costano meno e consentono di ridurre i tempi e si possono spostare. Va bene, pericoli? Finora nessuna delle 49 navi rigassificatrici esistenti al mondo ha avuto incidenti. Problemi di impatto ambientale? Sì, sono legati all’acqua fredda (si è raffreddata dopo aver scambiato calore) che viene ributtata in mare e il cloro che si aggiunge all’acqua marina (che si usa per impedire la proliferazione di forme vegetali negli impianti, il cloro viene ottenuto dalla stessa acqua marina). Rimedi? L’acqua marina sarà monitorata e dunque la temperatura non potrà scendere a meno sette gradi rispetto alla temperatura di partenza: in questo modo non ci saranno conseguenze sulla flora e fauna marina. Per il cloro invece, la quantità della sostanza scaricata in mare è di diversi ordini di grandezza inferiore ai limiti di legge.

 

Conclusione? Se gli standard sono elevati (e lo sono) rischi non ce ne sono e poi, alla fine, si capisce che quelle serpentine di tubi che sembrano intrecci insensati hanno invece una loro funzionalità, e le cose funzionali (capaci di limitare i rischi e aumentare i benefici) sono belle e rendono la vita della comunità più facile e più bella, appunto.

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