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Direzione Pd, malumori dopo le candidature nei collegi. Ecco chi sono gli esclusi

Entrano Fratoianni & Co., escono parlamentari di lungo corso. "È impossibile ricandidare tutti", dice Letta. Tra gli esclusi Lotti e Cirinnà, che però poi ci ripensa. Dario Stefano, presidente della commissione Politiche Ue, lascia il partito: "Non è più riformista"

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Dopo un lungo Ferragosto di attesa, con tre rinvii e a 12 ore dalla prima convocazione, domenica nella tarda serata è cominciata la riunione della Direzione nazionale del Pd voluta dal segretario Enrico Letta. Una riunione in parte in presenza, nella sede romana del Nazareno (dove sono arrivati, tra gli altri, il ministro Dario Franceschini, l'ex segretario Piero Fassino, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e quello fiorentino Dario Nardella), in parte in collegamento on line. 

Sul tavolo, il nodo delle candidature nei collegi in vista del voto del 25 settembre, che ha richiesto tempi lunghi e alimentato polemiche interne. "Avrei voluto ricandidare tutti i parlamentari uscenti", ha detto il segretario, che è candidato come capolista alla Camera in Lombardia e Veneto. "Ma è impossibile per la riforma del taglio dei parlamentari ma anche per esigenza di rinnovamento. Ho chiesto personalmente sacrifici ad alcuni. Mi è pesato tantissimo. Ma non ho fatto le liste tutto da solo, come quattro anni fa". Le new entry, insomma, sono dettate dalle recenti alleanze: bisogna dare due seggi a testa a Psi e Demos, quattro ad Art. 1 (Speranza, Scotto, in Campania, Fornaro in Piemonte, Stumpo in Calabria). Due collegi blindati vanno a +Europa, uno per Di Maio, due a Verdi-SI (Bonelli-Fratoianni).

 

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Insomma, con le liste corte il Pd deve escludere alcuni suoi parlamentari di lungo corso (certo, quelli legati a una gestione passata: in mezzo ci sono 4 anni e 2 segretari) per fare posto agli alleati, per quanto piccoli. Il l leader di Sinistra italiana, per esempio, avrà il collegio di Pisa, che era quello del segretario o del professore di Diritto costituzionale alla Sapienza, Stefano Ceccanti, uno dei preferiti dell'ala cattolica, che smentisce, di notte, di aver accettato un posto molto indietro, nel listino, proposta dal Pd. Per ora accenna alla questione con un inciso nella sua rassegna stampa su Twitter. "Troverete in vari articoli della rassegna articoli su di me. Non è questo il momento da parte di mia di fare commenti", dice. "Alla conclusione della formazione delle liste avrete mie spiegazioni trasparenti e complete".

L’economista Carlo Cottarelli, candidato con +Europa, sarà capolista al Senato a Milano. Il virologo Andrea Crisanti capolista nella circoscrizione Europa, cioè nella circoscrizione degli Italiani all’estero. Oltre a questi due nomi della "società civile", sono stati candidati – in collegi sicuri e posizioni eleggibili – anche cinque under 35, che saranno il fiore all'occhiello del segretario dem: Caterina Cerroni (Lazio), Michele Fina (Lombardia), Paolo Romano (Lombardia), Marco Sarracino (Campania), Rachele Scarpa (Veneto). In "quota Letta" anche Schlein, Berruto e Nicita.

   

E dunque saltano Salvatore Margiotta e i tre parlamentari di Base riformista Tommaso Nannicini (a Milano), Emanuele Fiano (Milano) e l’ex capogruppo Andrea MarcucciTra gli esclusi dalle liste del Pd ci sarebbe anche Luca Lotti, che non compare nelle liste dei candidati che correranno nei collegi per elezioni del 25 settembre. "Il segretario mi ha comunicato la sua scelta spiegando che ci sono nomi di calibro superiore al mio. Confesso di non avere ben capito se si riferiva a quelli che fino a pochi mesi fa sputavano veleno contro il Pd e che oggi si ritrovano quasi per magia un posto sicuro nelle nostre liste", scrive Lotti su Facebook. "Fa male in queste ore ascoltare inutili polemiche e fake news sulle motivazioni della mia mancata ricandidatura, così come leggere assurde ricostruzioni in cui si prova a far credere che a scegliere sia stato il territorio. In Toscana sappiamo tutti come sono andate le cose. La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche. Dispiace, e non poco, scoprire che i dirigenti del mio partito -conclude - abbiano abbandonato uno dei cardini della nostra identità: il garantismo".

  

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L’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, escluso dalle liste, si sfoga su Twitter: "Un delitto perfetto! Calpestati diritti, principi, territorio, storia e democrazia! Nella vita ci vuole dignità! Buona fortuna". 

Monica Cirinnà, che aveva annunciato di volere rifiutare la candidatura, poi ci ripensa. "Mi hanno proposto un collegio elettorale perdente in due sondaggi, sono territori inidonei ai miei temi e con un forte radicamento della destra. Evidentemente per il Pd si può andare in Parlamento senza di me, è una scelta legittima", aveva detto. Poi il dietrofront: "Cirinnà va su un collegio dato perdente, senza paracadute e senza che glielo diciamo...". Così la senatrice uscente Monica Cirinnà, paladina dei diritti Lgbt, sintetizza la scelta del Pd sulla sua candidatura. "L'uninominale Roma 4 contiene dei territori per cui io non sono adatta", spiega riferendo dei molti messaggi di supporto ricevuti. "Letta chiacchiera di occhi di tigre, io li tiro fuori, ma lo faccio solo per loro, per una comunità. Combattere come ultimo dei gladiatori è l'unico modo per non sottrarmi alla battaglia. Non è un ripensamento dettato da interesse, ma da amore e rispetto".

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Dario Stefano, senatore e presidente della commissione Politiche Ue, lascia il Pd, per candidarsi con Italia viva: il partito non è più riformista, dice. "Ho riconsegnato la tessera del Pd per rimanere coerente con i miei valori e con le mie idee. Enrico Letta è responsabile di una strategia politico-parlamentare fallimentare cominciata con l’arenamento del ddl Zan e proseguita con la miopia avuta durante le convulse elezioni del Quirinale, dove il suo alleato per la pelle Giuseppe Conte si era messo d’accordo con Salvini", ha spiegato a Radio Radicale.

 

 

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