(foto LaPresse)

Tempismo della Corte. Un contratto da seguire (buon segnale)

Redazione

Chi ha scritto a Claudio Cerasa lunedì 28 novembre

Al direttore - Con il contratto firmato tra imprenditori e lavoratori metalmeccanici, si apre una stagione nuova della contrattazione e delle relazioni industriali nel paese. L’intesa contribuisce a seppellire gran parte di ciò che negli ultimi 15 anni era stato motivo di inquietudine per la maggior parte delle persone che annettono alle relazioni industriali un’importanza decisiva per l’economia. La preoccupazione ha riguardato il potenziale di conflittualità mai interamente assorbito nelle realtà metalmeccaniche, motivo di freno per l’economia, a causa della conseguente scarsa vocazione alla gestione  tempestiva dei cambiamenti ormai globali del funzionamento del mercato, delle tecnologie digitali, della qualità e dell’utilizzo delle risorse umane. Insomma la lunga e logorante stagione delle rotture sindacali provocate proprio nel settore, con ricadute non indifferenti nell’intero sistema confindustriale e delle confederazioni sindacali, con la realizzazione pattizia di questi giorni, può ritenersi ragionevolmente alle nostre spalle. Il risultato non era per nulla scontato, nella considerazione dei molteplici fattori che esercitavano un’ipoteca non trascurabile sull’esito positivo da tutti auspicato:  la difficoltà per la Fiom di superare a piè pari una lunga stagione da bastian contrario che l’ha spinta a non firmare la maggior parte degli accordi sindacali degli ultimi tre lustri e a boicottare tutto ciò che non aveva condiviso;  la prova di Federmeccanica a scavalcare il fosso provocato dalla uscita dalla associazione della Fca e di tante aziende leader; l’inesistenza di un viatico di accordo interconfederale che Confindustria e Confederazioni non hanno voluto o saputo mettere a disposizione in questa delicata congiuntura economico-sociale; l’ostacolo del superamento della Ipca a ragione di salario maggiore ottenuto dai lavoratori per la salvaguardia anti inflazione negli ultimi anni, giacché il sistema orientato a sterilizzare eventuali picchi del costo del barile del petrolio, si è trovato con prezzi internazionali tra i più bassi del passato cinquantennio;  il peso della congiuntura economica nazionale e contrazione del mercato globale a causa delle difficoltà dei principali committenti delle regioni sud e nordamericane, estremo-mediorientali, della Repubblica russa; il costo di un contratto che sarà esclusivamente caricato sulla competitività dei prodotti nel mercato in assenza nel settore di qualsivoglia via di uscita di commesse pubbliche o di concessioni, e via dicendo. Nonostante questi evidenti dossi le parti hanno saputo fare la propria parte e precostituire dei punti di arrivo di vero pregio in un periodo di basso pensiero e di scarsa capacità di “cogliere l’attimo”. Gli aspetti più interessanti sono: l’intelligente utilizzo intensivo delle opportunità offerte dalla nuova legislazione di azzerare i costi fiscali ricorrendo al welfare contrattuale aziendale, che è una componente sempre più importante per la tenuta del reddito familiare; pregiata, per i tempi che corrono, il rafforzamento della previdenza integrativa attraverso il già potente Fondo Cometa dedicato ai lavoratori del settore; incoraggiante, l’intenzione ribadita da tutti (e dalla Fiom) di incrementare la contrattazione aziendale di settore essendo stata il vero pomo della discordia tra i sindacati di settore; interessante il passo di partecipazione-consultazione nelle aziende medie e grandi per la partecipazione alle scelte più importanti delle aziende; il salario nonostante, le spese previste per altre voci dell’accordo, si allinea ai costi pressoché identici sostenuti da altri settori.
Raffaele Bonanni

 

Al direttore - Dopo la sentenza della Consulta si commenta negativamente la capacità dell’esecutivo di scrivere le leggi. Può darsi che sia così. A me pare però che se la sentenza fosse stata emessa tra 15 giorni e cioè dopo il referendum e se i Sì fossero stati vincenti, il problema di incostituzionalità non avrebbe avuto tecnicamente ragione di essere. A pensare male si potrebbe dire che le motivazioni che hanno spinto i membri della Consulta a questo passo siano più politici che tecnici. E naturalmente in un’ottica antirenziana. Ma naturalmente mi sbaglio. 
Gualtiero Bertaglia

 

Il sospetto è legittimo per una ragione semplice. Dovesse vincere il Sì, la riforma costituzionale prevederebbe che per approvare le leggi riguardanti le Autonomie regionali sarebbe sufficiente un Sì del Senato e non l’unanimità delle regioni, come è invece adesso. Anche per questo la Corte, forse, avrebbe potuto rinviare di pochi giorni la sua sentenza sulla legge Madia, come già fatto correttamente con la legge sulla riforma elettorale. Avrebbe potuto ma ha scelto di non farlo. Curioso, no?

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