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Nardella: “Con questa crisi Conte consegna il paese alla destra”

Luca Roberto

Il sindaco di Firenze: "Se Draghi cade è la fine del campo largo: il leader M5s ci ripensi". Il Pd, le alleanze e le speranze in vista del passaggio del premier in Parlamento

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Conte rischia di trascinare il governo in un burrone, senza alcuna ragione per farlo. E’ un autolesionismo che rende impraticabile costruire un’alleanza con il M5s: speriamo ci ripensi”. Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha sperato fino all’ultimo che le dimissioni (poi respinte dal Quirinale) di Mario Draghi non arrivassero. “Credo che il passaggio parlamentare sarà determinante: metterà Conte di fronte alle proprie responsabilità”. C’è un di più. Perché “con questa crisi il leader M5s rischia di fare un regalo alla destra, che potrà coprire le proprie contraddizioni. Ora il Pd dovrà  essere pronto a  eventuali elezioni. Ma anche a cambiare schema nella costruzione delle alleanze: guardando al centro”.

All’inizio di questo colloquio con il Foglio, Nardella ha confessato di provare rabbia per lo strappo grillino. “Ma non sono stupito. Era da tempo che i Cinque stelle erano attratti dall’idea di tornare a essere una forza antisistema. Ho sempre conosciuto Conte in una veste governista. Come farà a spiegare questo triplo salto mortale? Credo che se il governo cadrà sarà lui il primo a pagarne le conseguenze. Oltre ovviamente al paese”. Il sindaco di Firenze è tra coloro che, quando Nicola Zingaretti elesse Conte a “forte riferimento progressista”, espresse tutte le sue  rimostranze. “Il Pd pensava di non avere un futuro senza il M5s e si sbagliava. Ora però do atto a Enrico Letta di essere riuscito a darci un profilo autonomo. Non siamo più subalterni. E questo ci permette di giocare a tutto campo”.Vorrebbe dire che, naufragata la costruzione del campo largo, al Pd non resti che guardare al centro.

In un certo senso, questa fase per noi ha rappresentato un elemento di  chiarezza. Sapevamo che se Conte avesse rotto con Draghi avrebbe rotto col Pd. Io tra il primo e il secondo sceglierò sempre il secondo. Ma mi auguro che da qui a mercoledì la situazione si ricomponga”. Da un punto di vista pratico, in effetti si tratta di una scrematura che almeno vi toglie dall’imbarazzo di provare a tenere insieme Renzi, Calenda, Di Maio. “Io credo che questa possibile rottura non comprometta le nostra capacità di provare a parlare con tutti: dal riformismo moderato alla sinistra più massimalista. Anche perché con questa legge elettorale ognuno dovrà essere in grado di costruire alleanze larghe per vincere nei collegi uninominali. Parlo spesso con Di Maio, spero  che il suo progetto politico possa crescere per essere compatibile con il Pd. Così come ho stima di Calenda e di Renzi. Le parole d’ordine per stare insieme sono Europa, ambiente, diritti e lavoro”. 

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Certo è che, però, un eventuale nuovo polo, come dice Nardella, “non può essere la semplice somma di simboli elettorali. Anche perché al centro vedo più ceto politico che voti”. Ma insomma l’impressione è che davvero, con i Cinque stelle, sia oramai una storia archiviata. “Anche se in politica non si può mai dire. E però questo di Conte, se non cambierà traiettoria, cosa che mi auguro, è un assist  alla destra: che litiga su qualsiasi cosa, ma adesso potrà andare avanti per inerzia. Perché in questi mesi la coalizione si è retta solo su un’assunzione di grande responsabilità da parte di figure moderate come Berlusconi o il ministro Giorgetti”.

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A ogni modo, al partito che con più convinzione ha sostenuto l’agenda Draghi, la conclusione di questo governo appare surreale, “fantascientifica”, nelle parole di Nardella. “Ma la nostra coerenza non cambia. Se abbiamo vinto le elezioni amministrative, cresciamo nei sondaggi, è perché siamo fedeli all’impegno che ci eravamo presi con il presidente del Consiglio. Non lo avremmo certo sacrificato sull’altare di un’alleanza difficile e ambigua”. Eppure fino a pochi giorni fa erano il vostro principale punto di riferimento. Che fine farà Conte, chiediamo al sindaco? “A fare i barricaderi ci sono persone molto più brave di lui. A partire da Di Battista. Se Draghi cade sarà il primo a pagarne le conseguenze, e solo per una manciata di voti. Sarebbe assurdo”.

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