Chi è l'avvocato che ha costruito una carriera sulle zuffe del M5s

Salvatore Merlo

L'ex grillino Borrè pensava che il massimo fosse difendere Priebke, non immaginava la fama che gli avrebbe regalato Grillo. Le regionarie sospese in Sicilia

Roma. Da Palermo a Genova, da Roma a Torino, Beppe Grillo li espelle, e lui li fa reintegrare. Ieri è riuscito a piantare una grana mica da poco, la sospensione delle primarie online per le regionali in Sicilia. E infatti questo avvocato cinquantenne e destrorso, ordinato nell’apparenza e nel parlare, lui che sempre si esprime nel tono di una didattica pazienza con clienti e giornalisti che lo inseguono e gli domandano, ha costretto Luigi Di Maio a rantolare la frase che dovette pronunciare anche Napoleone dopo la disfatta di Waterloo: “Andiamo avanti comunque”. Finì con l’esilio a Sant’Elena, com’è noto. E la verità è che a due mesi dalle elezioni, adesso, con questo dispositivo del tribunale di Palermo che dispone il reintegro di un candidato escluso dalla corsa, la posizione di Giancarlo Cancelleri, il presidente designato dal M5s, periclita vistosamente.

 

Nell’ultimo anno l’avvocato Lorenzo Borrè, un passato nel Fronte della gioventù ai tempi del liceo Giulio Cesare, dal suo studio di Prati ha impugnato trentuno espulsioni comminate dai padroni del Movimento, ottenendo ventisette reintegri  in via cautelare  e quattro  in base ad accordi extragiudiziali. Costante, solerte, studia e trova incongruenze in quell’intreccio di armonie approssimative, in quel campo di contraddizioni e di violenze alla logica – e dunque al diritto – che è il non statuto del Movimento. Così vince le cause, e a ogni causa vinta c’è qualcun altro che gli telefona, rabbioso: mi hanno cacciato, che devo fare, avvocato?

 

Il grillismo è una strana, disordinata e sgrammaticata zuffa continua, in cui le delazioni sciocche e forsennate portano a espulsioni distribuite secondo generosa posologia. E così lui, grillino pentito (ha lasciato nel 2012), alpinista, lettore appassionato di Alain de Benoist e di Carl Schmitt, ex avvocato difensore di Erich Priebke, uno di quegli uomini colti che frequentano la destra intellettuale e un po’ mistica che a Roma respira filosofia evoliana e fumi putiniani, viaggia da nord a sud, aeroplani e aule di tribunale. Incontra clienti mattoidi e disperati, tignosi come sono tignosi i grillini, gli unici militanti al mondo che espulsi da un partito ci vogliono restare dentro, aggrappati, ché gliela vogliono fare vedere loro a Beppe, perché il Movimento, dicono, è della gente. E allora c’è un attacco hacker al blog? “Forse hanno rubato i nostri dati sensibili!”. Si diffonde il panico e la paranoia tra gli iscritti, su Facebook, nella chat di Telegram, lì dove circolano le leggende, gli appuntamenti antivaccinisti e le teorie del complotto globale… “Ma chiamate l’avvocato Borrè!”, è il consiglio, è la catena dei messaggini su WhatsApp. E lui risponde.

 

Nel 2016 Borrè fece reintegrare venti espulsi napoletani, e costrinse Grillo a modificare statuto e regolamento. Poi ne fece reintegrare altri tre a Roma, tra cui un suo amico, il professor Antonio Caracciolo, che nel 2009, secondo le cronache dei giornali, aveva definito l’Olocausto “una leggenda”. Caracciolo fu il punto di congiunzione degli interessi di Borrè, cioè l’estrema destra (l’avvocato ha difeso anche un altro professore accusato di negazionismo, Claudio Moffa) e le epurazioni grilline. E da quel momento il suo telefono non ha più smesso di squillare: Marika Cassimatis, la candidata sindaco di Genova estromessa d’imperio da Grillo, e reintegrata. E anche Cristina Grancio, la consigliera del Movimento 5 stelle in Assemblea capitolina sospesa perché in disaccordo con la costruzione del nuovo stadio della Roma. Martedì prossimo il caso Grancio va in udienza, e potrebbe essere un’altra clamorosa vittoria, un altro reintegro. Ieri l’avvocato ha fatto sospendere addirittura le regionarie siciliane. Testa ordinata scolasticamente e rigidamente, pignolo, iperattivo, polemico, Borrè pensava di fare la rivoluzione con i cinque stelle – da una terza posizione – ma alla fine si è accontentato d’una miniera di clienti, che Grillo non manca mai di mandargli.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.