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Il retroscena

Aula, nomine ed Europee: i tre indizi che uniscono il Cav. a Meloni

Simone Canettieri

Oggi primo test in Consiglio dei ministri per il nuovo corso di Forza Italia. Ci sarà anche il debutto a Montecitorio di Paolo Barelli come capogruppo. La leader di FdI vagheggia il partito unico dei Conservatori: a fine anno il congresso di FdI

Il primo test? Oggi in Consiglio dei ministri. Quando sul tavolo di Palazzo Chigi piomberanno provvedimenti di forte impatto. Si parte dal nuovo ddl Concorrenza (ma manca ancora l’attuazione delle norme sui balneari volute da Draghi e dalla Ue), si procederà poi con il codice degli appalti fino ai provvedimenti sulle bollette per gli sconti alle famiglie (la copertura decisa con l’ultima Finanziaria scade il 31 marzo). Sarà l’occasione insomma per Giorgia Meloni per tastare il “nuovo corso” di Forza Italia imposto d’imperio dal Cav. nel fine settimana e celebrato ieri con la ricorrenza dei 29 anni dalla prima vittoria alle elezioni. “Basta opposizione interna, lavoriamo insieme verso le Europee”, dicono i tajanei, componente che ora brinda al depotenziamento di Licia Ronzulli. Prove tecniche di partito unico? No, ma ci sono tre caravelle da seguire. Sono salpate verso l’America dei Conservatori. 

 

Innanzitutto oggi alla Camera si insedia il nuovo capogruppo Paolo Barelli. Si tratta di un ritorno: il braccio destro di Antonio Tajani ricoprì questo ruolo  nella passata legislatura, salvo poi essere sostituito da Alessandro Cattaneo, giubilato nei giorni scorsi con una nota diramata da Arcore sotto gli sguardi compiaciuti di Marta Fascina, la quasi moglie del Cav., e della famiglia berlusconiana, più che mai protagonista. Questa è la prima caravella che unisce FI e FdI verso orizzonti da esplorare. Tra i soddisfatti della nomina c’è, per esempio, Francesco Lollobrigida che nella scorsa legislatura, eccetto la parentesi draghiana, ha condiviso con Barelli molta opposizione. “Finiranno i continui distinguo in Aula”, dicono  gli uomini e le donne di Meloni fino all’altro giorno in perenne conflitto con Cattaneo (almeno così dicono loro). 

 

In contemporanea, la scossa forzista porta a un legame molto più stretto e diretto tra i figli del Cav., a partire da Marina, e la premier. Le decisioni che contano – vedi le nomine – passeranno dal filo diretto di queste due donne a proprio agio con il potere. Con l’aggiunta del redivivo Gianni Letta (la sua sede di rappresentanza a largo del Nazareno, a palazzo del Bufalo, è ritornata a essere un porto di mare con un continuo viavai di persone: la settimana scorsa è stato avvistato, per esempio, Paolo Scaroni). 

 

La messa all’angolo dell’ala ronzulliana rende più fluidi i rapporti e soprattutto fa guadagnare spazi politici al nuovo partito egemone, quello di Fratelli d’Italia. Meloni a volte vagheggia un predellino, un partito unico dei Conservatori dove far confluire tutte le culture, o quasi, che animano il centrodestra. E’ un’operazione di ingegneria politica che medita da tempo. E soprattutto la scelta del momento giusto. L’ideuzza rimane lì, in sottofondo, immersa nel caos continuo della gestione ordinaria di tutte le faccende che deve sbrigare la premier. Comprese le toppe che spesso si trova a mettere davanti alle scivolate dei suoi colonnelli.  La voglia di “musealizzare” la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia, senza cancellarla come chiede la sinistra, resta  sospesa in aria. Le teste pensanti che Meloni ha piazzato negli enti di sottogoverno spesso glielo consigliano. Così come Gianfranco Fini, ritornato a sua volta sul palcoscenico, come padre-garante di svolte prossime. Il partito della nazione accarezza “donna Giorgia”, ma poi c’è l’attualità a pressarla e tutto viene rimandato. Si vedrà, per esempio, se se ne parlerà alla fine dell’anno, poco prima delle Europee, quando il partito di Via della Scrofa celebrerà il suo nuovo congresso (l’ultimo è quello di Trieste del 2017). Di sicuro, qualcosa è destinata a muoversi nel partito di Meloni e, a specchio, in quello di Forza Italia. Innanzitutto basta sospetti.

 

Qualche settimana fa in un corridoio di Palazzo Madama non è passato inosservato uno strano conciliabolo, fitto e amichevole, fra Licia Ronzulli e Paola Taverna, vicepresidente del M5s, seppur non più in Parlamento. Per molti una chiacchierata di due cospiratrici contro il governo. Sospetti e chiacchiere che non avevano mai reso semplice il rapporto tra FdI e Forza Italia. La terza caravella partita guarda all’Europa. Alle future elezioni del 2024. Il rapporto fra Conservatori e Popolari è destinato a intensificarsi (a scapito della Lega). “Magari troveremo dei punti di contatto per una legge sulla maternità surrogata”, dice Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr e ormai omologo di Manfred Weber.

 

La collaborazione fra le due famiglie, una all’opposizione e l’altra al governo della Commissione con i Socialisti, è sempre più intensa. Guarda alle elezioni spagnole. Passa per la Grecia per la questione migratoria, sale su su fino alla Svezia, presidente di turno. Anche con la Cdu tedesca c’è stato più di un dialogo sullo stop alle case green, per non parlare dei carburanti per le auto. Le condizioni per un nuovo inizio dunque si intravedono, eccome, fra Parlamento, dossier strategici ed Europa (Roberta Metsola potrebbe essere la formula di nuova maggioranza con dentro Ecr). Manca un anno, tutto può accadere. Meloni non ha fretta di varare il partito unico, sogna certo i Conservatori italiani, e intanto guarda le tre caravelle in viaggio. Chissà se troveranno le Indie o le Americhe.

 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.