Beppe Grillo con una Biowashball

Il Tribunale grillino della Verità ha già un'ampia giurisprudenza

Luciano Capone

Dalla Biowashball alla pipì di capra contro il cancro

Roma. “Propongo una giuria popolare che determini la veridicità delle notizie pubblicate dai media. Cittadini scelti a sorte a cui vengono sottoposti gli articoli dei giornali e i servizi dei telegiornali. Se una notizia viene dichiarata falsa il direttore della testata, a capo chino, deve fare pubbliche scuse e riportare la versione corretta dandole la massima evidenza”. Beppe Grillo ha dettato sul blog la soluzione – per certi versi simmetrica alla proposta del presidente dell’Antritrust Giovanni Pitruzzella – per porre un freno alle fake news che vengono diffuse su internet e sui media e che inquinano il dibattito pubblico.

 

La proposta è stata criticata da molti come una riedizione dei tribunali maoisti durante la Rivoluzione culturale e da altri invece come una delle tante boutade di Grillo da non prendere troppo sul serio. In ogni caso, in attesa di conoscere meglio i dettagli del Tribunale del popolo sulla Veridicità delle notizie, è possibile già farsi un’idea dei suoi risultati dalla ampia giurisprudenza prodotta negli ultimi anni. Infatti la giustizia grillina ha già stabilito come vere una serie di affermazioni che, incredibilmente, le istituzioni e i media ufficiali si ostinano a considerare false. Il Tribunale grillino del click ha stabilito con sentenza sul Sacro Blog le seguenti Verità e chi afferma il contrario dovrà chiedere scusa “a capo chino”.

 

Biowashball. “Io l’ho provata. La mia famiglia la usa da due mesi e anche le famiglie di alcuni miei amici. Per noi funziona”. Sul Sacro Blog e nei suoi spettacoli per anni Grillo ha propagandato le virtù miracolose della Biowashball di una palla (in tutti i sensi) piena di palline che lava la biancheria senza detersivo, solo con l’acqua. Naturalmente, secondo tutti i test che sono stati fatti, si tratta di una bufala: a pulire i panni è solo l’acqua e la palla non emettere “raggi infrarossi” che distruggono i nemici dell’igiene. Ma Grillo ha spiegato che i test sono tutti manipolati dalle multinazionali, dalla lobby dei detersivi, detersivi che sono “uno degli strumenti di distruzione del pianeta”.

 

Pomodoro Ogm. “Hanno incrociato un pomodoro con un merluzzo, in 4 mesi sono morti 60 ragazzi di shock anafilattico”, diceva Grillo nei suoi spettacoli. Per fortuna nessuno è morto per colpa del pomodoro ogm, per il semplice fatto che il pomodoro-pesce-antigelo non lo ha mai mangiato nessuno, perché non è mai esistito. Ma forse è solo perché le perfide multinazionali hanno nascosto le prove e i 60 cadaveri.

 

Uovo alla phone. “Alcuni ricercatori hanno messo un uovo in un portauovo tra due cellulari. Dopo 65 minuti l’uovo era ben cotto. Le radiazioni ci hanno fuso il cervello”. In un post Grillo sosteneva che i cellulari causino danni al cervello, ma naturalmente nessuno è mai riuscito a cuocere un uovo col cellulare, neppure questi fantomatici ricercatori di cui non si sa il nome e che nessuno ha mai conosciuto. Sarà perché le multinazionali li hanno fatto sparire, dopo averli cotti tra due iPad.

 

Pipì di capra. Nei suoi spettacoli Grillo parlava di una cura contro il tumore inventata da un veterinario di Agropoli, Liborio Bonifacio, che diceva di curare il cancro con un siero ricavato dalle feci e dall’urina di capra. La cura era efficace, ma Bonifacio è stato fatto fuori da Big Pharma che ci vuole tutti malati. Stessa cosa che è accaduta a un altro genio incompreso, tale Pantellini, che “curò la moglie, malata terminale senza più speranza, con succo di limone e ascorbato di potassio”.

 

I vaccini fanno male. “Un bambino su 150 soffre di autismo. Gli scienziati attribuiscono la crescita all’inquinamento ambientale, alimentare e da vaccini e farmaci”. Tutto vero, garantito dal Tribunale del popolo sulla base di una perizia degli scienziati che hanno studiato all’Università della vita. I ricercatori e gli scienziati della medicina ufficiale, tutti venduti alle multinazionali, dovranno chiedere scusa “a capo chino” appena la sentenza diventerà effettiva. 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali