Obama incontra Netanyahu a New York lo scorso settembre (foto LaPresse)

Vogliono annientare Israele

Giuliano Ferrara

La piccola frazione di un villaggio israeliano in Cisgiordania fa di più per la nostra libertà di tutti i predicozzi malvissuti di una ideologia irenista di fede che ha smarrito sé stessa. L’Onu e la retorica cinica su cos’è la legalità

In termini tecnici gli insediamenti israeliani a Gerusalemme e in Cisgiordania sono illegali. In termini tecnici, Israele è illegale, sono illegali le sue vittorie nelle guerre difensive contro il proprio annientamento, le sue conquiste, i suoi muri, i suoi posti di blocco, è in certo senso illegale anche la sua autodifesa contro il terrorismo e le insurrezioni palestinesi fatte di pietre, di bombe umane gettate nei matrimoni e nelle prime comunioni, di coltelli infilzati nella schiena della folla anonima e investimenti alle fermate dei bus. E’ illegale la sua diplomazia perché è illegale lo stato israeliano, illegali e da boicottare le sue esportazioni, perfino i suoi miracoli di società e di sviluppo sono illegali. Gli ebrei sono illegali da sempre, i loro templi distrutti, il loro insediamento originario è l’esilio, la schiavitù, il pogrom, il ghetto. E non è un modo di divagare navigando attraverso la storia e la metastoria di un sacrificio della diaspora che arriva alle camere a gas passando per secoli di antigiudaismo cristiano e di antisemitismo paganeggiante e razziale, comunque diffuso, stereotipato, dunque un modello culturale e di linguaggio e di pregiudizio al quale pochissimi di noi occidentali siamo rimasti estranei, anche nell’alta società progressista e nell’alta cultura illuminista e laica. Gli unici ebrei legali sono quelli integralmente assimilati o integralmente annientati, le due soluzioni finali della questione ebraica. La dichiarazione di illegalità votata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu con l’astensione a tradimento dell’Amministrazione Obama, l’ultimo misfatto dell’uomo che fissò la linea rossa in Siria, famosa, e ora ha cancellato la linea rossa della difesa di Israele in limine mortis del suo potere, per vendetta, è una dichiarazione tardiva e parziale. La coalizione dei nemici e dei falsi amici di Israele punta su quello che considera l’anello debole della catena difensiva israeliana, spacciandolo per profetismo antiarabo-palestinese, ideologia nazionalista e spietato accaparramento di cosa altrui.

 

I due popoli non c’entrano. In Israele vive un milione e mezzo di palestinesi, il venti per cento della popolazione. Non sono tollerati, sono cittadini protetti dal sistema democratico, dalle decisioni delle sue corti di giustizia, sono rappresentati nel Parlamento di uno stato che è lo stato degli ebrei ma ammette cittadinanza e diritti per i non ebrei. Per quanto fanatismo religioso possa essere incorporato tra i settler ebrei in Cisgiordania e a Gerusalemme est, per quanto dall’alto gli snob e i corrotti dello spirito guardino le idealità, il senso biblico delle radici, l’impresa di frontiera di quanti scelgono di installarsi o insediarsi nei Territori, per quanto cerchino di trasformare in fanatismo coloniale l’ultima grande impresa pionieristica del popolo più solo e coraggioso del mondo, non sono gli abitanti degli insediamenti a essere coloni ebrei, sono gli ebrei a essere dovunque e sempre degli insediati, chiusi nelle loro fortezze con i loro vecchi e bambini, operosi, devoti, e finalmente anche armati e forti di una vita di vocazione e di destino che chiede il giusto riconoscimento alle coscienze delle persone mentalmente sane e pulite. Questa è la loro illegalità internazionale. E si capisce che a difesa di questa illegalità siano schierati il governo Netanyahu e una componente immensa, se non maggioritaria, degli ebrei di Israele e della diaspora. E se non fosse così, se solo una minoranza fosse in grado di capire che esistono famiglie, esseri umani, comunità che hanno deciso di non sottomettersi a quanto la storia e il fato hanno loro riservato, pazienza. Contiamoci con semplicità nella minoranza dei giusti senza sentirci specialmente giusti.

 

 

Come dice Irv, il papà di Jacob, nel romanzo bellissimo di Jonathan Safran Foer, “i loro ospedali sono pieni di razzi puntati sui nostri ospedali che sono pieni di loro malati, e alla fin fine a noi piace il pollo Kung Pao e a loro piace la morte”. Sharon, riposi in pace, ritirò le truppe israeliane da Gaza, con le conseguenze che si sono viste ed è un bene universale che si siano viste. Non è l’ultima delle motivazioni per insediamenti che cercano di far vivere uno stato guarnigione assediato da poteri bestiali, come quello di Assad, da etnie ferocemente nemiche, da stati e da una educazione popolare dediti alla distruzione di Israele, in era per la regione prenucleare. Problema che nonostante la viltà e la cecità dell’Onu e degli Obamas ci riguarda tutti. Anche i sottomessi come padre Enzo Bianchi che ha avuto il coraggio di affermare quanto poco avesse a che fare l’attentato di Berlino con il Natale cristiano; il suo obiettivo, dice questo vecchio saggio dell’Eurabia, erano il consumismo e la secolarizzazione. Jihadisti come fratelli separati ma lungimiranti dei cristiani. La piccola frazione di un villaggio israeliano in Cisgiordania fa di più per la nostra libertà e sicurezza di tutti i predicozzi malvissuti di una ideologia irenista di fede che ha smarrito sé stessa. Figuriamoci il cinismo dell’Onu.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.