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Ilicic, il Minotauro: mezzo uomo mezza nuvola

Alessandro Bonan

Lo sloveno dell'Atalanta è uno dei più grandi misteri del calcio dei nostri giorni. Nelle giornate migliori si produce in brusche frenate e ripartenze fulminanti a quattro ruote motrici. Nelle altre si addormenta

Mezzo uomo e mezza nuvola. Dal bacino in su appartiene al cielo, e sembra quasi che lo tocchi. La parte sotto è cosa visibile agli umani. Josip Ilicic è uno dei più grandi misteri del calcio dei nostri giorni, forse il prodotto di uno spregiudicato funambolo delle illusioni. Mai vista un’opera d’arte così ardita, busto alto in marmo su gambe medie in gomma. Lo guardi e non ti pare che sia vero, e ogni volta fai fatica a riconoscerlo, una sorta di Stanislao Moulinsky del rettangolo verde. Assume le sembianze di molti: sciatore tra i paletti quando parte in slalom, fuciliere di precisione nell’atto di caricare il sinistro per centrare il sette.

 

Nei giorni migliori si produce in brusche frenate e ripartenze fulminanti a quattro ruote motrici, un po’ Sandro Munari (un retro flash la sua Lancia Stratos in miniatura) un po’ il grande Schumi. Corre con le braccia allargate, come un equilibrista sul filo della precarietà. Ma raramente cade e se lo fa è solo per addormentarsi, cosa che gli capita spesso. Una narcolessia improvvisa che lo esclude da qualsiasi discorso, come quei commensali che dopo il quarto bicchiere di vino smettono di parlare e guardano nel vuoto, vedendo, in quel vuoto, il proprio letto, il calduccio sotto le coperte. Nonostante sia così alto evita di usare la testa. Ogni pallone in quota viene ritenuto indegno, e quindi trascurato. Ilicic preferisce la palla in terra, legata con un elastico al suo sinistro magico. Non sempre ha voglia di giocare, unico ragazzo al mondo che chiede di restare in camera a studiare. Così sparisce e forse neanche studia, sonnecchia. Un sostanziale letargo che può durare anche un anno, due, non si sa. All’improvviso si ripresenta, forse ancora più alto (com’è quella teoria che a letto si cresce?), e ricomincia a giocare in quella maniera strampalata. Gli avversari come paletti, il sette nel mirino, un turbo nel motore, la testa tra le nuvole. Eppure se lo guardi in faccia – anche se non è facile arrivare fin lassù – non capisci dove sia la fatica, la gioia, il dolore, il desiderio, la rabbia, la soddisfazione. Non c’è vita sul suo volto, come su qualsiasi pianeta sopra le nuvole a quel che ci è dato di sapere. Vengono in mente quegli attori che hanno tanto successo, e tu non te lo spieghi il perché visto che amano e odiano con l’identica espressione.

 

Ilicic gioca bene e male con la stessa apparente indifferenza. Gli occhi socchiusi, la bocca aperta, senza esultare né protestare. Sembra lento, è velocissimo, sembra goffo, è agilissimo, sembra gracile, è fortissimo. Il mistero è con lui, il Minotauro del pallone, mezzo uomo e mezza nuvola.

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