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L'intervento

Lollobrigida (FdI): “Europa e presidenzialismo: ecco da dove partire senza preconcetti”

Francesco Lollobrigida

Cambiare la Costituzione non è tabù, specie dopo la vittoria elettorale di forze politiche che inserendo questi temi nel loro comune programma lo hanno sottoposto al voto dei cittadini, dice il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia

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Informarsi adeguatamente per informare correttamente non è un obbligo, ma se non altro sarebbe una sana abitudine. Leggo in queste ore, astruse polemiche su affermazioni che in gran parte non ho fatto e in altra sono state volutamente travisate. La Costituzione può essere modificata? Sì, e furono i costituenti a prevederlo, conoscendo i limiti del contesto temporale nel quale ogni norma viene scritta. Chiarirono i procedimenti e sottolinearono in modo esplicito quali aspetti non potessero essere oggetto di revisione come la forma repubblicana.
 
Del resto sono intervenute circa 50 modifiche più o meno rilevanti le testo del 1947 e altre non hanno superato la prova referendaria. Tutti i partiti attualmente presenti in Parlamento hanno depositato proposte di legge di modifica della nostra Costituzione. Nell’ultima legislatura sono intervenute diverse modifiche del testo in materia di ambiente, insularità e sport. Alcune, anche molto rilevanti, furono approvate a maggioranza, peraltro di una manciata di voti, dal centrosinistra a pochi giorni dall’indizione dei comizi elettorali. La polemica su questo tema evidentemente rasenta il ridicolo. Tuttavia su alcuni temi richiamati in molti articoli polemici è utile fare chiarezza soprattutto per evitare che raggiungano il malcelato scopo di rappresentare un quadro distorto fuori dai nostri confini nazionali creando diffidenza rispetto al nascente governo. Un risultato che sarebbe dannoso per l’Italia tutta e figlio di un atteggiamento tipico di una certa sinistra che è pronta anche a sacrificare l’interesse nazionale a quello della propria parte.

 

In particolare si sottolinea come sia irragionevole discutere, dico confrontarsi, sugli articoli 10 e 11 della nostra Costituzione. Non per far prevalere una posizione o un’altra ma per rendere eventualmente il testo più puntuale sui rapporti con le organizzazioni internazionali. Del resto basterebbe ai più attenti leggere il dibattito in Assemblea Costituente su questi articoli per capire come allora fossero ritenuti rilevanti tanto da approfondirli in più sedute e con visioni non sempre sovrapponibili. La saggezza e la volontà di redigere una Carta di alto profilo furono elementi portanti delle discussioni ma anche alcuni posizionamenti pregiudiziali frutto del contesto storico e internazionale. Come è noto in quella assemblea sedevano rappresentanti di forze politiche che avevano in un modo o nell’altro osteggiato il fascismo, ma figlie di culture politiche molto diverse. Il dibattito fu quasi sempre alto e a volte molto acceso. Ne venne fuori sul tema specifico delle organizzazioni internazionali un testo mediato trovandosi a discutere forze più europeiste rispetto ad altre orientate in altro senso. Uno per tutti il ritiro dell’emendamento Bastianetto che proponeva proprio l’inserimento dell’esplicito riferimento all’Europa nel testo dell’articolo 11. All’epoca, sarà utile ricordare che alcune forze politiche aspiravano a costruire quell’Europa, seconda Patria, figlia delle aspirazioni mazziniane e altre riferibili soprattutto al Partito comunista che ritenevano questo modello in antitesi con l’avvicinamento all’area sovietica e alle organizzazioni internazionali di riferimento.

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Troppo lontano quel tempo per comprenderne fino in fondo le dinamiche ma rammentarlo è certamente utile per respirare l’aria buona di quella profonda discussione tra portatori di visioni diverse volte a sintesi virtuose. Tradotto significa che per FdI non vi è alcuna volontà di minare le fondamenta delle organizzazioni internazionali anzi quella di renderle più credibili e utili ai cittadini. A tutte le nazioni con pari dignità, come la nostra Costituzione specifica come premessa di tutti gli accordi internazionali proprio all’art. 11. Negli ultimi 30 anni è oggettivo l’azione delle singole nazioni nei grandi scenari non è stata coordinata e gli ultimi due anni hanno impietosamente fatto emergere le criticità. L’Europa non c’è stata sulle politiche energetiche, sulle politiche dell’immigrazione, sulle politiche industriali, sulle politiche della difesa, sulla politica estera comune e solo in un secondo tempo sull’emergenza sanitaria. È lecito volere una Europa più autorevole sui grandi temi e meno invasiva su altri aspetti che poco hanno a che fare con i Trattati fondativi?

 

Senza considerare che attualmente gran parte della disciplina relativa ai rapporti tra le norme costituzionali e l’Unione europea ha fondamento prevalentemente nella giurisprudenza costituzionale e non si può certo considerare eversivo o antieuropeista che il legislatore costituzionale possa, come accaduto in altri stati europei, codificare o specificare quella giurisprudenza nella Carta. Vi è poi la vicenda dell’elezione diretta del Capo dello stato o di una revisione del testo in senso presidenzialista o semi presidenzialista. È noto che anche questo fu lungamente discusso nell’ambito dei lavori della Costituente ma senza dover guardare troppo indietro fu oggetto di ragionamento nella Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema che arrivò all’approvazione di un testo che conteneva un chiaro riscontro rispetto a questa materia. Passò addirittura con il voto di due democratici di sinistra tra i quali lo stimatissimo Valdo Spini. Non può essere quindi considerato un tabù parlare di questo argomento specie dopo la vittoria elettorale di forze politiche che inserendo il Presidenzialismo nel loro comune programma lo hanno sottoposto al voto dei cittadini. Non può essere un tabù. Non lo è per stessa ammissione di parte dell’opposizione disposta a ragionare senza pregiudiziali. Possiamo nel Parlamento, al quale la Costituzione attribuisce questo ruolo, discutere, ragionare, dibattere ed eventualmente legiferare? Tutto questo è il proprium dell’attività parlamentare: un dibattito sereno e senza pregiudiziali, con i soli limiti dettati dalla Costituzione e con il coinvolgimento più corale possibile.

Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera

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