(Foto di Ansa) 

Il foglio sportivo

Chi sarà il nuovo re degli scacchi?

Michele Barbaro

Le battaglie politiche passano anche dallo scacchiere del torneo dei Candidati: i geni che si sfidano sono lo specchio dei cambiamenti in atto, considerando che il gioco è storicamente presidio del soft power russo

Sotto le volte barocche del Palacio de Santona di Madrid si sta svolgendo in questi giorni il più importante torneo di scacchi dell’anno. Otto giocatori, tra i più forti al mondo, si stanno sfidando senza tregua. È il Torneo dei Candidati e in palio c’è un posto nel prossimo match mondiale contro l’attuale campione del mondo, Magnus Carlsen. Come moderni Prometeo, questi eroi di cristallo guardano la scacchiera in cerca della via segreta della ragione. La strada per la vittoria è però ardua: si gioca sulle quattordici partite, due contro ogni avversario, una col bianco e una col nero, e mai come questa volta la qualità assoluta è altissima.

 

A sfidarsi sono otto geni assoluti del gioco, portatori di storie umane e sportive straordinarie. Storie che tornano a intrecciarsi con le contraddizioni del presente, come se il dio degli scacchi volesse ricordare l’esistenza di un filo rosso che lega la scacchiera ai destini del mondo, così come era cinquant’anni fa, quando Bobby Fischer e Boris Spassky inscenavano con cavalli e alfieri il freddo conflitto che invadeva il mondo. Oggi, di nuovo, a lottare per la vittoria finale ci sono campioni russi e americani. Tra i favoriti c’è sicuramente Ian Nepomniachtchi, nato a pochi chilometri dal confine russo con Ucraina e Bielorussia. Reduce da un disastroso Campionato del mondo, schiacciato dalla granitica perfezione di Carlsen, è arrivato a Madrid in cerca di redenzione. La sua profondissima preparazione teorica potrebbe restituirgli quella rivincita contro il campione del mondo che ai più sembrava impossibile.

 

Seguono i due giocatori americani, Fabiano Caruana e Hikaru Nakamura. Il primo, pur non avendo ancora trent’anni è già considerato il più esperto giocatore del torneo. Per anni ha giocato per la Nazionale italiana, poi le sirene americane – e condizioni decisamente più vantaggiose – lo hanno spinto a vestire la bandiera a stelle e strisce. Il secondo, Hikaru Nakamura, è a suo modo un perfetto rappresentante dell’immaginario americano. Dopo una carriera tra i professionisti, Nakamura ha abbandonato i tornei ufficiali per dedicarsi allo streaming online. Da qualche anno è una celebrità di YouTube e Twitch, seguito quotidianamente da milioni di persone in tutto il mondo. La Federazione, forse interessata alla sua popolarità più che al suo gioco, decise di invitarlo a uno dei tornei di qualificazione per questi Candidati. Contro ogni aspettativa Nakamura è riuscito a vincere il torneo e guadagnarsi un posto a Madrid. “Anche contro i miei interessi – ci ha confidato al termine di una partita – guadagnerei molto di più se stessi a casa a fare video”. La vera celebrità del torneo. Sono quasi tutti per lui le centinaia di tifosi che attendono la fine delle lunghe partite, all’esterno del Palacio de Santona.

 


Accanto a loro però ci sono cavalieri pronti a tutto, segno, anche questo, della complessità del mondo presente. Ding Liren, campione cinese, è uno dei migliori al mondo. Sarebbe uno dei favoriti, se non fosse segnato da più di un anno di privazioni durissime subite in patria in seguito alla rigida gestione della pandemia da parte di Pechino. Poi il diamante nero iraniano, naturalizzato francese, Alireza Firouzja, il più giovane giocatore ad aver mai partecipato al Torneo dei Candidati. Genio grezzo e assoluto. Ha compiuto 19 anni durante il secondo turno del torneo, mentre sfidava il giocatore forse più originale tra i partecipanti: Richard Rapport, istrione ungherese, capace di abbandonare le strade sicure della teoria per avventurarsi sui sentieri impervi dell’intuizione. Seguono Teimour Radjabov, azero di ghiaccio, ripescato dalla Federazione, perché prima di tutti, decise di non partecipare ai giochi del marzo 2020, capendo il peso della scure che stava per abbattersi su tutto il pianeta e Jan-Krzysztof Duda, polacco granitico, cresciuto seguendo le solide indicazioni dei computer moderni. Nella stanza accanto a quella dove si gioca il torneo, c’è però un’altra partita, altrettanto importante per il destino degli scacchi e ugualmente foriera dei venti di guerra che spirano nel mondo. Il presidente della Federazione internazionale del gioco degli scacchi è seduto nella sala vip a osservare le mosse dei giocatori.

 

Si chiama Arkadij Vladimirovič Dvorkovi, ed è stato dal 2012 al 2018 consigliere personale e vice primo ministro di Dmitrij Medvedev, allora presidente della Federazione russa. Poi il ritorno di Putin e lo spostamento di alcuni pezzi pesanti lo hanno portato sulla poltrona più importante del gioco. Da sempre di egemonia russa, il governo degli scacchi mondiale ha subito le pesantissime influenze di Mosca, sia nelle scelte organizzative che nei capitali che finanziano il gioco. Gli scacchi sono storicamente uno dei più eminenti presidi del soft power russo. Dvorkovič però segue questo Torneo dei Candidati da una posizione più scomoda del solito: uno dei qualificati al torneo, Sergej Karjakin, nato in Crimea nella parte filorussa, allo scoppio della guerra ha espresso posizioni fortemente filoputiniane, arrivando a gioire dei missili su Kyiv. Una levata di scudi internazionale ha obbligato la Federazione a escluderlo dal torneo. 

 


Ovviamente a Dvorkovi, nella conferenza inaugurale del torneo, è stato chiesto conto dei suoi legami con il Cremlino e della posizione rispetto al conflitto. Il presidente russo, con affabile retorica, non ha mai pronunciato la parola guerra e ha sempre virato l’argomento verso una diplomatica e allusiva “speranza di risoluzione del problema”. Oltre a questo, a rendere ancora più emblematico lo spirito dei tempi in seno alla federazione, fra due mesi ci saranno le elezioni per il rinnovo della presidenza. Mentre Dvorko vičha già confermato la sua ricandidatura al fianco del campione indiano Viswanathan Anand, a sorpresa è arrivata la candidatura di un Grande Maestro ucraino, Andrii Baryshpolets, accompagnato da Peter-Heine Nielsen; già allenatore del campione del mondo Magnus Carlsen. 
Le stanze affrescate del Palacio de Santona sono popolate di mecenati, finanziatori, delegati provenienti da tutto il mondo. Il brusio dei giochi politici risuona tra i saloni rococò. Poi però cala il silenzio, i giocatori si sono seduti al tavolo. Aggiustano lentamente i pezzi sulla scacchiera, scrutano nel vuoto le geometrie ancestrali, si preparano alla lunga battaglia delle anime. “Gli scacchi sono il gioco della volontà”, diceva un vecchio detto. Mai attuale come oggi. 

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