Gemma Testa, manager dell'arte per amore di Armando, re della pubblicità italiana

Paola Bulbarelli

Lui è stato il più artista tra i pubblicitari e il più anomalo tra gli artisti. Lei è la custode della sue produzioni: dalle intuizioni geniali rimaste nella memoria fino all’arte contemporanea che lo vedeva sofisticato autore

Tutti a letto dopo Carosello, era il leit motiv per i bambini di ogni casa italiana. A letto dopo aver visto Pippo, l’ippopotamo azzurro, Carmencita e il Caballero, gli abitanti del pianeta Papalla. E (per i più grandicelli) la bionda Solvi Stubing del “Sarò la tua birra”. Armando Testa, il re della pubblicità italiana, colpiva e affondava. Ogni personaggio che usciva dalla sua mente diventava una pietra miliare della creatività pubblicitaria. Amava le belle donne e, non a caso, ha sposato Gemma De Angelis, oggi custode della sue produzioni: dalle intuizioni geniali rimaste nella memoria fino all’arte contemporanea che lo vedeva sofisticato autore. E’ stato il più artista tra i pubblicitari e il più anomalo tra gli artisti, ha detto di lui la moglie.

 

Sin dagli inizi della loro storia hanno visitato tutte le manifestazioni internazionali: Documenta a Kassel, Art Basel, Biennale di Venezia. “Lì Armando mi ha parlato della disperazione di Burri, dei tagli di Fontana e della poetica dell’Arte Povera. Galeotti sono stati la laguna e l’amore per l’arte che condividevamo e che ci ha accompagnato per il resto della nostra vita insieme”. Un’arte, la sua, racchiusa nella mostra “Tutti gli ismi di Armando Testa” in scena fino all’autunno al Mart di Rovereto. “E’ un’esposizione straordinaria, un monumento alla creatività, curato da Gianfranco Maraniello e da me”. Per quanto riguarda Milano nel 2010 al Pac, il Padiglione di Arte Contemporanea, è stata allestita la mostra “Il design delle idee”, curato sempre da Gemma Testa insieme a Giorgio Verzotti, che proponeva una selezione di opere con particolare attenzione al design, senza tralasciare i manifesti delle campagne pubblicitarie. “Vi svelo in anteprima che la prossima primavera, a Milano, si terrà una personale di Armando Testa in una galleria privata di fama internazionale”.

 

Milano, per Testa, è sempre stata speciale e attiva. Scherzosamente diceva che nel fine settimana tutti i milanesi sparivano e “nella casa dove abitavamo restavamo solo noi e il portinaio“. Allegro e curioso di tutto trovava sempre qualcosa di interessante da fare o qualche luogo da scoprire, ad esempio i cortili e le chiese. Era affascinato dai teschi, aveva affrontato questo tema in un lavoro dedicato a sensibilizzare il pubblico sul problema dell’ecologia, per questo era obbligatoria una visita alla chiesa di San Bernardino alle Ossa, con la volta affrescata da Sebastiano Ricci, o alla chiesa di Santa Maria presso San Satiro caratterizzata dall’illusione ottica progettata dal Bramante alla fine del Quattrocento. Non poteva mancare una puntata al Monumentale, ricchissimo di sculture realizzate da importanti artisti quali: Adolf Wild, Medardo Rosso, Lucio Fontana, il monumento ai caduti dei lager di BBPR. “Ripartivamo da Milano sempre con la consapevolezza di aver mancato a qualche appuntamento importante”. Comunque, malgrado sia una città artisticamente viva, caratterizzata da numerose iniziative rivolte al mondo dell’arte, “era carente nell’instaurare un dialogo tra pubblico e privato: mancava un anello di congiunzione tra questi due mondi”. Nasce così, nel 2003, Acacia, Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, un progetto cui partecipano personalità come Ennio e Giorgia Brion, Paolo Consolandi, Gianfranco D’Amato, Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo, Claudio e Maria Grazia Palmigiano, Riccardo Tettamanti – di sostegno in particolare, agli artisti italiani, e la costituzione di una collezione da donare al futuro museo. Con il Premio Acacia si riconosce ogni anno il talento di un giovane artista italiano. Tra gli artisti premiati Mario Airò, Francesco Vezzoli, Grazia Toderi, Adrian Paci, Paola Pivi e tanti altri nomi emergenti. “Con questi artisti abbiamo costituito una collezione, tutt’ora in progress, di opere di grande prestigio. La collezione è stata successivamente donata nel 2015 al Museo del Novecento, dove le opere vengono esposte a rotazione nel percorso espositivo e attraverso focus dedicati”. Al contrario di altre città italiane che sono dei musei a cielo aperto, Milano ha bisogno di investire maggiormente nell’industria culturale. “Ad esempio riprenderei un progetto che ho nel cassetto e che connoterebbe maggiormente la città come luogo di riferimento per l’arte contemporanea coniugandola con l’acqua dei Navigli e la musica. Doterei inoltre la città di musei dedicati alle sue eccellenze: oltre all’arte, la moda, il design e, perché no, la pubblicità… per cui sarei pronta a donare alcuni importanti lavori di Armando”.

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