Il voto ligure

In sette per Genova, dove la sfida è sulle infrastrutture

Giampiero Timossi

Il candidato del centrodestra Marco Bucci "contro la politica dei no" è sostenuto anche da Italia viva, mentre il fronte progressista rossogiallo sostiene Ariel Dello Strologo. L'accusa al sindaco uscente è semplice: "I meriti per la ricostruzione del Morandi non sono suoi". Oltre a loro ci sono altri cinque candidati

I sette sfidanti per il futuro di Genova

 

Sono sette, né nani e né giganti, al momento neppure magnifici, tutti decisamente diversi tra loro, agguerriti sì, ma alla genovese, città dove credono di avere un modo particolare di gestire il conflitto: colpi bassi e sorrisi ben distesi. A sfidare il sindaco Marco Bucci che ha governato Genova negli ultimi cinque anni c’è il candidato progressista Ariel Dello Strologo, l’ex cinquestelle (“cacciato”, autocitazione) Mattia Crucioli, due frammenti separati della galassia (post comunista) che si chiamano Cinzia Ronzitti e Antonella Marras. E poi c’è il “dottor Carlo Carpi amministratore unico della Carlo Carpi srl unipersonale” (come cita il biglietto da visita) che dal primo all’ultimo intervento manifesta la volontà programmatica “di far piazza pulita dalle società partecipate dei raccomandati della sinistra”, ribadendo invece il sostegno “alle difficoltà dei padri separati”. C’è anche Martino Giacomo Manzano Oliveri, lunga sfilza di nomi e cognomi, ma pantaloni rigorosamente corti. Sempre. Si è presentato così anche negli studi televisivi di Telenord, dove i sette si sono affrontati giovedì. Manzano Oliveri, oltre alle bermuda e a scarpe decisamente comode indossava una sgargiante maglia da calcio con su scritto Pancho Villa. Sulle spalle il numero 6, “libero battitore”. Nulla è lasciato al caso. Alla domanda su cosa farebbe come prima mossa qualora diventasse sindaco ha risposto secco “una bella festa”. Nei due minuti concessi per il messaggio agli elettori ha letto quella che sembrava la magna carta del suo Movimento 3V, cioè vogliamo la verità sui vaccini. Però la verità pare che la conosca già. Sono gli effetti collaterali della par condicio.

Il dibattito televisivo sotto l'influsso della prima macaia della primavera

Nell’ultimo faccia a faccia, poi, la regola colpi bassi e sorrisi ben distesi è stata avvolta dalla prima macaia di fine primavera e il dibattito si è acceso solo sul tema delle infrastrutture. La domanda sintetizzava diverse cose. Partiva con un’analisi: Genova è il porto di Milano verso i mercati americani e cinesi, ma non è collegata in alcun modo al Nord produttivo che dovrebbe servire ed è una città che non ha un’autostrada vera e degna di questo nome che la colleghi sempre a Milano. Per Milano non c’è neppure l’alta velocità e si parlava di questo a Genova negli anni Novanta quando c’era ancora Mario Schimberni alla Ferrovie dello Stato e il ministro era Claudio Martelli. Quindi è evidente che a Genova si è perso un tempo ciclopico, con un danno fortissimo sulle infrastrutture per la città e per l’Intero Paese. Così dopo l’analisi si arriva alla domanda delle sette pistole: quanto ha pesato la politica dei no su una ripresa che c’è, ma è partita in ritardo? La risposta dei due principali competitor (così almeno dicevano i sondaggi quando ancora si potevano pubblicare) non negavano certo l’evidenza delle carenze infrastrutturali, ma aprivano analisi e arrivavano a conclusioni decisamente differenti. Deciso Bucci: “La politica del no ha frenato Genova per 25 anni su tutte le nuove idee. Noi non vogliamo fare come gli altri, vogliamo fare di più. Collegarsi con Milano è fondamentale, così come collegarsi con il corridoio Reno-Alpi, perché se le merci arrivassero qui a Genova con 5 giorni d'anticipo rispetto a Rotterdam sarebbe qualcosa di importantissimo per la città". A tratti infastidita la risposta di Dello Strologo: “Resto perplesso di fronte ad una definizione come quella della politica del no. Si stanno ultimando dei lavori, come per il terzo Valico, che porteranno un vantaggio di cinque minuti sulla tratta fino a Tortona. Il vero vantaggio nei tempi arriverà solo con il quadruplicamento della tratta finale. Poi parliamo della Genova-Milano, un'autostrada vecchia di cui dovremo prima o poi trattare". Ecco, quello è sembrato il momento più "teso" dell’ultimo confronto, con Ariel Dello Strologo al contrattacco e Marco Bucci che (educatamente) non interveniva, ma tratteneva brontolando un palese disappunto.

Le infrastrutture sono il cuore della contesa elettorale

Certo è chiaro che, come nelle voci raccolte a suo tempo da diversi sondaggisti, il tema delle infrastrutture è centrale in queste amministrative genovesi. Sul Ponte Morandi si è parlato parecchio, anche senza particolare attenzione verso la tragedia del 14 agosto 2018 e le sue 43 vittime. Il fronte progressista e pure l’ex premier Giuseppe Conte hanno spesso attaccato Bucci, accusandolo di essersi attribuito l’esclusività della ricostruzione di quello che oggi è Ponte San Giorgio. Accuse che, al di là della loro superficialità, trascurano il ruolo del sindaco e il sentimento nato con molti genovesi nelle ore e nei giorni immediatamente successivi al crollo, nella fase dell’assoluta emergenza, prima dei giorni della ricostruzione. Ricostruire e costruire, ritardi e infrastrutture. È su questi temi che si è mossa anche la novità politica più rilevante sul piano delle alleanze, la scelta di Italia Viva di appoggiare il candidato Bucci, come Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. “Non possiamo stare con chi dice ancora forse alla Gronda Autostradale” era la sintesi di Raffaella Paita, leader regionale del partito di Matteo Renzi. Così i suoi candidati sono andati nella lista Vince Genova, che secondo gli ultimi sondaggi (prima del blackout degli ultimi quindici giorni) non era solo una lista civica, ma anche dopo il Pd la seconda forza della città, prima di Fratelli d’Italia e Toti per Bucci, altra novità legata al governatore della Liguria, alla sua idea di un nuovo centro e all’avanzata della società civile anche nell’area centrista e liberare. Segnali dall’infinito laboratorio genovese in cerca di una nuova strada anche in politica. Sperando magari che diventi un’autostrada.