Freaks Out, i superpoteri nella capitale occupata dai nazisti

Giuseppe Fantasia

Cast e regista commentano la pellicola in concorso al Festival di Venezia. Mainetti: "Ci siamo avvicinati alla Roma del 1943 con emozione e rispetto"

Venezia - Il Colosseo, i Fori Imperiali, ma anche il quartiere Tiburtino, Campo De’ Fiori, l’Appia Antica e il Ghetto. “Nun vedi com’è ridotta?”- fa notare Fulvio (un irriconoscibile, perché pieno di peli per esigenze di copione, Claudio Santamaria) ai suoi compagni circensi - Matilde (Aurora Giovinazzo), Cencio (Pietro Castellitto) e Mario (Giancarlo Martini) – degli individui unici e irripetibili alle prese con i nazisti. Dopo Tor Bella Monaca e il centro storico scelti per il suo primo film (Lo chiamavano Jeeg Robot, autentica rivelazione nel cinema italiano degli ultimi anni), Gabriele Mainetti ambienta il suo “Freaks Out” - con cui concorre al Leone D’Oro qui al Lido - nella Città Eterna.

“Ci siamo avvicinati alla Roma occupata del 1943 con emozione e rispetto, dando però libero sfogo alla fantasia che ci ha permesso di creare la storia e i personaggi come volevamo. Un film cult come Roma Città Aperta è del 1945 – aggiunge lui, romano doc, classe 1976 – e il confronto con quel cinema non è stato certo facile né banale, perché lo stesso è un documento storico di quel particolare momento. Noi abbiamo raccontato la Seconda Guerra Mondiale come due ragazzi degli anni ’80 che all’epoca, ovviamente, non c’erano, reinventandoci però quello spazio e mettendolo in relazione col futuro”. Per girare la scena del rastrellamento degli ebrei, sono andati al Ghetto. “Siete romani, ci ha detto il rabbino – e questa è la cosa più importante. Non state entrando in una realtà che non conoscete. La vostra è una bella storia che rispetta quello che c’è stato. Dovete solo stare tranquilli. L’abbiamo ascoltato e mi pare che abbia funzionato”.

 

È poi guardando Sotto il sole di Roma di Renato Castellani che lui e il suo co-sceneggiatore, Nicola Guaglianone, sono entrati in quel clima di occupazione nazista a San Giovanni con i romani che resistono e non si abbattono. “In noi romani c’è sempre questa resistenza, assieme alla voglia di stare con gli altri nonostante tutto, senza lasciarsi intimidire da difficoltà e da conflitti. È il nostro bello, no?”.

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