PUBBLICITÁ

L’anniversario

Duecento anni di Dostoevskij

Redazione 

Due secoli fa nasceva a Mosca il più importante autore russo nella storia della letteratura mondiale. Una raccolta di articoli dall’archivio del Foglio

PUBBLICITÁ

L’11 novembre 1821 nasceva a Mosca Fëdor Dostoevskij, uno dei più importanti scrittori russi della storia e autore di romanzi considerati classici della letteratura di ogni tempo come "Delitto e castigo", "L’idiota" e "I fratelli Karamazov" o di brevi e indimenticabili racconti come "Le notti bianche".

In un suo scritto Giorgio Manganelli scriveva che “leggere i russi è un’esperienza che molti fanno nell’adolescenza, più o meno al tempo delle sigarette e dei primi, sani desideri di scappare di casa e andare a fare il mozzo. Di questi desideri i russi sono i più tenaci, e se poche sono le possibilità che ci si dedichi a correre lungo i moli in cerca di un brigantino, assai minori sono quelle di liberarsi di un Dostoevskij una volta che vi è entrato nel sangue”. 

Neppure al Foglio il tentativo di disfarsi di lui ha sortito grossi effetti, ammesso che sia mai stato messo in conto o in opera. Ricorda Marco Archetti che con Dostoevskij “la gioia non deriva in linea retta dal piacere, ma dalla conquista”. Solo l’ultimo dei tre tentativi di leggere da giovane Delitto e castigo, “il romanzo che più di tutti, per lungo tempo, mi ha ricattato”, è stato coronato dal successo dal nostro critico letterario. Sempre Archetti, in un altro contributo, si sofferma sul Dostoevskij non solo romanziere e filosofo, ma anche geniale inventore di neologismi.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

 

 

Grande risalto è stato dato dal Foglio ai temi ricorrenti nell’opera dello scrittore. Il male, nel caso del cardinale e arcivescovo emerito di Milano Angelo Scola, che rileggendo Delitto e castigo durante i mesi d’isolamento causati dall’emergenza sanitaria, ha preso spunto dalla figura di Raskol’nikov per descrivere la corruzione della libertà di cui il protagonista di "Delitto e castigo" è simbolo. O, ancora, l’esperienza del peccato. Proprio da un riferimento all’opera più conosciuta di Dostoevskij parte Matteo Matzuzzi per un lungo excursus sul concetto e su quella che chiama “l’etica degli atei e dei nichilisti”. Ma l’archivio conserva pure riflessioni sulla bellezza, che “salverà il mondo” secondo una massima celebre dell’autore russo. 

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

 

 

Nell’archivio, in più occasioni, Dostoevskij diventa termine di paragone con i nostri tempi. Nel protagonista del racconto "Il villaggio di Stepàncikovo" Guido Vitello, invece, trova l’archetipo dei “sovranisti scrocconi, o i postfascisti piagnoni, o gli influencer bulli, le iene televisive, le femministe dell’ultima generazione, i giustizieri dei social network, i neomaoisti universitari, gli attivisti carrieristi che salgono a bordo dei taxi del bene, i vendicatori della cancel culture”. E Antonio Gurrado mette in relazione “Memorie dal sottosuolo” con l’illusione di trasparenza dei social network. 

 

 

 

E, per finire, un confronto tra scrittori in apparenza lontanissimi: Fëdor Dostoevskij e Leonardo Sciascia. L’affinità principale tra i due? L’importanza del delitto nelle rispettive opere letterarie.

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ