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dati e numeri

L'Europa del pallone sprofonda. Ma Ceferin è ottimista

Ruggiero Montenegro

Nelle ultime due stagioni la riduzione dei ricavi è di 7 miliardi di euro, pesa la chiusura degli stadi. Tra i campionati più importanti, l'Italia fa registrare la contrazione più forte. Intanto gli stipendi sono sempre più alti e insostenibili

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Il pallone rotola a picco. Piangono tutti, finanche in Inghilterra. Sono gli effetti di una pandemia che, dopo aver messo a nudo tutti i deficit di un mondo cresciuto su fragili fondamenta, svela oggi anche una realtà economica devastata. Sette miliardi: a tanto ammonterebbe infatti la riduzione dei ricavi nelle stagioni 2019/20 e 2020/21. È la fotografia restituita dal tredicesimo report Uefa sull'analisi comparativa delle licenze per club – The european club footballing landscape.

Sono stati in particolare i mancati introiti degli stadi a trainare a caduta: oltre 4,4 miliardi in meno a causa di spalti senza pubblico o con capienza ridotta. Il resto l'hanno fatto la contrazione del mercato dei trasferienti e di quello delle pubblicità. Uno scenario comune a tutti, seppur a livelli diversi. Pure il campionato inglese, il più ricco d'Europa, deve fare i conti con perdite ingenti, nonostante sia riuscito a limitare i danni.

 

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L'Italia presenta un fatturato di 2.05 miliardi di euro nel 2020, così diviso tra gli 879 milioni di euro dei diritti tv, 295 milioni dei premi Uefa, 212 milioni dal pubblico negli stadi e 666 milioni provenienti dalle attività commerciali e di sponsor. In generale si tratta di una flessione del 21 per cento sul 2019: un dato che fa del nostro campionato, tra le leghe europee più prestigiose, quello messo peggio, dietro a Inghilterra (fatturato nel 2020 di 5,16 miliardi e perdite del 12 per cento), Spagna (3,18 miliardi e – 5 per cento) e Germania (3.06 miliardi, - 9 per cento). Dopo di noi, la Francia, solo per questioni di fatturato: 1,68 miliardi ma anche una tenuta migliore della nostra, avendo rinunciato “solo” all'11 per cento delle entrate.

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E pure guardando al 2021, alle stime previsionali offerte, la luce è ancora molto lontana per l'Italia: il massimo organismo del calcio europeo prevede una ulteriore contrazione del 18 per cento, con un risultato aggregato che porta le mancate entrate durante la pandemia a -26 per cento rispetto al periodo subito precedente.

A livello di club, invece, è il Barcellona la squadra che nel 2020 ha incassato di più: 730 milioni, seguito dal Real Madrid con 715. Ma per gli azulgrana la flessione è del 14 per cento sull'anno precedente mentre la squadra della capitale spagnola se la cava con meno 6 per cento. Regge invece il Bayern Monaco, terza per fatturato con 634 milioni e appena, si fa per dire, il 4 per cento di mancati introiti. Quanto all'Italia, nei primi 20 club europei per incassi, compaiono solo Juventus e Inter e con risultati poco lusinghieri: 401 milioni per i bianconeri e meno 14 per cento sul 2019, i milanesi fanno segnare 302 milioni di entrate e meno 19 per cento.

 

L'altro elemento degno di nota che si evince dal report è quello relativo ai trasferimenti: in Europa, la scorsa estate, i club europei hanno speso un totale di 3,8 miliardi di euro in trasferimenti, nel 2019 si spendeva il 41 per cento in più (6,5 miliardi), con chiari benefici sulla casse dei club. Nel frattempo, sono mediamente aumentati del 2 per cento i costi degli stipendi, ma soprattutto, stima il report che il 91 per cento delle entrate dei club vengono assorbite dalle spese per i calciatori, tra stipendi (pesano il 56 per cento), costo dei cartellini (18 per cento) e altre spese di natura amministrative-burocrtica (17 per cento). Ennesima conferma della stortura strutturale, della zavorra che fa sprofondare il sistema.

Eppure, nonostante tutto, le tinte fosche dipinte dall'Uefa non scalfiscono Aleksander Ceferin, che anzi si dice ottimista sul futuro: “I club hanno reagito agli inevitabili effetti finanziari della pandemia. I ricavi tv sono stati sani nel 2021, dopo lo stop del 2020, e il nuovo ciclo dei diritti (2021/22–2023/24) ha portato un'ulteriore crescita dei ricavi” ha sottolineato il presidente Uefa, spiegando che “una lezione degli ultimi due anni è stata che solo dimostrando solidarietà il calcio europeo può superare sfide come la pandemia”. E le attività messe in campo dalla federazione, dalla ristrutturazione dei calendari, all'adattamento del fair play finanziario, fino all'applicazione dei protocolli sanitario, dimostrerebbero “la capacità del calcio di affrontare le sfide”. Senza dimenticare la Superlega: “Anche quella è stata una lezione. Le azioni egoistiche sono state vanificate dall'unità del calcio europeo”.

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E cosi sarà pure, ma tuttavia, a guardar bene le ultime vicende e la gestione dello stesso presidente, incapace spesso di scindere la vicenda personale da quella professionale, qualche dubbio sulle sue parole, e sul futuro pallone, resta.

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