“Stanno inceppando Draghi”. L'allarme del presidente di Confindustria alla festa del Foglio

Salvatore Merlo

I partiti lillipuziani hanno ingabbiato il premier Gulliver. Pnrr a rischio, riforme lente, Italia al bivio. Parla Carlo Bonomi

Alla Festa dell’ottimismo del Foglio il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha manifestato con grande allarme tutta una serie di dubbi sullo stato di salute del governo Draghi e di conseguenza sulle capacità dell’Italia stessa di riuscire a intercettare i fondi del Pnrr. Intervistato, il presidente Bonomi ha detto con estrema chiarezza che la spinta propulsiva del governo si è ormai esaurita. E ha dato la colpa, in maniera piuttosto argomentata, ai partiti. E ai loro, legittimi, interessi elettorali. Ma Bonomi ha poi allargato lo sguardo anche allo stato dell’economia e alla scalata Tim: “Troppo nazionalismo fa male”.

      

     
Quella che segue è la trascrizione dell’intervista avvenuta a Firenze, presso Palazzo Vecchio, domenica scorsa in occasione della Festa dell’ottimismo del Foglio.

  
Salvatore Merlo: Benvenuto presidente Bonomi. In questi giorni sono emerse preoccupazioni sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Parlamento è lentissimo nel tradurre i decreti di riforma in legge, i sindaci lanciano segnali di allarme sulla capacità burocratica delle loro amministrazioni, dicono che non riusciranno nemmeno a partecipare ai bandi che poi danno diritto all’erogazione dei fondi. Ne ha parlato anche il sindaco di Firenze Nardella. Ci sono città come Torino, Palermo e Napoli che di fatto sono sull’orlo del default. Il sindaco di Napoli ha detto di non avere nemmeno un ingegnere, come potrebbe partecipare a un bando? E in questo quadro il “bar sport” del dibattito pubblico è incistato sul futuro politico di Salvini, Calenda che se la prende con con Renzi… E poi il gioco dell’oca del Quirinale. C’è un errore nella messa a fuoco di cos’è importante e cosa non lo è, secondo lei? Qual è il punto di vista dell’impresa?

  

Bonomi: Credo di sì, che ci sia un problema di messa a fuoco. Magnifichiamo quelli che potrebbero essere gli effetti del Pnrr, all’interno del quale ricordo che abbiamo preso 573 impegni con l’Unione europea, vuol dire uno ogni tre giorni. Entro la fine dell’anno dobbiamo fare 23 riforme e ormai siamo a dicembre. Sappiamo già di essere fortemente in ritardo. Non possiamo nasconderci che le stazioni appaltanti sul territorio non hanno questa capacità tecnica. Una parentesi: è vero che molte amministrazioni pubbliche sono in stato di default o quasi. Però la strada giusta non è come quella a volte viene presa, e faccio l’esempio della Sicilia, dove siccome non si riesce a fare la riscossione dei crediti tributari, e quello che fa lo stato è darle più soldi. Non è quella la strada. Dobbiamo riformare veramente l’amministrazione pubblica, e credo che il ministro Brunetta stia andando in quella direzione. 

  
Ma torniamo al dibattito pubblico. Anche a stampa dovrebbe fare il suo, perché la polemica su Salvini, le correnti, eccetera, fa parte di un lavoro che i media dovrebbero svolgere. Se guardiamo le prime pagine di oggi, c’è la parte dedicata alla pandemia che ovviamente interessa tutti noi, ma di approfondimento sugli strumenti che il paese deve mettere in campo ne vediamo poco. Bisogna raccontare seriamente agli italiani che questa crisi pandemica è una battaglia di lungo periodo, sia sanitaria che economica. Quindi è necessario mettere in campo provvedimenti di medio lungo periodo, e non finalizzati al consenso elettorale di breve termine.

  

Merlo: Tra questi provvedimenti finalizzati alla raccolta del consenso immediato, che poi è una malattia storica del sistema politico italiano, rientra anche la riforma del fisco?

 

Bonomi: Sì, sicuramente. Era da auspicio avere un quadro generale. Abbiamo la delega fiscale, e oggi non sappiamo ancora come verrà realizzata. Ma dovrebbe essere la strategia che il paese mette in campo, gli interventi della legge di bilancio e del dl fisco erano il primo mattone di questa costruzione. Oggi abbiamo invertito addirittura il metodo di lavoro, e non lo dico io, lo dicono i tecnici del Senato: prima abbiamo stanziato otto miliardi, e poi decidiamo cosa farne. Non si è mai visto, prima si fanno i provvedimenti e poi si mettono le risorse. Secondo noi lo spirito di questa delega fiscale deve essere rispondere a due cose, la prima: le grandi disuguaglianze di questo paese. E’ da 160 anni che non diamo risposte, cioè dall’Unità d’Italia. Sono i gap di genere, generazionali, di territorio e di competenze. Entro nello specifico: ci sono delle categorie che nella crisi hanno sofferto più di tutte le altre, i giovani, le donne e i lavoratori a tempo determinato. Cosa stiamo facendo per loro? Guardo al tema della povertà: due milioni di italiani sono sotto la soglia. Cosa stiamo facendo con la legge di bilancio per dare risposte? Ma lo spirito mi sembra sia mettersi d’accordo per dividersi gli 8 miliardi e dare ognuno risposta al suo pezzo di elettorato.

  

Merlo: L’impressione, ascoltandola e avendo letto i suoi interventi negli ultimi giorni, è che lei abbia un po’ cambiato“ atteggiamento nei confronti del governo. Prima aveva dato un credito molto forte al governo, quasi si ipotizzava una sorta di alleanza organica tra la Confindustria e il nuovo esecutivo, Draghi partecipava all’assemblea di autunno… Lei si fida ancora di Draghi, crede che questo governo si stia muovendo bene?

  

Bonomi: Sono molto ottimista per le capacità del presidente Draghi. Però è il momento di dare un contributo a questo governo, è nostra intenzione di mettere in evidenza il gioco delle bandierine dei partiti. Abbiamo un’occasione storica: l’hanno detto tutti, non si tratta solo di utilizzare al meglio le risorse del Pnrr, ma di fare quelle riforme che il paese aspetta da 25, 30 anni per risolvere i colli di bottiglia. E’ sempre stato detto che non si riuscivano a realizzare perché le riforme costano. Oggi le risorse ci sono, non abbiamo più scuse. Noi dobbiamo sostenere fortemente l’azione riformatrice di questo governo, senza tentennamenti e senza reticenze. Questo è il compito che devono avere oggi secondo me i corpi intermedi, a prescindere dalla responsabilità della mia posizione. Il bene del paese va al di là della rappresentanza dei singoli interessi di parte.

 

Merlo: Lei ha l’impressione però che i partiti che all’inizio hanno evocato Draghi e l’hanno sostenuto con forza, ora hanno rialzato la testa, vogliono imbrigliare questo Gulliver tra i lillipuziani. Tra le cose che non brillano, le chiedo se c’è anche la mancata riforma del reddito di cittadinanza. E’ rimasto deluso che non sia stato toccato.

 

   

Bonomi: Per la parte di contrasto alla povertà, Confindustria è favorevole. Ma da imprenditori guardiamo i dati: così com’è strutturato, non svolge al meglio la sua funzione, perché non intercetta gli incapienti del nord ed è diventato un disincentivo a trovare lavoro nel Mezzogiorno d’Italia. Quindi non si può stanziare un miliardo prima di averlo riformato. Per la parte delle politiche attive del lavoro, siamo sempre stati fortemente contrari, perché nel mondo del lavoro una delle due parti che incrocia domanda e offerta siamo noi. Se noi imprese ti diciamo che quello strumento, i Navigator, non funziona e non funzionerà mai – perché solo il 3 per cento del job placement in Italia avviene con l’intermediazione dei centri pubblici per l’impiego –ascoltaci. E’ giusto che la politica faccia le sue scelte, ma che siano informate. Quindi: le politiche attive del lavoro non funzionano, i centri pubblici dell’impiego non funzionano, e la risoluzione che sento oggi è mettere di nuovo 4 miliardi su questi centri. Rendiamo ancora più costoso un fallimento. E per risolvere il tema dei 2.500 Navigator, li facciamo assumere ai centri pubblici dell’impiego. E’ questa la risposta all’occupabilità di due milioni di italiani? E dei giovani?

 

Merlo: Il governo ha perso spinta propulsiva? L’avvicinarsi delle elezioni del presidente della Repubblica, la scadenza appena superata delle elezioni amministrative, l’orizzonte non poi così lontano delle elezioni politiche: stanno avendo un effetto concreto sulla capacità di governo, quindi di interpretare una fase così complicata per mettere il paese nelle condizioni di poter usufruire dei famosi denari del Pnrr?

 

Bonomi: Abbiamo denunciato fin dall’inizio della campagna elettorale delle amministrative che da lì in poi ci sarebbe stato un rallentamento. La risposta l’ha data il ministro Di Maio quando ha detto che i partiti stanno facendo la battaglia per il consenso elettorale di parte, e poi se ne assumeranno la responsabilità. L’ammissione è già avvenuta dalle componenti politiche che hanno stanno facendo venir meno il supporto all’azione riformatrice del governo. Non ce lo possiamo permettere.

 

Merlo: Cosa dobbiamo augurarci, che il presidente Draghi vada a fare il presidente della Repubblica e diventi un garante delle riforme, assiso sul trono inattaccabile del Quirinale per sette anni; o che i lacci che gli stanno stringendo intorno a Palazzo Chigi si facciano ancora più stretti?

 

Bonomi: Non voglio partecipare a questo gioco perché ho troppo rispetto delle istituzioni repubblicane. Il compito di Confindustria è sostenere l’azione del governo pro tempore. L’attuale esecutivo secondo me è composto da persone competenti che si trovano a gestire un momento di rimbalzo. E’ stato detto che stiamo crescendo. Meglio: stiamo rimbalzando, e una dei delle variabili è proprio l’altezza. Stiamo rimbalzando tanto, ma perché siamo scesi tanto. E abbiamo di fronte un periodo di incertezza dei mercati. Il costo delle materie prime è salito in maniera molto importante perché abbiamo difficoltà a trovarle. Poi c’è il costo dell’energia che sta salendo, e la terza componente: il costo del lavoro, su cui noi chiedevamo degli interventi. Vediamo che non viene affrontata. Tutto questo per dire che non ci possiamo permettere di avere anche un’incertezza politica di medio periodo: staremmo sulle montagne russe per un anno importante per impostare le riforme e il Pnrr. Dobbiamo andare in Europa per discutere il patto di stabilità, che non sarà come quello precedente ma delle regole dovremo metterle. Dobbiamo discutere in Europa la politica degli aiuti di stato, la politica della Bce di supporto ai debiti pubblici sovrani. Io sono ottimista: se facciamo le scelte giuste costruiamo il futuro del paese per i prossimi 30 anni, quel paese moderno, efficiente e inclusivo che tutti noi auspichiamo. Se le sbagliamo, facciamo un danno per i prossimi 30 anni, e lo pagheranno i nostri figli, i nostri nipoti, noi ci stiamo indebitando a nome loro. Sento la responsabilità delle scelte che facciamo. Quando mio figlio verrà a chiedermi che cosa ho fatto, voglio rispondere: tutto quello che c’era da fare.

 

Merlo: Una cosa che sta succedendo e che le chiedo di interpretare per noi: la Telecom è oggetto di attenzioni da parte di gruppi finanziari stranieri. La domanda è duplice: quando leggiamo e vediamo che i grandi gruppi finanziari entrano nel capitale delle aziende italiane o le rilevano, dobbiamo pensare che siamo attraenti, oppure ci dobbiamo spaventare perché significa che siamo deboli, che siamo un una preda? La seconda parte della domanda poi è sulla rete di Telecom: se gli stranieri ci spaventano, il governo deve intervenire e separare la rete di Telecom dall’azienda?

 

Bonomi: Basta prendere i dati: nel tra il 2014 e il 2019 sono uscite dal paese il 3,3 per cento delle imprese, nello stesso periodo ne sono entrate lo 0,3 per cento. Non siamo un paese attrattivo, questo è un dato di fatto. Anzi, dovremmo mettere in campo una serie di politiche, perché questo invece è un momento in cui potremmo essere molto attrattivi. Per via della Brexit e altri motivi, ma ovviamente la crisi pandemica sta facendo ripensare le catene del valore aggiunto. Si parla di reshoring, ma se guardiamo i dati del backshoring, cioè quanto le imprese italiane nell’ultimo anno hanno cambiato le loro fonti di approvvigionamento, il 25 per cento delle imprese italiane è tornato a comprare in Italia. Potremmo avere una grande occasione. Detto ciò, su Telecom ovviamente non commento perché è un’azienda quotata e ho rispetto del mercato. Apprezzo molto due cose: la prima, che l’amministratore delegato Luigi Gubitosi abbia fatto un passo indietro consentendo al consiglio di amministrazione di affrontare serenamente la vicenda. E apprezzo molto anche l’interesse del governo. Sulla rete non voglio essere frainteso: è sì un settore strategico, ma se guardiamo agli Stati Uniti, che delle telecomunicazioni ne fanno una questione di sicurezza nazionale, la rete non è di proprietà dello stato. Ci vorrebbero capacità di riflessione e di analisi molto serene, scevra da partitismi. Il governo sta avendo la giusta attenzione, però bisogna evitare l’eccesso nazionalista.

 

Merlo: Si può dire che sarebbe meglio se non intervenisse su certe faccende e che lasciasse fare al mercato, alle imprese, alla concorrenza?

 

Bonomi: Il mercato non fa sempre bene, ma non fa nemmeno sempre male. Lo stato ha comunque la golden share sulla sull’azienda, quindi la possibilità di intervento nelle partite strategiche. Da questo punto di vista siamo sostanzialmente garantiti.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.