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di nuovo in viola

Ilicic torna a casa (e al calcio)

Andrea Trapani

Il giocatore sloveno ha firmato con il Maribor fino all'estate del 2025. Ha scelto di vivere dove può essere se stesso: un uomo normale che gioca a pallone

Per secoli la città di Maribor ha rappresentato il ponte fra il mondo germanico e i Balcani, un centro naturale di scambi commerciali grazie al porto lungo la Drava. Una città capace di mostrare, allo stesso tempo, il suo aspetto medievale e quello barocco, mischiando le vibrazioni della vita universitaria con quelle di un luogo di quiete, una terra memore delle vittorie ma anche delle sconfitte e dei tempi bui. Aggettivi che, per una coincidenza della storia, rappresentano al meglio anche la vita del calciatore più talentuoso che abbia mai giocato nella squadra locale di calcio, Josip Iličić.

 

L’annuncio via Twitter

 

 

Un tweet dalla vicina Slovenia ha riacceso i riflettori su un calciatore che ha illuminato la Serie A con la stessa bellezza e pacatezza della città che lo ha lanciato nel grande calcio.

La storia familiare di Iličić, colpito più volte dalla sofferenza della vita moderna, è tanto nota quanto complessa, una plastica rappresentazione del fermento balcanico alla fine del secolo scorso: nato da una famiglia di etnia croata in una città della Bosnia ed Erzegovina a maggioranza serba, morto il padre (per mano di un serbo), da piccolo si è trasferito in Slovenia, vivendo come profugo di guerra in quella che sarebbe diventata la sua nuova patria. Un percorso lungo e accidentato, a volte fortunoso, come quello vissuto da calciatore.

  

Il ritorno in viola tra coincidenze e paradossi

Dopo essersi svincolato dall’Atalanta, avevamo perso le tracce di Iličić fino a oggi. Stamani è arrivato l’annuncio, torna a Maribor con un contratto importante che durerà fino all'estate del 2025. Per un nuovo inizio in viola ha scelto la maglia con il numero 72, l’ennesimo paradosso della sua vita.

Quel colore e quella maglia sono stati indossati anche in quella che è stata la sua esperienza italiana meno felice. Un grande talento in una piazza dalle grandi ambizioni ha solo due scelte: o diventa l’idolo dei tifosi oppure, come è successo a Firenze, sarà meno amato di quanto merita.

Il suo carattere chiuso mal si concilia con gli aspetti più sprezzanti del tifo, tanto da finire addirittura bersagliato dai fischi – cinici e immeritati, come ha ricordato l’ex compagno di squadra Borja Valero nel suo libro – all’apice di quella Fiorentina, in una maledetta (e quasi impossibile) semifinale di Europa League contro il Siviglia. Gioie e dolori. In verità la sua fortuna si realizza proprio in quella competizione, nell’estate 2010, quando, appena arrivato a Maribor, fu scoperto dal presidente Zamparini nel preliminare contro il Palermo.

Dopo una sessantina di partite in patria, bastarono centottanta minuti per arrivare in Serie A. In rosanero esplode, transitando in riva all’Arno prima di sbarcare a Bergamo dove, complice l’intuizione del tecnico, si trasforma nel protagonista di un’orchestra. Lui così schivo che diventa il fulcro del gioco di Gasperini.

L’ennesimo paradosso di un percorso che, in nerazzurro, tocca le vette più alte. Le cose belle non durano all’infinito. Giocare in Champions League non riesce a lenire le ferite, quelle interiori, quelle più forti. La pandemia colpisce pesantemente la città e l’animo di Ilicic entra in una spirale che finalmente si ferma con il ritorno odierno al calcio giocato.

   

Maribor, una scelta di vita

Essere protagonista ancora una volta, nella nazione che lo ha fatto diventare quel che è oggi, fa di lui il simbolo del calcio sloveno e di coloro che amano le doti dei giocatori come lui. Ora dovrà solo chiudere il cerchio di una carriera che poteva essere assai più generosa. In Italia non ha mai vinto un trofeo, ci è andato vicino un paio di volte ma non basta per metterle nel proprio palmares.

Vincere però non è tutto, Iličić lo sa bene e ha scelto di vivere dove può essere se stesso: un uomo normale che gioca a pallone.

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