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Il trionfo del giustizialismo vaticano

Perquisizioni irrituali, arresti annullati, epurazioni continue. La gestione degli ultimi scandali sta compromettendo la credibilità morale della Santa Sede. Inchiesta

Cincinnato

L'autorità giudiziaria vaticana appare essere più vicina che mai all’operato di una qualunque procura italiana. Informazioni poche, trasparenza scarsa, misteri ovunque

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Tra istruzioni sommarie avvallate pare dal Papa in persona, perquisizioni al di fuori delle procedure e delle regole, richieste di arresto  irrituali e considerate prive di fondamento dai giudici italiani, fughe in avanti e repentini dietrofront degli inquirenti vaticani su richieste di estradizione di cittadini italiani, la Santa Sede rischia di diventare una sorta di paria nel mondo internazionale. Monarchia assoluta e giustizialista si direbbe, la Santa Sede partecipa però ai tavoli internazionali, firma convenzioni e trattati, si impegna a difendere la dignità umana ovunque nel mondo, anche a costo di essere impopolare e di andare controcorrente. Un’autorità morale che le è sempre stata riconosciuta e che ora scricchiola di fronte al modo in cui sono condotte in Vaticano le indagini riguardo gli ultimi scandali finanziari.

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Tra istruzioni sommarie avvallate pare dal Papa in persona, perquisizioni al di fuori delle procedure e delle regole, richieste di arresto  irrituali e considerate prive di fondamento dai giudici italiani, fughe in avanti e repentini dietrofront degli inquirenti vaticani su richieste di estradizione di cittadini italiani, la Santa Sede rischia di diventare una sorta di paria nel mondo internazionale. Monarchia assoluta e giustizialista si direbbe, la Santa Sede partecipa però ai tavoli internazionali, firma convenzioni e trattati, si impegna a difendere la dignità umana ovunque nel mondo, anche a costo di essere impopolare e di andare controcorrente. Un’autorità morale che le è sempre stata riconosciuta e che ora scricchiola di fronte al modo in cui sono condotte in Vaticano le indagini riguardo gli ultimi scandali finanziari.

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Gli scandali, come è noto, sono quelli per l’acquisto di un immobile di pregio a Londra da parte della Segreteria di Stato vaticana nel 2018, sotto il comando dell’arcivescovo venezuelano mons. Edgar Peña Parra, uomo molto vicino al Pontefice. Senza entrare nel dettaglio dell’investimento, la Santa Sede ha firmato contratti che non la tutelavano fino in fondo. Per rifinanziare l’investimento, la Segreteria di stato ha pensato bene di chiedere liquidità allo Ior, la cosiddetta banca vaticana. Non una donazione, beninteso, ma un prestito a interesse. Lo Ior – e lo dicono le carte scovate da Emiliano Fittipaldi su Domani – pare fosse  d’accordo, salvo cambiare idea all’ultimo, facendo partire una denuncia che ha visto poi il Papa dare l’autorizzazione a procedere in via sommaria.

 

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Risultato?  Diversi officiali vaticani sospesi con atti non firmati senza nemmeno  conoscere le presunte accuse; le loro facce stampate su una nota di servizio della gendarmeria vaticana finita sulla stampa; le loro case, e non solo i loro uffici vaticani, perquisiti in violazione della legge italiana. Tutti tranne uno non rientrati a lavoro: o non sono stati riconfermati alla scadenza del mandato, o sono stati mandati in pre-pensionamento, o sono stati rispediti in diocesi. Con buona pace della giustizia. Sono tutti, di fatto, condannati prima addirittura che venga istruito un processo, ed è questo a sollevare più di qualche dubbio sul piano morale e giuridico. Sul tema sono piombate due testate di grande importanza: l’Associated Press, con un articolo di Nicole Winfield, e il Corriere della Sera, in un editoriale di Ernesto Galli della Loggia.

 

Di fronte alla narrativa di un Vaticano che finalmente sta lottando contro la corruzione, il dubbio sorge quando si vanno ad analizzare i fatti, senza seguire la narrativa dominante e senza cadere nella trappola della propaganda. Sullo sfondo c’è il singolare protagonismo dello Stato vaticano che rischia di erodere dal basso la credibilità della Santa Sede, l’ente sovrano riconosciuto nel panorama internazionale. Eppure, in molti hanno guardato con favore a un ritorno al modello delle porte scorrevoli tra Vaticano e Italia, dove gli stessi soggetti siedono contemporaneamente sulle due sponde, e non solo. Se davvero vi fosse un nuovo corso nei rapporti bilaterali, non si spiegherebbe come almeno due delle spettacolari operazioni degli inquirenti vaticani siano state cassate dagli stessi giudici italiani con i quali ci sarebbe una riguadagnata stima e collaborazione.

 

La prima di queste grandi operazioni è la richiesta di estradizione per Cecilia Marogna, ribattezzata dai giornali “la Dama di Becciu”, accusata di aver usato per spese personali denaro ricevuto dalla Segreteria di tato per delle consulenze. L’arresto, convalidato in prima istanza, è stato annullato dalla Cassazione a causa di “un vuoto motivazionale che determina la nullità dell’ordinanza cautelare impugnata, difettando l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari di richiesta”. La seconda di queste operazioni è stata la perquisizione nella casa di uno dei cinque officiali sospesi, Fabrizio Tirabassi. Anche lì, il mandato di perquisizione disposto dalla Procura di Roma in esecuzione di una rogatoria vaticana è stato considerato “nullo”, perché si trattava di un mandato “irrituale”, con “profili di illegittimità evidenti e sostanziale, a cominciare dal fatto che l’ordine di perquisizione sia stato disposto direttamente dalla Procura senza passare al vaglio di un giudice. Il tutto mentre comincia a suscitare perplessità la narrativa della prima ora sullo scandalo. In un primo momento s’era detto e scritto che il Papa non conosceva Gianluigi Torzi, l’ultimo intermediario liquidato dal Vaticano. Poi, spunta fuori la foto di Torzi con Francesco. E’ stato detto che Papa Francesco lo aveva sì incontrato, ma non sapeva. Ora, una risposta dei Promotori di Giustizia, gli inquirenti vaticani,   all’Associated Press spiega invece che il Papa era persino entrato nella stanza dei negoziati incoraggiando a una soluzione con la buona volontà di tutti. Inconsapevole, certo, ma fino a che punto?

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Sono tanti i dettagli che mostrano che il problema non è solo negli scandali finanziari veri o presunti. C’è, sembra, una crisi più profonda, un intero sistema che vacilla  a causa di incompetenza e irritualità. E’ la vaticanizzazione della Santa Sede, sussurra qualcuno nel Palazzo apostolico, nonostante il Trattato lateranense sottolinei che lo scopo dello Stato di Città del Vaticano è (solo) quello di “assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza, garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale”. Sono, invece, gli apparati dello Stato a mettere a rischio la credibilità della Santa Sede, in questo momento. A partire dal modo di agire dell’autorità giudiziaria, che appare essere più vicina che mai all’operato di una qualunque procura italiana.

(1- continua)

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