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l'evoluzione

Tutti gli schiaffoni alla svolta radicale dell'Anpi

Redazione

Da Mattarella ("In Ucraina ci interrogano i valori della Resistenza") a Liliana Segre ("L'equidistanza non è possibile"), crescono le prese di posizione che rintuzzano l'Associazione nazionale partigiani. Staino: "Oramai sono ostaggio della minoranza radicale"

Sono arrivati a sconsigliare lo scendere in piazza con le bandiere della Nato per la manifestazione del 25 aprile. Sulla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia sono il massimo del né-né. E il loro presidente da anni sostiene che a Kyiv ci sia stato un golpe con un governo che aiuta i nazisti, ricalcando la solita propaganda filoputiana. Eppure la svolta trotskista imposta da Gianfranco Pagliarulo all'Associazione nazionale partigiani viene sconfessata ogni giorno un po' di più. Basta dare una letta ai giornali per accorgersene.

Molto risalto hanno avuto nei giorni scorsi le parole del sindaco di Sant'Anna di Stazzema Maurizio Verona, luogo simbolo degli eccidi nazifascisti perpetrati nel corso della Seconda guerra mondiale, che al Foglio si è detto "imbarazzato per la posizione dell'Anpi". Riferendosi anche alle eccessive timidezze dell'Associazione, che ha denunciato la strage di Bucha chiedendo però con fare equidistante di istituire una commissione d'indagine per accertarne la responsabilità. 

 

Fatto sta che dopo le sue parole sono arrivate prese di posizione altrettanto forti, come quella della vicepresidente dell'Anpi Albertina Soliani, che in un'intervista a Repubblica ha bollato le uscite di Pagliarulo come "inadeguate" e ha chiesto all'associazione nazionale partigiani di fare di tutto perché venga invertita la rotta presa a proposito del conflitto in Ucraina. Dichiarazioni molto simili a quelle della senatrice a vita Liliana Segre. Che oggi intervistata dal Corriere non ha lasciato margini per un atteggiamento ondivago: "L'equidistanza non è possibile, il popolo ucraino è stato aggredito dai russi e la sua resistenza va sostenuta", ha detto. Sottolinando che quest'anno cantando "Bella Ciao" non si potrà far altro che pensare anche al popolo ucraino. 

Sembra, insomma, un puzzle di correzioni più o meno dirette che va componendosi giorno per giorno. Un pezzo del quale sul tavolo l'aveva messo anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che a fine marzo aveva inviato una lettera all'Anpi in cui, con parole ecumeniche, aveva fatto passare un messaggio preciso: "L’ingiustificabile aggressione al popolo ucraino di cui si è resa responsabile la Federazione russa ha fatto ripiombare il Continente europeo in un tempo di stragi, di distruzioni, di esodi forzati che fermamente intendevamo non avessero più a riprodursi dopo le tragiche vicende della Seconda guerra mondiale. Sono i valori della Resistenza che, ancora una volta, ci interrogano. In Ucraina e in tutta Europa".

E in seguto il senso del suo intervento si faceva ancor più esplicito: "Il bersaglio della guerra non è soltanto la pretesa di sottomettere un Paese indipendente quale è l’Ucraina, l’attacco colpisce le fondamenta della democrazia, rigenerata dalla lotta al nazifascismo, dall’affermazione dei valori della Liberazione combattuta dai movimenti europei di Resistenza, rinsaldata dalle Costituzioni che hanno posto la libertà e i diritti inviolabili dell’uomo alle fondamenta della nostra convivenza". Altro che "la Resistenza non c'entra niente con la guerra in Ucraina", come ha preso a sostenere una certa sinistra che si riconosce nelle parole di Pagliarulo. Un po' quello che ha espresso anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore in un'intervista al Manifesto, secondo cui "bisogna difendere l'Anpi da chi vuole eliminarla". In pratica, una risposta all'ex ministro della Difesa Arturo Parisi che al Foglio ha detto che "l'Anpi non ha più alcun senso". 

Come l'Anpi è arrivata a negare la resistenza ucraina

L'Anpi ha la pretesa di parlare come un'associazione storica che si richiama agli ideali che la contraddistinguono sin dalla fondazione, il 6 giugno 1944, Ma come ha spiegato il politologo Salvatore Vassallo su Domani, è da almeno più di un decennio che "il peso morale della resistenza è stato sfruttato per dare voce alle campagne di opinione di un gruppo politicamente ben connotato, a cominciare dal referendum costituzionale del 2016, quando l’uso del marchio fu giudicato utile anche dagli altri componenti della variegata coalizione contraria alla riforma".

In sostanza, quando nel 2006 si decise che all'associazione avrebbero potuto aderire anche membri non direttamente legati alla Resistenza, un peso importante lo assunsero i fuoriusciti dalle varie Rifondazione comunista e Sinistra arcobaleno, che avevano visto interrompersi la loro carriera parlamentare. "Nella base Anpi ci sono oggi persone provenienti da percorsi diversi, ma l’unico gruppo addestrato a gestire congressi e strutturato per orientarli è costituito dalla diaspora Prc-PdCI-SeL assieme alla componente Cgil guidata da Carlo Ghezzi", spiegava ancora Vassallo. Un'accozzaglia dalla forte connotazione politica che si è sempre spesa in un'autoaccusa permanente dell'Occidente per le guerre combattute in giro per il mondo. E che adesso sono riemerse con la guerra in Ucraina. "Lasciando l'Anpi ostaggio della sinistra radicale", come ha denunciato a Repubblica Sergio Staino, storico iscritto dell'associazione. 

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