Verso il voto

Bucci, tra il fare e il mare. Ritratto del sindaco (ricandidato) di Genova

Dall'amicizia con il leghista Rixi alla Leopolda alla campagna contro i “signor No”, tra dighe, case e funivie

Marianna Rizzini

Alla seconda prova dopo una vita da manager, velista e alpinista, sostenuto da centrodestra e renziani, dopo gli anni da commissario. La disfida delle multe e le scritte sui muri nel suo quartiere, e quella delle ciclabili con gli ambientalisti. Quando dice “by the way” in anglo-genovese, e quando ricorda il giorno di pioggia sul Ponte ricostruito

In principio fu la barca: quella che mai è stata ritirata da Marco Bucci, sindaco di Genova e ricandidato sindaco di Genova per il centrodestra ma con l’appoggio di Italia Viva, uomo dal profilo civico che rivendica il suo essere assolutamente civico. La barca era lì, pronta, in cantiere, e Bucci l’aveva immaginata nei dettagli, quando, da poco tornato in Italia dopo vent’anni negli Stati Uniti, a monte del 2017, anno della sua elezione, pensava di avviarsi verso una pensione attiva e sportiva, e aveva quindi ordinato un piccolo veliero progettato nei particolari, vista la sua passione per il mare, non meno intensa di quella per la montagna. E qui sta la prima dicotomia che in realtà dicotomia non è: Bucci, manager nel settore chimico-industriale, dice un amico, “affronta le onde come fossero neve e la neve come fossero onde”.

 

Che cosa voglia dire non si sa, se si è comuni mortali né velisti né alpinisti. Fatto sta che Bucci, uno che velista e alpinista lo è, ha applicato a Genova la formula usata al timone o durante un’arrampicata: qualsiasi sia la sfida, non esiste lasciarla a metà, e possibilmente non esiste neanche arrivare secondi. D’altronde, nel caso del sindaco ricandidato di Genova, vale in maniera letterale il detto “se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna”: Bucci le vette le sogna e le scala da quando è maggiorenne.  

 

Ancora ricordano, gli amici, a Genova, quando l’allora studente universitario di Chimica, sprovvisto di denaro, si era deciso ad attrezzare la non capiente macchina a occasionale tenda, in modo da poterci dormire ogni volta che si organizzava l’ascesa al Monte Bianco, con partenza da Courmayeur, dove però nessuno degli aspiranti scalatori poteva permettersi l’albergo vero. Ed è stata la montagna, paradossalmente, a portare Bucci alla politica, quando l’altro alpinista e leghista ligure storico Edoardo Rixi, ora deputato e già sottosegretario ai Trasporti, nonché già consigliere regionale e, nella fase pre-Toti, anche candidato alla Regione, si ritrovò a parlare di pareti rocciose con quel roccioso professionista da poco chiamato a risollevare le sorti dell’azienda “Liguria digitale”. E tanto parlarono, i due, che Rixi, anche istruttore di alpinismo, lo cooptò per giri intensivi dei rifugi in quota, attività che tuttora i due coltivano, anche separatamente. Da lì alla leggenda metropolitana che vuole Bucci cooptato da Rixi anche nella Lega il passo è stato breve, ma non è quello il punto. Non c’è stato infatti attimo del mandato in cui Bucci non abbia ribadito che sì, lui fa politica come sindaco, ma che politica per lui vuol dire tutto tranne che stare su fronti rigidi e contrapposti: bisogna lavorare insieme, dice nei giri che in questi giorni fa per la città, dal waterfront alle vie strette sulla collina.

 

Bisogna lavorare insieme sennò è inutile dirmi “sei un sindaco del fare”, scherza Bucci con i sostenitori. Insieme ora vuole dire (intanto) con i renziani che corrono nella sua lista civica. Il perché di questa scelta, nella città del Ponte Morandi e della Gronda e delle alluvioni e delle calate dei vecchi moli cariche di sale cantante da Fabrizio De André, l’ha spiegato, oltre a Renzi stesso, il capogruppo di Iv in consiglio comunale Marco Avvenente: “…Abbiamo riconosciuto un profilo civico molto importante da parte del sindaco e la capacità in questi anni di riuscire a portare a casa una serie di opere di cui questa città aveva bisogno, e soprattutto nei prossimi cinque anni, con i soldi del Pnrr in arrivo, è necessario che questo processo possa essere governato dai soggetti che hanno dimostrato di poter completare i cantieri, portarli avanti e non perdere assolutamente questa opportunità unica per la nostra città, e abbiamo ritenuto che il sindaco avesse queste caratteristiche”.

 

Il Pd e i Cinque Stelle sostengono invece Ariel Dello Strologo, il candidato a cui Bucci, spesso e volentieri, si rivolge con il sottotitolo esplicito di “signor no” (il corollario, rivolto ai compagni di partito, è invece “siete vecchi dentro”). Non è colpa di Dello Strologo, dicono a sinistra, mentre a destra dicono che il problema è il ricasco della gestione precedente su chiunque voglia ora scalzare colui che viene percepito come un corpo estraneo ma in senso positivo: Bucci si è trovato a gestire la difficoltà, da commissario straordinario per la ricostruzione del Ponte, e non l’ha fatto alla maniera a cui si era abituati. Lo spiega un genovese: “Bucci sembra il personaggio di ‘Ritorno al futuro’ che viene catapultato nel passato e deve risolvere i problemi. Ecco: lui è arrivato dall’America e si è trovato a dover rivoluzionare prima di tutto la mentalità della città più vecchia d’Italia”. Città dove però Bucci – che dopo la laurea in Chimica e Farmacia è stato  manager in  società leader del settore biomedicale e chimico tra Europa e Usa, da 3M a Kodak a Carestream Helth – ha radici solidissime e inamovibili. Come la sua famiglia: la moglie Laura è il pilastro di una delle più famose pasticcerie di Genova, e ancora ci lavora, conservando le abitudini di una coppia consolidata che vive nella zona di Carignano, dove un paio di anni fa si scatenò il famoso “caso multe”, con tanto di scritte antipatizzanti sul palazzo dove il sindaco abita con la consorte (e fino a poco tempo fa con i due figli ormai grandi).

 

Accusato per le multe di essere “ruffiano con i ricchi” e bullo con i poveri, all’indomani di una notte in cui decine di auto erano state sanzionate per parcheggio in divieto di sosta durante la pulizia-strade, Bucci non si era scomposto. Come pure non si è scomposto ai tempi di quella che a Genova ora chiamano “la disfida delle ciclabili”, piste volute ma andate poi di traverso a vari comitati ambientalisti che non avevano riscontrato nel sindaco una pari volontà di potenziare il trasporto pubblico in generale con corsie preferenziali per i bus (a quel punto le ciclabili parevano soltanto un contentino). In quell’occasione Bucci aveva fatto varie interviste esprimendosi nel caratteristico eloquio anglo-genovese: “By the way”, aveva detto spazientito (ora, raccontano i cronisti locali, “lo dice a margine dei dibattiti con l’avversario Dello Strologo quando qualcosa non gli quadra). Di “by the way” in “by the way” Bucci è arrivato alla ricandidatura, con qualcosa di “tosto, tenace e testardo”, le “tre T” con cui era solito descriverlo il suo capo scout, all’alba di una carriera manageriale affrontata con spirito di adattamento “da esploratore in trasferta”, dice un amico, convinto che quell’antica attitudine, unita alle abitudini americane sopraggiunte, abbiamo creato uno strano ircocervo, capace di navigare al di sopra della prassi politica locale, motivo per cui analisti e sondaggisti vedono possibile la vittoria al primo turno. Intanto ieri Bucci era atteso al primo confronto pubblico tra candidati, al Quadrivium di Santa Marta, in casa della Curia genovese, accusato da Dello Strologo, su Repubblica, qualche giorno fa, di non volersi confrontare faccia a faccia. “Farò più confronti del sindaco di Milano Beppe Sala, che ne ha fatto uno solo con tutti i candidati”, aveva allora risposto Bucci, mentre infuriava la polemica tra un fronte e l’altro a proposito della funivia del Lagaccio (“Il signor No ha detto un altro no, quando la finirà forse potremo confrontrarci”: così si era rivolto Bucci a Dello Strologo). 

 
Nel novembre del 2021, invece, il sindaco di Genova era arrivato alla Leopolda, vestito come al solito, cioè, come dice un’osservatrice locale, “in grisaglia, abiti di antica sartoria e scarpe sportive”, e con  un atteggiamento anti-istrionico che gli fatto guadagnare, ufficiosamente, tra i colleghi liguri di maggioranza e opposizione, la nomea informale di “anti-Toti”. Rispetto al governatore della Regione, infatti, Bucci rappresenta un altro mondo, a cominciare dal fatto che non è né estroverso né mondano, e che nei modi a volte rasenta la ruvidità, ma sul suo presunto carattere difficile a Genova si scatenano due opposte fazioni: c’è chi lo definisce “salutare nel suo essere poco cerimonioso” e chi, al contrario, lo descrive come “troppo tranchant”. Nel dubbio, chi lo conosce dice che le parole che descrivono di più il sindaco sono quelle da lui spese il giorno del crollo del Ponte Morandi, il 14 agosto del 2018: “La città non è in ginocchio, non si deve fermare”, aveva detto Bucci, aggiungendo di “non essere interessato” a domande riguardanti la responsabilità della tragedia: “Il mio lavoro è un altro, pensare al futuro. Trovare soluzioni alternative per i cittadini perché questa città ha bisogno di infrastrutture”. 

 
Alla Leopolda, tre anni dopo, presentato da Matteo Renzi, Bucci ha raccontato sorridendo, sul palco, dov’era arrivato camminando con l’andatura dondolante del marinaio appena sceso in porto, i quattro anni e mezzo di mandato “al servizio dei proprietari della città, cioè dei cittadini”, con l’obiettivo “di far crescere Genova e lasciarla migliore” di quando l’aveva presa, anche vista la prospettivi, grazie ai fondi europei in arrivo, di rilanciarsi con “una sorta di Piano Marshall 2.0”, come “i nostri genitori negli anni Cinquanta”. E aveva ricordato, Bucci, che “per mettere in pratica quello che diciamo” come amministratori, non si può non considerare “la sfida ambientale” verso un mondo “ecosostenibile, chiesto in prestito ai nostri figli”. E anche alla Leopolda aveva insistito sul suo Leitmotif del “non litigare”, forse in virtù di alcune “cose di sinistra” che i suoi sostenitori renziani, come la deputata di Iv Raffaella Paita, ricordano in questi giorni di campagna elettorale, come l’abbattimento della diga di Begato, con ricollocazione di 350 famiglie, fatta dal sindaco al grido di “mai più quartieri ghetto, il modello è quello di un’urbanistica integrata”. La cosa colpisce gli scettici, tanto più che Genova, prima di Bucci, è sempre stata guidata dal centrosinistra. 
Lui, Bucci, scettico non è. Quando gli chiedono che cosa ricordi di questi anni, abbassa gli occhi e dice che è stato quel giorno del 2020 in cui doveva piovere, e lui doveva inaugurare il nuovo ponte, e alla fine lo sperava, che piovesse, “così le lacrime potevano mimetizzarsi”, anche se poi non c’era bisogno di piangere, aveva detto ai collaboratori, perché “è stato solo fatto quello che dovevamo fare”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.