Meno debito, più equità

Sul Superbonus Meloni e Giorgetti svelano il volto regressivo della sinistra

Luciano Capone

La premier: “Altro che gratuitamente, costa 60 miliardi”. Il ministro: “Mai è stato dato così tanto a così pochi”. Dietro le modifiche al bonus edilizio una critica radicale alla politica di redistribuzione a favore dei ricchi fatta da M5s e Pd

Neppure Mario Draghi, che del Superbonus aveva evidenziato le numerose storture, era stato così radicale nella critica. “Segnalo a chi ha fatto la campagna elettorale dicendo che si poteva ristrutturare casa gratuitamente – ha detto in conferenza stampa Giorgia Meloni riferendosi a Giuseppe Conte – che questo gratuitamente pesa sulle casse dello stato per 60 miliardi. Con un buco rispetto alla previsione di 38 miliardi”. Il presidente del Consiglio ha definito “bizzarro” un concetto di gratuità così espresso, dato che “si tratta di risorse dello stato coperte con i soldi dei contribuenti”. Mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, oltre al problema di costi fuori controllo, ha sollevato una questione di equità: “Non si è mai vista nella storia italiana una misura che costasse così tanto per la finanza pubblica a beneficio di così pochi”.

 

Partendo da queste considerazioni, il governo è intervenuto nel decreto aiuti per inserire alcune modifiche al Superbonus. Nello specifico, una riduzione dello sconto fiscale dal 110 al 90 per cento per inserire una minima partecipazione alle spese del privato, eliminando così quella “deresponsabilizzazione”, così l’ha definita Meloni, che ha fatto lievitare i costi. L’altra modifica è l’estensione del bonus al 90 per cento edilizio alle case unifamiliari, a condizione che si tratti di prima casa e solo per le famiglie più povere. “La decisione di concentrare le risorse in modo selettivo a favore dei redditi medio-bassi è una scelta politica” ha dichiarato Giorgetti, evidenziando gli effetti redistributivi fortemente regressivi del Superbonus. “Il sistema non può continuare così, non è sostenibile”, ha detto il ministro dell’Economia spiegando che il governo è dovuto intervenire con un decreto per preservare l’equilibrio della finanza pubblica, dai costi crescenti di uno sconto fiscale che “riguarda l’1 per cento degli italiani” più benestanti.

 

Le opposizioni si sono immediatamente scagliate contro la decisione del governo. “Sul Superbonus il governo cambia le regole in corsa e rompe il patto con famiglie e imprese, danneggiando chi aveva già programmato investimenti”, dice Giuseppe Conte accusando Meloni di agire “in perfetta linea di continuità con il governo Draghi”. Il Pd definisce le modifiche una “stretta da un giorno all’altro” (Malpezzi e Misiani) e di “intervento a gamba tesa e senza strategia” (Braga).

 

Le critiche delle opposizioni sono per certi versi surreali: si parla di “stretta” per un bonus che scende al 90 per cento, comunque il livello più alto (e di gran lunga) al mondo. In realtà gli aggiustamenti del governo sono marginali e, ovviamente, non retroattivi. Ma ciò che è rilevante, più degli aggiustamenti annunciati, è il messaggio politico. Il Superbonus viene, con chiarezza cristallina, per la prima volta definito per quello che è: un enorme trasferimento di risorse – 60 miliardi, circa 3 punti di pil – dalle tasche dei contribuenti a favore della minoranza più ricca del paese. “Mai nella storia una misura che costasse così tanto è andata a beneficio di così pochi”, come ha detto Giorgetti con sintesi ed efficacia draghiana. Il giudizio è supportato dai dati di un monitoraggio del Mef, ma gli effetti distributivi del Superbonus erano prevedibili e, infatti, erano stati ampiamente denunciati: anche i dati sulla riduzione dei consumi energetici, quasi insignificanti, fanno del Superbonus la più grande operazione mondiale di greenwashing.

 

Al di là dei risvolti economici, il Superbonus dovrebbe aprire una riflessione a sinistra, ora che il Pd si prepara al congresso, sulla sua linea di politica economica. Perché a dispetto di tanta retorica sulla diseguaglianza e sulla progressività, quando è stato al governo ha approvato misure fortemente regressive. E mentre predicava patrimoniali per togliere ai ricchi e dare ai poveri, ha introdotto una sorta di “patrimoniale inversa”: lo stato ha rifatto le case ai ricchi con i soldi dei poveri. Gratuitamente. Se il Conte gialloverde ha redistribuito a favore dei più poveri (Reddito di cittadinanza e Quota 100), il Conte giallorosso ha redistribuito a favore dei più ricchi (Superbonus, Bonus facciate e Cashback).

 

Un tentativo di modifica del Superbonus l’avevano già fatto Draghi e Franco, ma senza grandi risultati. Se Meloni e Giorgetti riescono ad andare oltre in nome della giustizia sociale, evidentemente, è perché nella maggioranza non ci sono M5s e Pd.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali