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Apple e il nostro senso per la privacy

Pietro Minto

L'azienda di Cupertino intercetta la svolta sui dati personali: meno tracciament0 digitale e più informazioni biometriche e fisiche

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Amazon, Apple, Google e Microsoft sono tra i brand più riconosciuti e apprezzati del mondo: sono i quattro cavalieri della tecnologia e, soprattutto, sono dei giganti che non hanno fatto che aumentare la propria mole durante gli ultimi due anni, mentre il resto del mondo subiva un traumatico arresto pandemico. Altra caratteristica in comune: ciascuna di queste aziende vale più di un trilione di dollari, ovvero un milione di miliardi, una cifra che il cervello umano fa difficoltà a immaginare. Una crescita spaventosa che nemmeno la carenza globale di chip – figlia della crisi della supply chain – è riuscita a fermare. Anzi. secondo il commentatore del New York Times Farhad Manjoo, tutto questo potrebbe essere solo l’inizio di un’espansione destinata a durare a lungo. Le dimensioni future del Big Tech faranno impallidire quelle odierne.

Tra i colossi citati, Apple è forse il più interessante. Nel 2018 fu la prima azienda al mondo a superare quota un trilione di dollari di valore; nei primi giorni del 2022 ha superato quota tre trilioni. Basterebbero forse queste due righe a dare una misura della sfrenata crescita di Cupertino, nonostante – o grazie? – il Covid. Gli anni pandemici sono infatti coincisi con un periodo importante per l’azienda cofondata da Steve Jobs, che ha favorito la sua crescita aprendosi a nuovi settori. 

E’ successo poco prima del fatidico 2020, con la svolta verso i servizi voluta dal ceo Tim Cook. Si veniva da circa dieci anni condizionati dalle vendite dell’iPhone, che verso la fine del decennio cominciarono a diminuire, raggiungendo un inevitabile plateau (da non confondersi con una crisi del prodotto). Con centinaia di milioni di dispositivi mobile in tutto il mondo, Apple aprì la strada ai servizi digitali, che vanno da Apple Pay a Apple Music arrivando a AppleTV+. Secondo l’analista Dan Ives i soli servizi Apple potrebbero valere più di un trilione di dollari.

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Una svolta, quella dell’azienda, che non sarebbe dispiaciuta al suo fondatore Jobs, che nel 2001 rilanciò Apple con il concetto di “Digital Hub”: il computer come centro di una nuova leva di dispositivi digitali, quali fotocamere e lettori mp3. Sono passati poco più di vent’anni e gli smartphone hanno reso obsoleti tutti quei gadget, trasformando il concetto di “hub digitale”, che oggi inizia e finisce nelle nostre mani. La conversione ai servizi si è accompagnata a un nuovo interesse per la privacy. Da sempre Apple vanta un alto livello di sicurezza informatica, ma nel 2019 le cose sono cambiate: la privacy, specie quella legata agli iPhone, è diventata un optional, la killer app di questi dispositivi. In quei giorni, alcuni manifesti pubblicitari pagati da Apple sono comparsi a Las Vegas, in occasione della Ces, l’annuale fiera d’elettronica di consumo, sbertucciando la concorrenza, specie Android, in fatto di sicurezza e di cura dei dati degli utenti.

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E’ a questo punto che entra in scena la pandemia che ha velocizzato processi in corso da tempo e stimolato tendenze che altrimenti, forse, non si sarebbero mai manifestate. Pensiamo al QR Code alla base del certificato verde; o al Green Pass stesso; oppure all’app Immuni e all’idea di “tracciamento”. E’ un filone, quello dei dati personali, che Apple andava esplorando da tempo, specie con Apple Watch, in grado di misurare e ottenere alcuni dati biometrici sul comportamento di chi lo indossa. 

Questo nuovo fronte va ben oltre i cookies, quei pezzi di codice che ci seguono da un sito all’altro per avere informazioni sulle nostre preferenze e fornirci pubblicità personalizzate. Eppure, è proprio questo il fronte su cui Apple sta combattendo, dando possibilità ai suoi utenti di interrompere il tracciamento tra un’app e l’altra, con grande danno per Facebook. Allo stesso tempo, però, ecco l’app Salute con cui iPhone monitora battito cardiaco, sonno e respiro dei suoi utenti (previo consenso, ovviamente).

Siamo solo agli inizi. Il Covid ha cambiato il nostro rapporto con questo tipo di privacy, rendendoci più permissivi: secondo un recente sondaggio (Kaspersky), il 54 per cento degli italiani sarebbe favorevole alla condivisione di dati sanitari per combattere la pandemia. Ancora di più (l’80 per cento) sono quelli disposti a farlo pur di avere maggiori libertà. E’ la nuova idea di privacy che sembra uscire dalle nebbie del Covid: meno tracciamento digitale e più informazioni biometriche e fisiche. Un cambiamento culturale e politico enorme; e un nuovo business per i giganti del Big Tech.

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