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Gran calma #24

In questa schizofrenica Serie A c'è chi ha ancora pazienza

Enrico Veronese

Oltre alla Cremonese che dopo ventiquattro partite e ventinove anni ritorna al successo in Serie A, ci sono anche allenatori che hanno avuto la capacità di attendere i loro giocatori: come Dionisi con Ruan Tressoldi

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I risultati della 24esima giornata di Serie A

Cremonese-Roma 2-1 17′ Tsadjout, 71′ Spinazzola (R), 83′ rig. Ciofani
Juventus-Torino 4-2 2′ Karamoh (T), 16′ Cuadrado, 43′ Sanabria (T), 45′ +1 Danilo, 71′ Bremer, 81′ Rabiot

Empoli-Napoli 0-2 17′ aut. Ismajli, 28′ Osimhen
Lecce-Sassuolo 0-1 65′ Thorstvedt
Bologna-Inter 1-0 76′ Orsolini
Salernitana-Monza 3-0 52′ Coulibaly, 65′ Kastanos, 71′ Candreva
Udinese-Spezia 2-2 6′, 72′ Nzola (S), 22′ Beto, 55′ Pereyra
Milan-Atalanta 2-0 26′ aut. Musso, 86′ Messias
Verona-Fiorentina 0-3 12′ Barák, 38′ Cabral, 89′ Biraghi
Lazio-Sampdoria 1-0 80′ Luis Alberto

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La classifica della Serie A dopo 24 giornate

Napoli 65; Inter e Milan 47; Lazio 45; Roma 44; Atalanta 41; Juventus (-15) e Bologna 35; Torino e Udinese 31; Monza 29; Fiorentina e Empoli 28; Sassuolo e Lecce 27; Salernitana 24; Spezia 20; Verona 17; Cremonese 12; Sampdoria 11.

    

Perché quasi nessuno riesce più a vincere più di due partite consecutive

Il colpo d’occhio della classifica è chiaro. Solo il Napoli - che fa campionato a sé - ha vinto tutte le ultime cinque partite, solo la Juventus ha vinto quelle di febbraio, il ritrovato Milan di Mike Maignan e Zlatan Ibrahimović si attesta per ora a tre successi di fila. Lazio e Bologna forse stanno iniziando, con due vittorie, un nuovo mini-ciclo tutto loro; le altre, cara grazia se ne vincono una e pareggiano la successiva. Un torneo schizofrenico, che da un lato è sintomo di livellamento (verso il basso, ovvio), dall’altro - inveterata tradizione italiana - dimostra come non ci sia niente di scontato in alcun impegno, ove preso sottogamba. Per questo motivo l’Inter arresta a Bologna la sua serie positiva, mentre gli stessi rossoblu erano caduti inopinatamente in casa contro il Monza nel mezzo tra due filotti lusinghieri. Chi si bea del proprio trend, stanti le premesse, già sa: gran calma, perché potrebbe non continuare in eterno.

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Perché Juventus-Torino è stata un film a tinte forti e un crocevia di carriere

Quante storie dal derby della Mole. Un campione del mondo, Leandro Paredes, in panchina assiste al debutto nel suo ruolo del giovane Enzo Barrenechea, unico pedigree la Serie C. L’esordiente assoluto alla regia di una Juve non bella, in una delle partite più sentite: schiacciato davanti la sua difesa, il numero 45 non incide particolarmente ma nemmeno compie errori. Gli subentra Paul Pogba, che appena entrato porta gas e mostra quale sia il suo vero ruolo in campo: il totem e motivatore, come Ibra nel Milan. Gleison Bremer che segna ed esulta, come pochi ex fanno: di tanti passati dalle due sponde del Po, la tifoseria granata l’ha lasciato andare senza l’irritazione che il miglior difensore della scorsa stagione avrebbe probabilmente meritato. Il croato Ivan Jurić, testa calda da Toro, sostituisce dopo soli quindici minuti il serbo Nemanja Radonjić, reo di aver sbagliato la posizione durante il calcio d’angolo decisivo: in sala stampa si minimizza, ma ormai l’ala è acquistata e, come José Mourinho (altro fumante) con Rick Karsdorp, se non scoppia una nuova pace sarà un peso a bilancio. Non si parla mai troppo bene di Antonio Sanabria, che ha i piedi buoni e fa muovere tutta la fase offensiva della sua squadra, segnando o provandoci; e quanta tristezza per il solo minuto tattico concesso a Leonardo Bonucci, l’uomo di Wembley. A trentacinque anni si avvia ad essere un “precoce” Furino, che disputò mezza partita per cucirsi l’ottavo scudetto? Gran calma, solo il regista di questo film così intenso può scrivere la parola fine anche per lui. E tutto lascia intendere che i suoi lanci perfetti dalla difesa troveranno ancora una punta ad attenderli.

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Perché il Bologna va bene così, ma sa già che potrebbe non durare a lungo

Tutti parlano di Thiago Motta e si inchinano al suo nuovo giocattolo, smontato e ricomposto, con le fondamenta nel gioco. L’exploit di Riccardo Orsolini, Stefan Posch rivelazione, un Andrea Cambiaso rinfrancato dalla concorrenza greca, le parate di un sottovalutato Łukasz Skorupski. Ma anche i trequartisti che fanno le punte, da centravanti-spazio con decollo vista Parigi. Eppure gran calma, la necessità fatta virtù di una rosa senza più punte sta per fare i conti con il rientro di Marko Arnautović e, in misura minore, di Joshua Zirkzee: qui si parrà la nobilitate dell’oriundo di Polesella, che in tuta regge le fila dei suoi. Come lasciare fuori cotanto carisma, una simile somma di gol, la fisicità che tiene impegnati due difensori? E se li inserisce, ovviamente a turno, come essere certi che questo non infici l’incantesimo perfetto che sta portando i felsinei alle soglie della qualificazione in Conference League? Problemi che non ha Leonardo Semplici, subentrato a La Spezia: mero contropiede, verticalizzazione per M’Bala Nzola, palla in rete. Semplicismo semplice, ma non sempliciotto.

  

Perché è il momento di coloro che hanno saputo aspettare, e ora scalciano i totem

Una volta aspettava in panchina quasi solo il portiere di riserva. Ci hanno scritto canzoni e pièce teatrali, riguardo i dodicesimi di Dino Zoff: Massimo Piloni, Giancarlo Alessandrelli capace di prendere tre gol (dall’Avellino) in 45 minuti, Luciano Bodini che i suoi momenti di gloria li ha pure avuti. Poi, con l’avvento del turnover scientifico e delle rose ampie, le partite di Coppa Italia anziché lanciare i giovani della Primavera impiegavano i rincalzi che altrimenti avrebbero piantato radici in panchina: c’è chi arriva dall’estero senza il battage di un nome, viene provato pochi minuti e magari fuori ruolo. Come Ruan Tressoldi, cent’anni fa sarebbe stato oriundo pure lui: nelle rotazioni del Sassuolo pareva non rientrare più, dopo esordi non convincenti da terzino destro. Ma Alessio Dionisi ha avuto gran calma e l’ha aspettato, l’ha visto allenarsi, gli ha dato una chance; poi due, poi tre. Ripagato dai 7 in pagella del brasiliano che ha saputo aspettare, e che ora ha superato in gerarchia addirittura Gianmarco Ferrari, un totem allo stadio Mapei. Quelli che aspettano: prima vittoria in Serie A per la Cremonese dopo ventiquattro giornate, dopo ventinove anni.

 

Perché la serie B, come sempre, non è definita manco quando lo sarà veramente

Uno sguardo alla cadetteria, ovvero alle prossime entrate nella Serie A 2023-2024. Anche qui c’è una squadra che sta volando, il Frosinone di Fabio Grosso, ma con un margine dimezzato rispetto a quello del Napoli. Dietro stanno sgomitando nobili decadute come Genoa e Bari, provinciali con sprazzi di celebrità (Reggina e Pisa), favole a nome Südtirol: tutte consapevoli che in un torneo a venti squadre basta una sequenza per ritrovarsi in alto o in basso. Dove compagini di recente o datato blasone - Venezia, Benevento, Spal, Brescia - vivono la condizione opposta: eppure ci possono pure impiegare gran calma, perché nemmeno basterà piazzarsi, nella più parte dei casi. E inesorabili saranno i playoff e playout a decidere, dopo la prima scrematura: anche chi è arrivato ottavo può sognare la massima serie. Pur comprendendo la ratio che ha spinto il regolatore calcistico ad agire in tal modo, continua dopo 38 giornate a non apparire giusto. Anche se nessuno se lo chiede più, e tutto viene dato per scontato.

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