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Il recovery plan degli altri. Quanto spenderanno per la Sanità i paesi europei

Luca Roberto

I fondi per ammodernare il servizio sanitario nazionale sono diventati terreno di scontro politico. Le stime del governo e il confronto con Germania, Francia e Spagna

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I fondi in arrivo dall'Europa, quanto meno la loro gestione e l'ammontare complessivo di alcune voci di spesa in particolare, sono diventate il cruccio intorno a cui s'alimentano le polemiche e gli scontri nella maggioranza di governo. Tensioni antiche almeno quanto le divisioni sul Mes, rinfocolate dall'intervento di Matteo Renzi in Senato durante la discussione sulla riforma del Fondo Salva stati, in cui il leader di Italia Viva ha chiesto al premier Giuseppe Conte: “Chi lo ha deciso che alla Sanità vanno 9 miliardi? Per noi ce ne vogliono molti di più”.

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I fondi in arrivo dall'Europa, quanto meno la loro gestione e l'ammontare complessivo di alcune voci di spesa in particolare, sono diventate il cruccio intorno a cui s'alimentano le polemiche e gli scontri nella maggioranza di governo. Tensioni antiche almeno quanto le divisioni sul Mes, rinfocolate dall'intervento di Matteo Renzi in Senato durante la discussione sulla riforma del Fondo Salva stati, in cui il leader di Italia Viva ha chiesto al premier Giuseppe Conte: “Chi lo ha deciso che alla Sanità vanno 9 miliardi? Per noi ce ne vogliono molti di più”.

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In realtà nelle linee guida per il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” presentate dal governo a settembre, sull'ammontare delle risorse per ammodernare il sistema sanitario l'esecutivo non entra nel dettaglio delle cifre. Per il ministro agli Affari europei Enzo Amendola, ad esempiola dotazione finanziaria arriverebbe, considerando anche gli interventi sul patrimonio pubblico che ricadranno anche sulle strutture ospedaliere, fino a 15 miliardi di euro. Questo, almeno, è quanto Amendola, regista e coordinatore del lavoro intorno al Recovery, e responsabile delle interlocuzione con Bruxelles, ha spiegato ancora ieri mattina in un vertice di governo.

 

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Adesso che il veto di Ungheria e Polonia tutt'a un tratto è caduto e si conta di arrivare alla fine dell'inverno con un piano dettagliato da sottoporre alle istituzioni europee, provare a capire quanto i diversi paesi spenderanno per migliorare i loro sistemi sanitari permette di avere almeno qualche elemento di paragone. E a tal fine non c'è niente di meglio dei documenti stilati dagli stessi governi nazionali per indicare l'ordine di priorità dei diversi programmi di rilancio. 

 

Germania: 4,3 miliardi di euro per la digitalizzazione degli ospedali

 

La Germania ha presentato già dallo scorso giugno il piano programmatico per la ripartenza post Covid. Un pacchetto di interventi e riforme da 130 miliardi di euro, 29 dei quali finanziati con i fondi europei. Nel paese che ha affrontato meglio la pandemia a livello comunitario, potendo contare su un numero elevato e diffuso di posti letto in terapia intensiva, il governo di Angela Merkel si è concentrato, in ambito sanitario, sulla digitalizzazione delle infrastrutture, per cui prevede di spendere nei prossimi due anni fino a 4,3 miliardi di euro tra governo federale e contributi in carico ai singoli lander. 

 

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In Francia la dotazione è di 6 miliardi di euro

Il presidente Emmanuel Macron, invece, ha presentato il piano “France Relance” all'inizio di settembre. Avrà una dotazione di 100 miliardi di euro, 40 dei quali attinti dai fondi europei. Nel documento in cui si illustrano le direttrici principali e gli obiettivi del governo, alla voce delle spese sanitarie vengono accantonati sei miliardi di euro. Quattro miliardi serviranno al miglioramento delle infrastrutture fisiche, due miliardi porteranno avanti un ambizioso progetto di digitalizzazione (1,4 miliardi sul sistema sanitario e il resto per interventi socio sanitari sul territorio). 

 

 

 Alla sanità spagnola 23 miliardi (per ora)

La Spagna, che ha diritto a 140 miliardi di euro tra trasferimenti a fondo perduto e prestiti (il secondo maggior beneficiario del complesso degli aiuti europei dopo l'Italia), ha stilato un piano rivolto principalmente al rilancio dell'occupazione, alla transizione energetica e alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, del tessuto industriale e delle piccole e medie imprese. Al “Patto per la scienza” e al rafforzamento del servizio sanitario nazionale, anche attraverso investimenti massicci su medici e infermieri, è rivolto il 16,5 per cento delle risorse. Calcolati sull'intera disponibilità di risorse sarebbero quasi 23 miliardi; una cifra che però si riferisce a un fondo da cui, oltre che per potenziare il Sistema sanitario nazionale, si attingerà anche per finanziare la ricerca e l'intelligenza artificiale. Ma la Spagna già da tempo si è affrettata a chiarire che non utilizzerà i prestiti limitandosi ai 72 miliardi di trasferimenti a fondo perduto. In questo caso la dotazione scenderebbe a meno di 12 miliardi

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