La patrimoniale inversa

Luciano Capone

Prima di ipotizzare e sbandierare nuove tasse sui ricchi, basterebbe smettere di regalare loro soldi come con il Cashback e il Superbonus 110%. La progressività si può ottenere anche tagliando le tax expenditure rivolte a chi ha redditi più elevati

In queste ultime settimane si è parlato molto di tassare i ricchi. Ci sono state diverse proposte, almeno due (quella Fratoianni-Orfini e quella Bersani), di introduzione di una patrimoniale per colpire le grandi ricchezze e redistribuire le risorse a favore delle persone relativamente più povere. Alla base di queste proposte c’è la richiesta di una maggiore progressività della tassazione. Ciò che troppo spesso si trascura è che la progressività di un sistema fiscale non dipende solo dalle entrate, ma allo stesso modo dalla spesa pubblica. Ovvero sia da come raccoglie le risorse sia da come le redistribuisce. A sinistra, da dove arrivano le idee di nuove patrimoniali, si riflette molto sul primo pilastro (quello delle tasse) e poco o comunque non altrettanto sul secondo (quello della spesa).

 

Eppure siccome la prima strada – quella di una nuova e pesante patrimoniale – ha diverse difficoltà per l’implementazione e altrettante controindicazioni economiche, l’altra – quella di una revisione delle spese fiscali – sarebbe più facilmente percorribile portando gli stessi risultati. Insomma, prima di pensare a come togliere soldi con una nuova tassa, basterebbe smettere di dargliene di soldi ai ricchi. E invece il governo ha continuato a elargire, forse più dei precedenti perché ora maggiore è la possibilità di spendere e minore il filtro, bonus e mance destinate prevalentemente alle fasce più ricche del paese, senza che nessuno a sinistra abbia fatto un plissé: cashback, superbonus edilizio, bonus monopattino, incentivi per l’auto elettrica… Questi ultimi due – bonus monopattini e auto elettriche – sono quasi per definizione destinati alle classi abbienti dei centri urbani. Ma non è forse lo stesso per il cashback? Si tratta di un’altra misura regressiva, che finirà prevalentemente nelle tasche di persone benestanti con elevata capacità di spesa, che già usavano le carte di credito, e ora riceveranno un bonus annuo di almeno 300 euro.

 

Non c’è alcun motivo per immaginare che il cashback produca un recupero di evasione più che minimo visto che, per come è disegnato, l’incentivo è soprattutto verso pagamenti che in gran parte già avvengono in chiaro. Così è una distribuzione di soldi secondo un criterio che premia i più ricchi. La somma messa in campo dal governo per il piano “Cashless Italia” è di 3 miliardi in un anno e di 4,75 miliardi per tutto il programma che durerà circa un anno e mezzo. Si tratta della stessa somma annua, 3 miliardi, che il governo ha stanziato per tagliare il cuneo fiscale: abbassare le tasse a chi lavora vale quanto premiare chi usa la carte di credito. E come investimento pluriennale la somma (4,75 miliardi) è più della metà degli investimenti per la sanità previsti dal Recovery (9 miliardi). Questo nell’anno del Covid.

 

L’altro grande regalo ai ricchi, di cui tanto si vanta la maggioranza, è il Superbonus al 110% per la riqualificazione energetica delle abitazioni. In pratica lo stato ti ristruttura la casa e in più ti regala un 10%. Anche questa misura, che costerà circa un paio di miliardi l’anno, è fortemente regressiva. Si tratta di una patrimoniale inversa: il fisco dà soldi a chi ha un patrimonio immobiliare. D’altronde gli effetti redistributivi di questi bonus sono noti. Un rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio del luglio 2015 sul monitoraggio delle spese fiscali, mostrava come di questo tipo di agevolazioni beneficiassero prevalentemente i più ricchi. Ad esempio, per le detrazioni delle spese di recupero del patrimonio edilizio il 20% dei contribuenti con reddito più elevato ne usufruisce oltre 3,5 volte in più dell’80% più povero; mentre delle detrazioni per interventi di risparmio energetico il top 20 per cento ne beneficia 4,5 volte in più dell’80% più povero. Ora questi ecobonus che erano al 50% o al 65%, con un costo di circa 3 miliardi, sono diventati Superbonus al 110%. Sono tante altre le spese fiscali destinate alle classi di reddito superiori. Tagliare quelle tax expenditure sarebbe ugualmente progressivo, più semplice da fare e meno dannoso di una patrimoniale.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali