(elaborazione grafica Il Foglio)

il foglio sportivo - il ritratto di bonanza

Italiano, Tudor e Juric con la musica a palla

Alessandro Bonan

Gli allenatori di Fiorentina, Verona e Torino quest'anno ci hanno fatti divertire, come se fossimo andati a un concerto rock

Una volta George Harrison disse che i Beatles avevano salvato il mondo dalla noia. Forse, il serioso George, quello sempre un po’ in ombra del quartetto di Liverpool, ha esagerato ma qualcosa di vero c’è. I Beatles ruppero tutti gli schemi stilistici, sia musicali sia d’immagine, provocando un autentico terremoto. Ai loro concerti le urla dei fans coprivano la musica, tanto che i Beatles avrebbero potuto tranquillamente far finta di suonare che tanto nessuno se ne sarebbe accorto. L’immagine richiama quelle partite del nostro campionato dove la folla, tornata a occupare gli spalti dopo la pandemia, ha gridato senza sosta davanti a partite in troppi casi fatte di nulla. C’era voglia di musica, di una rivoluzione, di una squadra che, come i Beatles, rompesse gli schemi salvandoci dalla noia. 

È successo in qualche caso, quando il Milan si è acceso con le giocate di Leao e Hernandez; nell’Inter, soprattutto per merito delle triangolazioni veloci sulle fasce. A Napoli, dove Osimhen ha spiccato con la sua fisicità dando un senso a tutta la manovra. È detto in sintesi, sia chiaro, ma questa è la musica che ricordiamo con maggiore soddisfazione. Per quanto riguarda il resto, la Juventus ha giocato troppe partite senza polpa, ridotte all’essenziale come un osso scarnificato. La Roma ha emozionato per il contesto e per tutte le vibrazioni che Mourinho riesce a dare alla sua chitarra, ma il suono è parso piuttosto flebile, tranne in rare occasioni. Il coro lo ha fatto il popolo, il calcio è stato minimo. La Lazio ha suonato soprattutto alla fine, in un concerto chiuso tra i mortaretti, ma l’inizio e il durante hanno evidenziato chiari e scuri, in un balletto zoppo e a tratti senza senso. Sarri ha chiesto tempo e il tempo, solo alla fine, gli ha dato ragione. Il meglio è arrivato dai rincalzi, dal Verona, dalla Fiorentina e dal Torino. 

Un filo rosso ha legato queste tra squadre: è stato quello del coraggio. Sia Tudor che Italiano, insieme a Juric, hanno interpretato le partite all’offensiva, senza però dimenticare che il calcio si gioca anche in difesa. Terzini come ali, uomo contro uomo a tutto campo, pressione costante sulle iniziative avversarie, recuperi velocissimi a ritroso sulle palle perse come scale di chitarra all’incontrario affidate a mani velocissime. Se potessimo dare un genere al loro calcio, sarebbe un rock piuttosto asciutto, con tante scintille dentro tutti gli strumenti. Poco dei Beatles, che senza Gasperini mancava il quarto, ma qualcosa di molto somigliante ai Rolling Stones. Musica a palla, è proprio il caso di dire.

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