La Nazionale Italiana alla vigilia della sfida con la Svezia (foto LaPresse)

Italia-Svezia, il conto aperto

Simonetta Sciandivasci
Erik Edman, terzino della Svezia disse che noi italiani eravamo sospettosi in quanto etnicamente mafiosi (usò parole diverse, ma la sostanza era questa) mentre di loro c’era da fidarsi, perché erano svedesi. Italia e Svezia resteranno avviluppate nel grappolo d’attrazione fatale.

“Noi siamo altra gente, i furbi siete voi”. Erik Edman, terzino della Svezia, troncava così le paturnie mediterranee per un possibile biscotto dano-svedese che avrebbe fatto fuori l’Italia dagli Europei del 2004. Aggiunse che eravamo sospettosi in quanto etnicamente mafiosi (usò parole diverse, ma la sostanza era questa) mentre di loro c’era da fidarsi, perché erano svedesi. Abboccammo, ma alla fine biscotto fu: Cassano pianse e l’Italia del Trap tornò a casa. Nessuno l’ha dimenticato, il conto è rimasto aperto e oggi a Tolosa, forse, qualcuno lo salderà, ma Italia e Svezia resteranno avviluppate nel grappolo d’attrazione fatale, ionica, in cui da sempre s’annusano, graffiano, leccano e provocano. Quando Ingrid Bergman scrisse a Roberto Rossellini, malomasculo impenitente, offrendosi di lavorare per lui sebbene “in italiano so dire solo ti amo”, sapeva che così avrebbe terremotato e poi ucciso l’amore che lo legava ad Anna Magnani. “Esco con i cani”, disse lui alla Bellissima e, invece, fuggì all’inglese dalla svedese. Piantò in asso Anna e affidò il ruolo che le aveva già assegnato, per “Stromboli”, a Ingrid. Qualcuno scrisse che la Bergman era una “distillatrice del male”, ma non perché avesse spezzato il cuore alla Magnani, bensì perché aveva tradito Hollywood e marito per Cinecittà e Roberto. Con lui fece un figlio in cucina, durante un festino, “quasi in piedi”, raccontò. “Ma come, ti togli i calzettoni col raffreddore che hai?”, dice Marianne a Johan (“Scene da un matrimonio” di Ingmar Bergman) quando gli propone di fare sesso sul pavimento, prima di firmare le carte del divorzio. La premura per il raffreddore, persino quell’unica volta nella vita che si vuole scopare da sposati: la ragione per cui Ingrid fece l’amore in piedi perché il maschio era italiano e, soprattutto, la ragione per cui la Svezia ha bisogno di trasfusioni dall’Italia sta lì.

 


Roberto Rossellini e Ingrid Bergman nel 1950 (foto LaPresse)


 

E nei panini con pasticcio di fegato e cetrioli con cui Marianne e Johan credono di viziarsi. E nelle verità definitive che si scambiano, anni dopo aver divorziato, senza nemmeno un refolo, un rantolo d’odio, provando così di non essersi mai amati. I matrimoni alla svedese finiscono anche dopo non essere mai iniziati, quelli all’italiana no, in nessun caso. “T’accid” e “Taci”: Mastroianni e Sofia Loren se lo strillano quattro volte davanti al Vesuvio, prima di finire per terra a baciarsi: con una sola scena (“Matrimonio all’Italiana”), De Sica smentisce pure Strindberg, secondo il quale non esiste nulla di più brutto di un marito e una moglie che si odiano. Ma Strindberg fu svedese a fine ‘800, non vide mai l’odio matrimoniale italiano, cioè il vestito invernale dell’amore, la trasfigurazione della passione. Non vide Anita Ekberg, nata a Malmo come Ibrahimovic, entrare nella Fontana di Trevi e farsi ragazza da vitelloni e Cinquino Fiat, mondandosi di luteranesimo, Volvo familiari, raffreddore, Settimo Sigillo e di tutto ciò che preconizzava che in Svezia sarebbe stato scritto “Uomini che odiano le donne”, negli anni del congedo parentale obbligatorio per maschi e femmine.