Proteste contro il presidente Temer a Rio de Janeiro (foto LaPresse)

Temer è nei guai ma non si dimette. Il rischio di una Tangentopoli brasiliana

Maurizio Stefanini

Secondo una registrazione fatta di nascosto il presidente del Brasile sarebbe coinvolto in un caso di corruzione. Manifestanti in piazza, la Borsa che crolla, ministri che si dimettono. E il pericolo dei giudici al potere

“Non rinuncerò. Ripeto: non rinuncerò! E esigo un chiarimento pieno di tutto”. Mentre i manifestanti in piazza chiedevano la sua destituzione, Borsa e real crollavano, i due ministri della Cultura Roberto Freire e delle Città Bruno Araújo davano le dimissioni, il suo principale alleato politico Aécio Neves era sospeso dal seggio di senatore, così in un messaggio tv alla nazione il presidente brasiliano Michel Temer ha reagito allo scandalo di un audio di 39 minuti che il Tribunale Supremo di Giustizia ha consegnato a governo e stampa. Era stato il quotidiano O Globo a rivelare l’esistenza di questa registrazione fatta di nascosto da Josley Batista: uno dei due proprietari del colosso Joesley y Wesley Batista, maggior processatore di carne del mondo. Secondo Temer si tratta di una montatura, ed ha invocato l’esame di un squadra di periti. Stando a questo audio, a marzo il presidente avrebbe chiesto ai fratelli Batista di pagare 160.000 dollari a Eduardo Cunha: ex-presidente della Camera già regista dell’operazione di impeachment contro Dilma Rousseff, ma poi finito in carcere. Obiettivo: convincerlo a stare zitto, e a non accedere a una di quegli accordi di Delazione Premiata con cui si può ottenere uno sconto di pena in cambio di confessioni che compromettano qualcun altro. Ironicamente, sono stati invece ora i Batista a ricorrere a uno di quegli accordi a sue spese.

 

 

Come si è detto, è stato travolto anche Aécio Neves: uomo di punta di quel Partito della Socialdemocrazia Brasiiana (Psdb) che è il principale partner di governo del Partito del Movimento Democratico Brasiliano (Pmdb) di Temer, candidato sconfitto da Dilma Rousseff all’ultimo ballottaggio presidenziale, Neves vede così sfumare la candidatura alle presidenziali del 2018.  Ed è dentro Guido Mantega: esponente del Pt ed ex-ministro dell’Economia di Lula. L’ex-presidente brasiliano Lula, che una settimana fa ha trasformato il suo primo faccia a faccia col giudice Sérgio Moro in uno show per lanciare a sua volta una candidatura presidenziale, nei sondaggi è però in testa, e se una rimozione di Temer portasse a elezioni anticipate potrebbe provare a essere eletto prima che arrivi qualche condanna nei cinque processi in cui è coinvolto.

Temer, invece, aveva detto di non volersi ricandidare, anche perché i suoi livelli di popolarità erano già minimi. Proprio per questo aveva però intrapreso un ambizioso programma di riforme per smantellare definitivamente quel Costo Brasil di lacci e lacciuoli che secondo molti economisti è il grave handicap che impedisce al paese un decollo definitivo. Contro di lui avevano organizzato uno sciopero generale, ma in effetti a poco più di un anno dal suo insediamento il Brasile era uscito da una recessione durata due anni. Adesso è grande la paura che la vicenda azzoppi la ripresa e trascini in basso tutta l’economia latino-americana. Prima che un eventuale impeachment abbia il tempo per essere votato, già il 6 giugno il Tribunale Superiore Elettorale deve pronunciarsi sul finanziamento della campagna elettorale in cui Temer fu eletto vicepresidente proprio di Dilma Rousseff. Se deciderà che il finanziamento fu illegale, Temer finirà automaticamente inabilitato, e a quel punto gli subentrerà il presidente della Camera dei deputati Rodrigo Maia, che però è a sua volta sotto inchiesta. Dopo di lui verrebbe il presidente del Senato Eunício Oliveira, anche lui è stata appena investito da un’indagine. Insomma, le elezioni anticipate dovrebbero essere presumibilmente indette da Cármen Lúcia, presidente del Supremo Tribunale Federale. I giudici al potere, nel senso più letterale del termine.

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