Il senatore Pd Giorgio Tonini (foto LaPresse)

Tonini ci spiega perché serve il bipolarismo con Forza Italia

David Allegranti

Il senatore Pd: "Resta il problema di dare un assetto stabile alla democrazia. Il dialogo con il centrodestra serve"

Roma. Il fronte anti M5s spaventa Grillo, che oggi ha attaccato il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda per l’intervista al Foglio. Il senatore Giorgio Tonini (Pd) condivide le parole del collega. “Le sue riflessioni mi convincono. Io proverei a mettere in evidenza due punti che mi sembrano importanti nel ragionamento del rapporto nostro con Forza Italia. Punto primo: non dobbiamo rassegnarci all’idea che ci debba essere un bipolarismo fondato sulle forze democratiche, più o meno tradizionali, ed europeiste, da una parte, e su queste nuove forze anti-sistema, anti-europee, dall’altra parte”. Questa lettura, aggiunge Tonini, “ha molti tratti di realismo, perché in diversi paesi europei è così. Se guardiamo in questo momento al paese che è un esempio di stabilità e di forza economica, la Germania, da dodici anni si regge, e probabilmente sarà così anche nei prossimi quattro, su un accordo di governo tra la Cdu e l’Spd. Nello stesso tempo, però, non si dovrebbe abbandonare la speranza che queste due forze possano ricostituire, in tempi speriamo non troppo lunghi, i due campi nei quali un bipolarismo virtuoso deve organizzarsi e strutturarsi, un bipolarismo più convergente e meno esasperato di quello attuale”.

Punto secondo del ragionamento di Tonini: “Dobbiamo partire dal fallimento principale di questa legislatura, cioè la rottura tra noi e il centrodestra su Mattarella e la riforma costituzionale. Su Mattarella mi sembra che si sia già ricostituita una unità di fondo; non mi pare che il centrodestra sia in atteggiamento polemico o di contestazione verso il presidente della Repubblica. Non penso sia stata l’elezione di Mattarella a provocare la rottura, ma piuttosto la crisi elettorale nella quale il centrodestra si era infilato, proprio a causa della collaborazione stretta con il Pd e con Renzi. Nelle coalizioni tra diversi c’è chi ci guadagna e chi ci perde”. In passato, argomenta Tonini, “era sempre stato Berlusconi a trarre profitto elettorale dalle fasi di dialogo. Poi Renzi e il Pd avevano provocato una rottura di questo equilibrio. La riforma costituzionale è stata dunque approvata senza consenso del centrodestra, e questa è stata una delle ragioni a decretare la sconfitta al referendum”.

 

Ora, dice Tonini, “dobbiamo ripartire da qui: il problema di dare un assetto stabile alla democrazia italiana resta. Ci avviciniamo a una scadenza elettorale che, al più tardi nel 2018, ci consegnerà con tutta probabilità un parlamento incapace di esprimere un governo, se non attraverso faticose mediazioni tra partiti diversi. Dunque nella prossima legislatura tornerà d’attualità un confronto tra centrodestra e centrosinistra. Avendo fallito il tentativo di razionalizzare il nostro sistema, tornerà anche d’attualità la via semipresidenziale e il modello francese. Dipenderà anche dall’esito delle elezioni in Francia. Io penso che questo potrebbe dare un respiro strategico al dialogo tra centrodestra e centrosinistra, per costruire un assetto diverso al sistema politico-istituzionale. Penso che ci vorrebbe l’elezione diretta del presidente della Repubblica e un doppio turno di collegio, con una Camera sola e non due. Insomma, c’è molto su cui lavorare con il centrodestra”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.