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L'intervista

L'asse Pd-M5s in Lombardia: “Con Majorino ci siamo, con Maran no”, dice Violi

Gianluca De Rosa

Il coordinatore lombardo dei grillini dice che "l'importante è il programma", ma poi ammette che per portarlo avanti è necessario "qualcuno che sia credibile". In Lombardia i cinque stelle chiedono una scelta di campo ai dem

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E’ prima mattina quando a Radio popolare Dario Violi, consigliere regionale e coordinatore del M5s in Lombardia rilascia alcune dichiarazioni che, per brevità, le agenzie sintetizzeranno così: “In Lombardia il M5s apre al Pd”. Una formula che rischia di fare perdere un po’ il senso della vera richiesta dei grillini che, in questa fase, giocano quasi da corrente esterna in vista del congresso dem. D’altronde era solo venerdì quando, alla presentazione del libro di Goffredo Bettini “Sinistra. Da capo”, il capo del M5s Giuseppe Conte spiegava: “Se la sensibilità delineata in questo libro prevarrà anche nella dialettica interna del Pd, sarà facile ritrovarci”. E dalla chiacchierata di Violi con il Foglio questa impressione esce rafforzata: anche in Lombardia, fuor di presunte dispute programmatiche, i 5 stelle chiedono al Pd una scelta di campo. Che qui si traduce nella decisione tra i due Pier delle giunte milanesi, di Giuliano Pisapia e Beppe Sala: con Pierfrancesco Maran il M5s non sarà della partita, con Pierfrancesco Majorino sì. E’ questo il vero nodo.


“Innanzitutto – dice Violi – serve una direzione comune che per il momento non esiste”. Insomma, si torna al programma. “E’ chiaro – spiega – che prima di scegliere con chi stare, vogliamo stabilire cosa fare insieme”. E però su questo lui stesso è costretto ad ammettere: “E’ chiaro che in Lombardia non c’è una questione insormontabile come in Lazio, dove il Pd voleva imporre un inceneritore su cui noi abbiamo tolto la fiducia al governo Draghi. Qui, siamo insieme all’opposizione da 10 anni e su alcune cose la pensiamo allo stesso modo, ci sono poi altri argomenti, dalle infrastrutture al rapporto con la sanità privata, dove la vediamo in modo diverso, sono differenze sanabili, ma è necessario fare passi in avanti. Di certo il fatto che il Terzo polo sostenga Moratti è un problema in meno, perché qualora ci fosse stata Azione per noi sarebbe stato impossibile ragionare su qualsiasi alleanza”.

 

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Ma se l’accordo sul programma andasse a buon fine non tutti i problemi sarebbero risolti. Violi lo dice apertamente: “No, non potremmo mai sostenere Maran: la questione programmatica è l’80 per cento, ma questo non significa poi accettare qualsiasi nome, perché per realizzare quel programma ci deve essere una persona che sia credibile. Maran, con cui personalmente ho un ottimo rapporto, non lo è”. Insomma volete l’altro Pierfrancesco, volete Majorino… “Noi – replica il consigliere regionale grillino – non proponiamo la candidatura di Majorino, anzi, preferiremmo un candidato terzo, ma conosciamo la sua storia: si batte da sempre per le politiche sociali, mentre Maran è quello che ancora sabato diceva ‘viva il Terzo polo’ dopo che per tre volte gli avevano sbattuto la porta in faccia. Politicamente rappresentano due modelli diversi di Pd: con Majorino possiamo parlare, con Maran no”

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Eppure, con Moratti e Fontana in campo, per il centrosinistra c’è per la prima volta l’occasione di vincere in Lombardia. “E’ senz’altro un’opportunità storica”, ammette Violi. “Ma non si può andare insieme ad ogni costo, un pezzo di Pd ha pensato e pensa davvero che avrebbe senso sostenere Letizia Moratti, vuol dire che hanno una visione non dissimile da quella che governa da 30 anni la Regione, noi non possiamo metterci la faccia per fare poi quello che gli altri fanno da 30 anni, non ha senso”. Violi nega che la decisione grillina – che ribadisce verrà presa insieme a Conte – sarà frutto di tattica politica: non sarà insomma un modo per mettere bocca sul prossimo congresso dem. “Non ne abbiamo intenzione ma non possiamo non guardare a quale Pd ci alleiamo: a quello a cui andrebbe bene anche Moratti o quello che la pensa in modo più simile a noi? Temo prevarrà il primo perché fino alla settimana scorsa c’era un’intesa tra Pd e Terzo Polo su Cottarelli, poi Calenda e soci hanno mantenuto la tradizione di abbandonare la moglie all’altare”.

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