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Sulle armi all’Ucraina

“Il governo ha agito sulla base di un mandato parlamentare”. Casini risponde a Conte

Marianna Rizzini

"Il problema non è certo dell'esecutivo, che è stato trasparente, ma delle forze politiche che hanno cambiato idea. Anche se mi pare singolare che si cambi opinione dopo quindici giorni, sulla base dell’emotività".  L'intervista all'ex presidente della Camera

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Che cosa si risponde a chi (vedi l’ex premier e vertice a Cinque Stelle Giuseppe Conte) vuole un voto sulle armi inviate alla resistenza ucraina? Il senatore ed ex presidente della Camera Pierferdinando Casini ricorda che tutto quello che è stato fatto dal governo ha ricevuto “uno specifico mandato dal Parlamento, e che il documento votato in Parlamento è la copertura istituzionale di cui dispone Mario Draghi. Il processo decisionale è stato totalmente trasparente. Non solo: il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha portato l’elenco delle armi al Comitato parlamentare dei servizi, in questo assicurando la trasparenza della proceduta”. Non sembra però che tutti siano dello stesso avviso, se è vero che il Movimento Cinque stelle sta preparando un documento che chiede “lo stop all’escalation”.

 

Ma allora il problema è un altro”, dice Casini: “Non è certo del governo che, ripeto, è stato trasparente, ma delle forze politiche che hanno cambiato opinione rispetto al conferimento del mandato al governo sulla questione delle armi alla resistenza Ucraina”. “E se una forza politica ha cambiato idea”, dice Casini, “deve farlo presente, anche se mi pare singolare che si cambi idea dopo quindici giorni, sulla base dell’emotività”. 

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"Penso Giuseppe Conte sia troppo intelligente per non capire  che non si poteva risolvere il problema in venti giorni. E non siamo di fronte a una guerra in Ucraina, ma a una guerra all’Ucraina: Vladimir Putin ha invaso uno stato sovrano; noi abbiamo deciso di reagire, anche se non direttamente”. L’Italia, dice l’ex presidente della Camera, “sta aiutando dall’esterno l’aggredito sulla base di un importante principio, che io da cattolico colgo nel profondo”. Casini cita Giovanni Paolo II “che aveva sottolineato più volte come un pacifismo che sempre e comunque si rifugi in un’impossibile neutralità rischia di essere senza testa e senza cuore. Non solo. Di fronte alla guerra nell’ex Jugoslavia Giovanni Paolo II pensava che gli stati europei e non europei avessero il dovere e il diritto di intervenire, per disarmare chi voleva distruggere e uccidere. La situazione oggi non è molto diversa. O vogliamo far finta di credere alla follie di chi dà la colpa all’atteggiamento della Nato?”.

 

Putin “sapeva benissimo che la Nato non intendeva  minacciarlo ed è evidente infatti che qui il problema è la democrazia. Alla caduta del Muro ci siamo illusi che il metodo democratico occidentale facesse proseliti anche nei paesi di diversa impostazione ideologica. E sembrava fosse così, vista anche la timida comparsa di un pluripartitismo in Russia. Putin a un certo punto aveva anche di fatto lasciato l’incarico per fare il presidente del Consiglio, mantenendo una formale aderenza alle regole”. Poi un lento precipitare nel buio. “Non abbiamo voluto vedere, eppure ci sono stati gli omicidi dei giornalisti, e l’avvelenamento di Alexei Navalny, e l’intervento delle truppe russe in Bielorussia e Kazakistan”. Si è pensato che l’appeasement potesse funzionare? “Ci siamo illusi. Che cosa facciamo, lasciamo che Putin prenda l’Ucraina? Detto questo, è chiaro che bisognerà ipotizzare una exit strategy, ma non si possono aprire tavoli diplomatici mentre Putin avanza sul terreno”. 

 

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