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Conte si blinda, Grillo non farà campagna per lui. Il M5s in fibrillazione

Simone Canettieri e Valerio Valentini

L'ex premier punta a garantire il suo listino personale, con tanto di notaio di fiducia in conflitto di interesse. La Raggi spera in un intervento del garante, che però resta silente: si tiene mani libere sulla comunicazione e fa capire che non sarà sui palchi in sostegno del nuovo leader. Il quale, intanto, pensa a un progetto tutto centrato su di sé

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Fino all’ultimo Virginia Raggi gli ha chiesto di intervenire contro le pluricandidature e soprattutto nei confronti del listino bloccato dei super contiani. Tuttavia Beppe Grillo, almeno questa volta, sembra aver ceduto. Il capo politico del M5s è riuscito nel suo intento:  assicurarsi, nella peggiore delle ipotesi, una pattuglia di fedelissimi in Parlamento. Ovvero “lista di 15 nominativi che, in ragione dell’esperienza maturata e dei ruoli che hanno ricoperto o ricoprono, assicureranno quella continuità di azione e di esperienza necessaria per affrontare la nuova legislatura”.  Per evitare amare sorprese, Giuseppe Conte ha deciso di chiedere agli iscritti un semplice sì o no sull’intero pacchetto: un mix di politici (i quattro vicepresidenti, Stefano Patuanelli, Ettore Licheri, Francesco Silvestri, Barbara Floridia e Mariolina Castellone, Chiara Appendino), più personalità d’area (come l’ex ministro Sergio Costa), esponenti della società civile (su tutti: i magistrati Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato), ma anche amici (è il caso del notaio Alfonso Colucci, legale del partito). Tutti questi nomi saranno catapultati nei plurinominali da Roma in giù. Magari come capilista, o subito dietro a Conte. Per Grillo sarà un motivo in più per disimpegnarsi: non fare la campagna elettorale e tenersi le mani libere. 

Il garante, che ha portato comunque a casa la conferma della regola sul secondo mandato e il no al cambio del simbolo, ha dovuto capitolare. E adesso non sembra intenzionato a spendersi più di tanto per assistere dai palchi la sua creatura, sempre più nuova. E dunque autonoma almeno nella rappresentanza parlamentare. Al punto di far pensare in un futuro nemmeno troppo lontano a una navicella in grado di staccarsi dalla casa madre. Direzione alla quale ha sempre lavorato ai tempi di Palazzo Chigi Rocco Casalino, grande escluso, con Alessandro Di Battista, dalle Parlamentarie. Grillo ha rinunciato anche alla candidatura di Nina Monti, collaboratrice di lungo corso che gli cura il blog, legato a sua volta al M5s da un contratto da 300 mila euro all’anno. Una cifra che difficilmente potrà essere riconfermata.

Intanto, il M5s del futuro, o forse l’ultimo, prende piede. E lo fa attraverso figure di richiamo, come i magistrati antimafia, ma anche con l’apporto del notaio Colucci, colui che dovrebbe supervisionare sulle votazioni online che però lo vedono diretto partecipante, in odore di conflitto d’interessi. Un piccolo caso, indice di una svolta, senza dubbio. L’ultimo argine, ma probabilmente poco efficace, è rappresentato da Virginia Raggi. L’ex sindaca di Roma si oppone al regolamento sulle autocandidature in quanto non sono emanazione, a differenza del passato, del comitato di Garanzia. Un organismo che però al momento della resa dei conti la vede in minoranza. I componenti sono tre: lei, Roberto Fico e Laura Bottici. Gli ultimi due sono esponenti, al secondo mandato, ancora vicini a Conte. Ci sarà materiale, forse, per l’avvocato Lorenzo Borrè, anche se il più sembra fatto. Il partito di Conte inizia a muovere i primi passi. Con buona pace di un silenzioso Grillo.  

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